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Economia

EURO SÌ, EURO NO

ENRICO BIGLI - 10/04/2015

euroIl dibattito attorno ai benefici o agli svantaggi dell’introduzione dell’euro in Italia si fa sempre più vivace. Spesso si tende ad affrontare l’argomento in modo superficiale con poche battute, qui su RMFonline vorrei prendermi lo spazio per una riflessione più esaustiva. Affronterò quindi l’argomento in due puntate, questa dall’introduzione dell’euro al 2007 è la prima.

I partiti populisti, nazionalisti e xenofobi, fanno dell’uscita dall’euro il faro della loro strategia politica. Anche a sinistra ci sono voci critiche sempre meno isolate.

Naturalmente è difficile attribuire all’euro in quanto tale la responsabilità degli effetti delle politiche di austerità adottate in Europa a seguito di una grave crisi finanziaria mondiale negli ultimi sei, sette anni. In Italia economisti di sinistra come Michele Salvati e Salvatore Biasco, sostenitori dall’inizio dell’ingresso dell’Italia nell’euro, oggi dicono che entrare fu un errore.

Tuttavia la maggioranza della popolazione si sente protetta dall’euro, i greci temono di doverne uscire e molti paesi economicamente deboli premono per entrarci. L’euro appare come una protezione in questo momento di trascinante globalizzazione e potere dei mercati sulle economia.

È stato giusto entrare nell’euro? Alcuni paesi non hanno aderito e si sono trovati bene, ma erano paesi economicamente forti (regno unito e alcuni paesi scandinavi), ben altra era la condizione dell’Italia all’inizio degli anni 90.

L’Italia era un paese che veniva da anni di inflazione altissima, un paese che negli anni 80 aveva più che raddoppiato il debito pubblico passando dal 57% del PIL del 1980 al 124% nel 1992. Un paese giudicato dagli economisti prossimo al default giudicato inevitabile la discussione ra su quando sarebbe avvenuto. I tassi di interesse erano attorno al 12% la spesa per interessi il 13-14% del PIL, lo spread di oltre 500 punti. Insomma non sarebbe bastato neanche ristrutturare il debito sarebbe comunque stato necessario riportare il bilancio in equilibrio fare una serie di riforme per riguadagnare la reputazione perduta.

L’ingresso nell’euro rappresentava l’opzione migliore, faceva risparmiare 5 punti di PIL di interessi, gli impegni presi in sede europea avrebbero aiutato l’Italia a fare riforme e migliorare i conti (ricordiamo ad esempio la riforma del sistema pensionistico che abolì lo scandalo delle baby pensioni).

Nessuno ignorava che l’area monetaria non era ottimale, si faceva affidamento sull’evoluzione dell’integrazione economica, fiscale, politica. i parametri e vincoli da rispettare per favorire l’integrazione delle economie erano parecchi (tasso di inflazione, bilancia commerciale, tassi a lungo termine, rapporto debito/PIL e così via, però l’attenzione europea si è concentrata sostanzialmente solo sul rapporto deficit/PIL.

È di quegli anni inoltre la scelta di un rapido allargamento della UE con conseguenti concorrenze salariali e il cambiamento della maggioranza dei governi europei da centrosinistra a centrodestra meno interessati all’integrazione europea.

Tutti i paesi appena introdotto l’euro si sono impegnati per porre le premesse per una sua crisi. L’Italia con l’avvento dei governi di centrodestra ha aumentato la spesa pubblica corrente sperperando in poco tempo 5 punti di PIL in particolare con l’aumento della spesa regionale, con generosi aumenti contrattuali nel pubblico impiego mantenendo il limite del 3% deficit /PIL con una finanza creativa fatta di condoni e entrate una tantum.

La Germania ha realizzato una svalutazione fiscale interna riducendo welfare e salari, per accrescere la propria competitività in particolare verso gli altri paesi europei. Spagna e Irlanda hanno approfittato della discesa dei tassi di interesse per innescare una crescita basata sulla bolla immobiliare incuranti della perdita di competitività e dei disavanzi crescenti, il Portogallo ha fatto insieme ciò che hanno fatto Italia, Spagna e Irlanda. La Grecia di tutto e di più con conti truccati già per l’ingresso nell’euro e negli anni successivi, conti a cui molti hanno fatto finta di credere.

In questa si situazione di precarietà arriva violento, improvviso e inaspettato il 2007 con la sua crisi finanziaria ed economica mondiale. Da qui nella prossima puntata.

(1-continua)

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