Che resta del Festival di Sanremo dopo quasi due mesi? Poco o nulla a dire la verità, nonostante quella del 2015 sia stata una delle edizioni più celebrate (e più seguite) degli ultimi dieci anni. Ma appena è calato il sipario si è andati subito a parlare e a pensare alla prossima, come se la precedente non fosse neanche avvenuta.
Se si va oggi a rintracciare nelle classifiche le canzoni vincitrici – almeno le prime tre – ormai si deve scendere precipitosamente verso il basso, in mezzo a un tourbillon di brani stranieri più confacenti (forse) al gusto del pubblico e degli specialisti ma non conosciutissimi dalla maggioranza dei “popular”. Quasi spariti – a parte le sollecitazioni di un forte sponsor come Bruno Vespa e della sua trasmissione Porta a Porta – i tre ragazzi del Volo che hanno vinto la manifestazione quasi a mani basse, e rispettando i pronostici. Sopravvivono in zone lievemente più alte Nek-Filippo Neviani e Malika Ayane, classificatisi nella serata finale dell’Ariston rispettivamente secondo e terza.
Ma possiamo dire, anche qui, in questa ascesa e discesa, che era tutto nelle previsioni. Grande amore, la canzone regina dei tre giovanissimi del Volo (chiamati in modo spregiativo “tenoruncoli” dai navigatori di discoteca) s’è sciolta come neve al sole di primavera. I due brani sopravvissuti, quelli di Nek e di Malika (sono anche da segnalare quelli di Annalisa, di Chiara e di Masini, molto citati dalle radio commerciali) hanno resistito anche grazie a un’accorta promozione discografica. Nek, per esempio, circa un mese fa ha fatto il pienone degli appassionati con un incontro, anche a Varese, in piazza del Garibaldino, dove echeggiavano le note della sua canzone sanremese Fatti avanti amore, trasmesse da un vicino negozio di (dischi) cd.
Tutto nelle previsioni, si diceva. Intanto il “popolo dei dischi” non è più quello di quaranta, cinquant’anni fa. Anzi nemmeno esiste più, cambiate come sono le modalità di diffusione dei brani musicali e le tecniche di ascolto. Ma, almeno per quanto riguarda un certo seguito festivaliero, non è che poi le cose siano cambiate rispetto alla metà degli anni Sessanta: la Lacrima sul viso, nel 1964, come s’è già avuto modo di rilevare, soppiantò di gran lunga la canzone vincitrice di Gigliola Cinquetti, che resistette in testa alla classifica per una sola settimana. L’anno successivo, nel 1965, quando Bobby Solo conquistò il palcoscenico con Se piangi se ridi, l’epigono presleyano fu poi surclassato nelle vendite e nelle hit parade – e in quell’epoca il mercato si imperniava tutto sulle vendite che erano proporzionalmente altissime rispetto al presente, anche per un brano di non eccelsa classifica – dalla canzone di Mina Un anno d’amore, rimasta ai vertici per ben sedici settimane. E gli esempi potrebbero essere identici per anni e anni.
Ma la novità del 2015 è rappresentata esclusivamente dalla natura televisivo-canzonettistica dei ragazzi del Volo. Anche se i tre non avessero vinto a Sanremo la loro forza internazionale – bravi come sono e con un modo nuovo e diretto a far conoscere la canzone italiana nel mondo – avrebbe di certo preso il sopravvento. Rispetto a Nek e a Malika, per dire del secondo e della terza classificati, i tre giovanisssimi il Festival l’avevano già vinto. Per una volta la loro canzone, che come dicono tutti gli è stata letteralmente cucita addosso, travalica le mode del tempo presente per collegarsi al passato della tradizione italiana. Non sono tre “tenoruncoli” ma tre “tenorini”, anzi due tenori e un baritono che coniugano vecchio e nuovo con una maestria e con una simpatia mai viste finora.
I tempi della musica sono ovviamente scanditi da leggi e da ritmi diversi, ma al prossimo Festival europeo della canzone, che si terrà tra circa un mese a Vienna, la “scelta italiana” italiana potrebbe prevalere. Magari anche solo con una presenza nelle prime tre. Ma i tre del Volo potrebbero trionfalmente riportare nel Paese della canzone, o meglio della canzonetta, un trofeo che da venticinque anni (due vittorie: nel 1964 con la Cinquetti e nel 1990 con Toto Cutugno) è assente.
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