La più banale delle scoperte dell’acqua calda è sicuramente quella che, in campo automobilistico, assegna all’efficienza di una vettura (dal 70% in su) il merito di un successo rispetto a quello del pilota. È pacifico, dunque, che con la deliziosa vettura messa in campo dal team di Maranello anche Alonso – predecessore di Vettel – avrebbe ottenuto altrettanto successo e questo senza nulla togliere al bravo tedeschino non solo simpaticissimo nel suo perfetto italiano nell’esultare post corsa e nel ringraziare gli uomini del box.
Senza nulla togliere, dunque, a Vettel ma anche ricordando di quante tribolazioni abbia dovuto sobbarcarsi Alonso per i guai di una Ferrari male in arnese che una insufficiente direzione tecnica non riusciva a sistemare assolutamente merito a Vettel ma senza raffronto negativo per lo spagnolo che, del resto, lo stesso Schumi – prima del suo malaugurato e disastroso incidente – riconosceva come il miglior pilota in Formula 1 capace com’era di raggiungere piazzamenti impensabili.
Dunque la piazza pulita voluta da Marchionne da una direzione tecnica inconcludente, alle altrettanto inutili chiacchiere di un presidente fin troppo ciarliero sta già dando buon risultato che sembra non limitarsi alla sfera del primo pilota ma riflettersi anche su Raikonnen. E ciò in ulteriore considerazione del potere della vettura.
Chiaro che gli altri non staranno a vedere. A cominciare dal campione uscente che non è certo intenzionato a rinunce ma che dovranno vedersela con la Ferrari del 2015 che vanta una crescita proporzionalmente superiore alla vettura di Hamilton e che vanta anche un pilota più “pulito” di Hamilton grande campione ma in più di un’occasione vittima delle sue intemperanze.
Dove invece il valore del pilota non ha limiti è nel motociclismo. Anche qui, ovviamente, la “forma” dei bolidi a due ruote non può non essere elemento di grande importanza ai fini di un successo ma qui, nelle moto, un essere diabolicamente (o se si preferisce divinamente) perfetto come tale Valentino arriva se non interamente, almeno in maniera notevole, a pesare sulla bilancia dei risultati.
Il termine “mostro” per il campione di Tavullia non può che essere rispolverato per l’ennesima volta insieme al rapporto che con il passare degli anni pareva dovergli ridurre le sue prime enormi chances. E così è parzialmente stato. Altrimenti non avrebbe potuto essere.
I giovani campioni incalzavano rombanti e decisi a farsi strada ma se lui nel 2015 riesce ancora a controllare e a fare quel che riesce a fare forse anche il termine “mostro” pare inadeguato.
Chiamiamolo “splendore”.
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