La tendenza a varie forme appartenenza è antica. La categorizzazione della società ha quasi sempre prevalso sul concetto di collettività. Una delle vocazioni contemporanee è quella di nascere di nuovo. Ci sono uomini che vogliono cambiare, modificare se stessi e il mondo, ricreare una dimensione, una storia, un modo di pensare e di vivere. Questa volontà indica infatti un desiderio introspettivo di rivisitazione personale che fa bene alla salute del corpo e dello spirito, il desiderio di affrontare la vita con una visione più equilibrata del mondo e con la voglia di fare con maggiore entusiasmo, serenità e sobrietà.
Sono apprezzabili i presupposti etici che stanno alla base di questa forma di presa di coscienza, riesce difficile però immaginare che lo scontro con la realtà soggettiva e oggettiva sia indolore. Umanizzare un sistema che si è disumanizzato non è impresa facile, presuppone infatti un ripensamento in chiave critica delle dinamiche che lo hanno determinato e un cambiamento di stili che, col passare del tempo, sono diventati patrimonio personale del cittadino.
Un tempo l’autorità era dogmatica, il rispetto delle regole rigido, la trasgressione si pagava cara, oggi l’imposizione si è trasformata in contrattazione, concertazione, mercificazione, non esiste più nulla di rigido, inamovibile o assoluto, si può patteggiare sempre e la verità ha mille facce. In molti casi esiste un conflitto di autorità che annulla la credibilità, l’affidabilità o l’imparzialità stessa del giudizio.
Anche il peggior assassino può godere di fruizioni che gli consentono di stravolgere una normale procedura giudiziaria e di ribaltare a proprio favore prove che potrebbero sembrare assolute. Se da un punto di vista etico, umano e legislativo il garantismo è fondamentale, lo è certamente meno quando diventa arma nelle mani di esperti demagoghi. Rinascere è comunque un diritto che deve essere riconosciuto a tutti, perché in molti casi la qualità della vita passa attraverso la rinascita di un individuo o di una collettività.
Anche la politica deve rinascere e per farlo deve dare prova tangibile di cambiamento. A questo punto non basta la volontà, conta soprattutto l’esempio. La rinascita morale di un popolo passa quindi attraverso atti di coraggio individuale e collettivo, esempi capaci di generare nuovo entusiasmo, nuova speranza, nuova volontà. Dunque non basta più la predicazione orale, il promettere cose che non si potranno mai realizzare, occorre fare un salto di qualità. Il popolo ha bisogno di persone che lo sappiano comprendere, che sappiano condividere le sue ansie e le sue aspettative, che lo sappiano guidare verso porti di speranza. La rinascita deve essere costruita su valori forti, radicati, credibili. La politica deve tornare ad essere servizio. I più colpiti sono i giovani, spettatori frastornati di una occupazione politica della società civile e dello stato.
Il relativismo di questi anni ha destabilizzato tutte le varie forme di progettualità, lasciando sul campo numerose vittime.
Valori come la moderazione, il rispetto, l’onestà, la collaborazione, la giustizia, la legalità, la libertà, la democrazia, la famiglia, la società civile e lo stato devono rinascere, devono ritrovare una via di affermazione, ma hanno bisogno di uomini e donne integri, capaci di generare fiducia e rispetto, soprattutto in relazione agli esempi concreti che sanno trasmettere. L’uomo nuovo in molti casi diventa vittima di chi non vuole il cambiamento, di chi ha paura che in questo modo possano essere cancellati i privilegi accumulati nel corso del tempo. Il rischio è elevato, ma uno sforzo deve essere fatto, soprattutto da chi è stato eletto dal popolo per rappresentarlo.
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