Ora la palla passa ai politici, tocca a Palazzo Estense intervenire al castello di Belforte che cade a pezzi, come Pompei, e salvare il salvabile. Spetta al Comune, proprietario del bene, rilevare dai privati le ultime due parti in comproprietà e commissionare il preventivo dei costi per recuperare il castello come rudere. È la giunta che deve attivarsi per scongiurare nuovi crolli, mettere l’edificio in sicurezza e farne un parco archeologico come sostiene il rappresentante varesino dell’Istituto Italiano dei Castelli, Marco Tamborini: “È già stato fatto con successo in Francia, Irlanda, Scozia e anche qui in Italia, a due passi da Varese, con la Torre di Velate e le rovine di Castelseprio. Sono ruderi, certo, ma patrimonio mondiale dell’Unesco”.
Storici, architetti e funzionari regionali si sono succeduti sabato al castello di Masnago citando battaglie, date, dinastie e hanno avanzato interessanti progetti per tutelare le antiche vestigia; peccato che il sindaco Attilio Fontana, impegnato altrove, non sia potuto venire e che l’assessore Longhini si sia fermato solo la mattina, mentre i progetti operativi per salvare l’edificio sono stati presentati al pomeriggio. Tuttavia, il Comune ha messo a disposizione la bella sede di Masnago e i promotori del convegno lo hanno interpretato come un segnale incoraggiante.
L’evento lo meritava. La folta schiera degli organizzatori (Società Storica Varesina, Italia Nostra, Fai, Istituto Italiano dei Castelli, Amici della Terra, Centro Culturale di Velate, Verdi, Ambiente e Società) si batte da tempo per salvare il castello che fu fondato, secondo la leggenda, da un tale Belforte, antico troiano. Lo storico e docente universitario Alfredo Lucioni ha spiegato che la rocca svolse un importante ruolo politico e militare, ospitò i Conti del Seprio durante le guerre tra Federico Barbarossa e Milano nel XII secolo ed è citato in sei atti notarili rogati tra il 1162 e il 1166, nonché in un documento del 13 aprile 1162 a proposito delle controversie tra Velate e Santa Maria del Monte.
Quando Varese fu riconquistata dall’arcivescovo di Milano Oberto da Pirovano, l’aristocrazia e i consoli del Seprio trasferirono a Belforte le attività che prima si svolgevano a Varese e ne fecero il baricentro politico e amministrativo. Lo stesso imperatore vi soggiornò la notte fra il 4 e il 5 ottobre 1164. Il conservatore dei Musei civici di Varese Daniele Cassinelli ha poi seguito la storia del maniero nel Quattrocento, ai tempi della famiglia Biumi cui apparteneva la giovane Benedetta che salì in romitaggio alpestre nel 1471. Con Giovanni Battista Biumi, protomedico e consigliere finanziario del papa Pio IV Medici e con i successori Giovanni Pietro, Matteo e Matteo II, la famiglia toccò il massimo fulgore nel Seicento.
Fu allora che i Biumi trasformarono il castello in un palazzo nobiliare, forse opera dell’architetto milanese Francesco Maria Richini o – secondo una romantica interpretazione di Ovidio Cazzola – dell’architetto Bernascone, allora impegnato sul viale delle Cappelle, ma l’opera s’interruppe per la peste del 1630.
La restauratrice Valeria Villa ha parlato degli affreschi cinquecenteschi da salvare e Anna Paola Fedeli, vicepresidente di Italia nostra, del recupero ambientale intorno al castello. Marco Tamborini, che dirige la Rivista della Società Storica Varesina, ha documentato il degrado a fine Novecento causato dai crolli, dai rifacimenti e dalla rovina di parti artisticamente rilevanti. “Sarebbe un peccato mortale perdere un edificio che racconta la storia medievale di Varese – ha concluso – basterebbe un intervento conservativo minimo per mettere in sicurezza le strutture pericolanti. Anche il solo rudere può attrarre visitatori. Salviamo almeno quello”.
Con quali soldi? Monica Abbiati della Regione ha riconosciuto che il recupero a parco archeologico è la soluzione migliore e ha assicurato che la Regione è pronta a dare una mano sul piano legislativo e nella ricerca dei bandi di finanziamento. Secondo la Abbiati il Comune potrebbe intanto trovare accordi con i privati per acquisire le frazioni di proprietà del castello che ancora mancano e ciò faciliterebbe poi l’accesso ai finanziamenti agevolati. Il settore pubblico, infatti, li ottiene più facilmente dei privati. È già accaduto a Cairate dove il Comune, con dei cambi reciprocamente vantaggiosi, ha rilevato parti del monastero dai proprietari e poi lo ha restaurato.
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