Se dovessimo scegliere una canzone, e naturalmente un cantante, per semplificare gli anni Sessanta, diremmo “Una lacrima sul viso”, quindi il suo esecutore, Bobby Solo. Per tutta una serie di ragioni che cercheremo qui di elencare, ricordando sempre come premessa il carattere personale di una tale scelta, legata com’è al sentimento e alla storia di ognuno di noi, baby boomer.
Intanto Bobby Solo, che ha compiuto in questi giorni il suo settantesimo compleanno, essendo nato il 18 marzo 1945 (tre mesi dopo il suo coequipier di quegli anni fulgidi, Gianni Morandi), rappresenta per tanti versi e a buon diritto l’anello di congiunzione tra i diversi aspetti del mondo della canzonetta che, proprio negli anni Sessanta, esplodeva anche in Italia e che mai più, almeno con le stesse onnicomprensive caratteristiche, avrebbe avuto seguito.
Come Adriano Celentano, come Little Tony e – più tardi – come Michele, Bobby Solo si rifaceva al rock americano e in particolare al suo re: Elvis Presley. Ma mentre Celentano e Little Tony (e molti altri, in verità) ne corrispondevano il volto più eclatante e ritmato, e forse trasgressivo (pensiamo a Ventiquattromila baci la canzone che avevano presentato insieme al Festival di Sanremo del 1961), Bobby ne interpretava il lato più “popular” e romantico. Non a caso si dice che una delle canzoni che avevano fatto da guida all’esordiente Bobby Solo era stata “Love me tender”, che egli ascoltava e riascoltava dopo averla incisa su un magnetofono Geloso. In effetti, gli echi di “Love me tender”, i toni bassi e modulati della voce di Presley si colgono tutti in “Una lacrima sul viso”, e in altre canzoni degli inizi, la canzone che Bobby Solo portò al Festival del 1964, uno dei più importanti – se non addirittura il più importante, dopo quello del 1958 e del Volare di Modugno – della storia della canzonetta.
Quel Festival e quella presentazione – per la prima volta un cantante italiano cantava in coppia con un cantante straniero – sono entrati nella leggenda: alla serata finale (sabato 1 febbraio 1964) Bobby non eseguì il suo pezzo dal vivo perché lamentava un abbassamento di voce dovuto all’emozione o una faringite, ma in play back. La canzone, perciò, fu estromessa dalla gara ma si disse che quella di Bobby Solo e dei suoi agenti discografici era stata una trovata pubblicitaria, allo scopo di far “rendere” di più la canzone, con una miglior presa sul pubblico e sugli ascoltatori.
Come si sa, il festival quell’anno lo vinse Gigliola Cinquetti, all’epoca sedicenne (ne avrebbe compiuti diciassette a dicembre), con “Non ho l’età”. Ma il vincitore morale, diciamo così, fu Bobby Solo, il cui brano entrò presto nelle classifiche e rimase in testa per otto settimane. L’esecuzione di “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo superò di gran lunga quella del suo partner sanremese, nientemeno che Frankie Laine, raggiunse in breve il traguardo del milione di copie di dischi venduti e, nel giro di poco tempo, quello dei due milioni, un vero record negli anni Sessanta.
Il fatto che Bobby Solo in quegli anni fosse allo stesso tempo “personaggio di Sanremo” e poi anche delle “estati canterine”, a differenza di tanti colleghi che invece allora disdegnavano Sanremo, fu confermata dalla vittoria conseguita l’anno successivo con “Se piangi, se ridi” e, quattro anni più tardi – 1969 –, con “Zingara”, canzone che Bobby cantò in coppia con Iva Zanicchi e che – si racconta – Gianni Morandi aveva rifiutato. Per di più, sempre nei centralissimi anni Sessanta, Bobby fu il primo vincitore del Festival Bar (1964) con “Credi a me” e si piazzò sempre onorevolmente in altre manifestazioni di grande rilievo, tipo il Disco per l’estate (“Quello sbagliato”), canzoni di squisitissima marca marca presleyiana, e il Cantagiro (“Per far piangere un uomo”, “Non c’è più niente da fare”…). E ancora – mantenendo il duello a distanza con l’amico-rivale Gianni Morandi che sfornava, in pratica, tre canzoni che erano l’una la prosecuzione dell’altra: “In ginocchio da te”, “Non son degno di te”, “Se non avessi più te” – fu Bobby Solo con la replica cinematografica di “Una lacrima sul viso” a dare il via (a ruota con Gianni-Giberna) alla famosa serie dei film musicarelli diretti dal regista Ettore Fizzarotti, e per di più avendo come partner femminile la bella e dolcissima Laura Efrikian…
Il settantesimo compleanno di Bobby celebrato in pompa magna con la consueta ospitata da Bruno Vespa, alla trasmissione Porta a Porta, che alterna le inchieste sui delittacci, sulla buona e cattiva politica con momenti di svago canzonettistico per lo più ispirato agli anni del boom, ci induce a qualche altra riflessione. È passato mezzo secolo, e anche di più, da quando il ventenne Bobby Solo – gli occhi cerchiati dal rimmel e la voce bassa e caldissima – cantava a Sanremo la sua “Se piangi, se ridi”. Ed è bello rivedere le immagini dell’epoca (Mina, ora settantacinquenne, docet), ripensare – guardando loro – e pensare anche noi al come eravamo. Meno bello, e interessante, scoprire il come siamo: (vecchi) cantanti imbolsiti, i capelli tinti (quando ci sono), grassi personaggi che decisamente over Settanta “pinciano” a loro rischio e pericolo sul palcoscenico per dimostrare una propria immutata vitalità. Per quanto ci riguarda, non ci pare un bello spettacolo. Perché fa sparire il ricordo, e anche il sogno.
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