È esplosa nella “Nuova Provincia” di Varese l’enorme grana del buco di bilancio di ben 51 milioni di euro, circa la metà dell’intero bilancio. Una situazione così allarmante esiste in Lombardia (per quanto si sa) soltanto nella nostra Provincia fino a poco tempo fa dipinta come efficiente e virtuosa da chi l’amministrava e dalla propaganda del centrodestra, soprattutto leghista.
Da un primo esame dei conti balza agli occhi, negli ultimi tre anni, un incredibile sovra dimensionamento delle entrate tributarie (31 milioni) e la mancata riduzione delle spese che avrebbe dovuto far seguito alla spending review degli enti locali (circa 20 milioni). Il confronto fra i nuovi amministratori (espressione dei comuni) e i vecchi (eletti direttamente) farà conoscere meglio le cause del dissesto che potrebbe portare al default della Provincia. Poi toccherà alla Corte dei Conti (ahimè con i suoi tempi lunghissimi) pronunciare la parola finale sulle “colpe” amministrative.
Questi fatti mettono nettamente in luce come sia stata giusta la scelta di ribaltare le giunte precedenti e di guidare la Nuova Provincia con una maggioranza ben definita (PD-SEL-NCD) anziché con un metodo unitario che avrebbe portato con sé la tentazione di edulcorare le responsabilità.
L’alternanza di gestione politica è essenziale, tanto più per l’Ente Provincia sul quale l’attenzione pubblica è sempre stata molto limitata. Con la crisi dei partiti era diventato un luogo tranquillo e “appartato”, poco più di un oggetto misterioso per gli elettori. Praticamente nessuna lente d’ingrandimento su ciò che avveniva. Niente di comparabile con la popolarità dei Comuni, per come vengono seguiti dai cittadini, per la pressione mediatica e sociale cui sono sottoposti.
Se pensiamo che senza la legge Delrio avremmo votato ancora l’anno scorso per la Provincia con una campagna elettorale costosa e con i soliti apparati politico-burocratici in conflitto, appare evidente che un bel passo avanti è stato fatto. Corretto aver passato ai Comuni l’onere di amministrare la sua eredità, il che significa anche più trasparenza e più controllo. Giustissima la semplificazione del quadro delle istituzioni elettive: Comune, Regione, Parlamento.
In Lombardia (10 milioni di abitanti come un medio Stato europeo) la proposta di trasformare le Province in enti intermedi gestiti dai Comuni associati è giusta. Già più di 35 anni fa la nostra Regione aveva istituito i comprensori (unioni di Comuni) che avevano lo scopo di sostituire le Province salvo revocarli (giustamente) subito dopo che il Parlamento aveva confermato gli enti esistenti.
Bisogna ripartire da quell’intuizione lasciando alle Regioni il compito di definire i confini degli enti intermedi. La legge dello Stato dovrebbe però indicare la popolazione minima per evitare che si moltiplichino come è avvenuto negli ultimi decenni con le Province per motivi di potere e di malinteso prestigio locale.
Tornando all’oggi, gli enti intermedi non possono essere lasciati a lungo in una transizione il cui approdo è oscuro. La prospettiva non è difficile da individuare. I campi di attività sono il governo del territorio (finora trascurato), viabilità e trasporto pubblico locale, acque, rifiuti, beni ambientali, edilizia scolastica. Sono funzioni che in Lombardia non possono essere affidate né ai singoli Comuni né alla Regione.
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