Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Opinioni

LA DEMOCRAZIA SOPRAVVALUTATA

FELICE MAGNANI - 20/03/2015

DemocracyNon siamo diventati cittadini per caso, abbiamo dovuto sottostare a un lungo percorso fatto di studi, regole, insegnamenti ed esperienze per capire che il nostro spazio civico ha una sua caratterizzazione precisa, che si configura nel dettato costituzionale, nelle norme che legittimano la nostra storia personale e comunitaria. É nella nostra vita nazionale che abbiamo appreso il significato di parole che sono diventate il sale della nostra vita, è in una lettura attenta della realtà che abbiamo capito l’importanza di essere cittadini di una nazione che ha distribuito nel mondo la sua genialità, il suo amore per l’arte, la letteratura, l’architettura, la filosofia e la scienza. Forse però abbiamo peccato di sopravvalutazione, abbiamo pensato che la democrazia mediterranea, nata tra le mura dell’antica Grecia bastasse a definire uno stile e una sostanza. Ci siamo lasciati affascinare dall’idea che un sistema così ben strutturato fosse inattaccabile. Abbiamo riposto tutte le nostre speranze nella giovane democrazia repubblicana nata da due guerre mondiali, ci siamo affidati a una libertà scritta nelle regole della nostra Costituzione, ma quel mondo che pensavamo stabile, articolato, popolare, attento ai bisogni e alle aspirazioni della nazione si sta dimostrando claudicante di fronte ai problemi della vita contemporanea, come le grandi migrazioni, le nuove mescolanze etniche, i cambiamenti radicali nel campo dell’economia e della finanza, i nuovi problemi legati alla sicurezza.

C’è un mondo in evoluzione e in ebollizione che chiede di poter entrare in un sistema capace di offrire senza togliere nulla dell’identità civile, politica, culturale e religiosa. La nostra democrazia si trova a dover mediare sistematicamente posizioni molto diverse tra loro, a dover ricreare spazi di libertà nella libertà, a far fronte a una deresponsabilizzazione radicata e profonda, a un sistema corruttivo che si è esteso a macchia d’olio in quasi tutti i settori della vita pubblica italiana, si trova soprattutto a inventarsi nuovi spazi di democrazia che non corrispondono sempre a quella nata da una visione identitaria di carattere prettamente nazionale. Da più parti si continua a parlare dei valori di una democrazia che muta sempre più spesso le proprie sembianze a volte in oligarchia, tecnocrazia, eurocrazia, anarchia, timocrazia, perché le strutture portanti del sistema fanno acqua e ci si convince sempre di più che la parte dei diritti e i doveri del cittadino crea profonde divisioni e disorientamenti. Viviamo un sistema malato, fragile, incapace di rispondere con autorevolezza ad una allarmante sovrapposizione di temi e problemi che mutano in modo inequivocabile il mondo dei rapporti sociali e delle relazioni. É sempre più difficile affidarsi ad una legge capace di rispondere con chiarezza e immediatezza ai problemi che quotidianamente ammontano in ogni angolo del paese. L’autorità democratica è perennemente sotto accusa, non è più capace di dare risposte certe al cittadino, lasciandolo spesso in una condizione di pericoloso disorientamento. Una democrazia dunque che non ha la forza e il coraggio di guardarsi allo specchio, di avviare una profonda e articolata riflessione sulla sua capacità di rispondere alle richieste di una società in rapida mutazione, col pericolo incombente che possa diventare strumento di una demagogia politica capace di sfruttarla per il raggiungimento di fini e scopi diversi da quelli istituzionali che le competono.

La democrazia globale si scontra spesso con quella nata e cresciuta tra le mille storie particolari, con la convinzione ancora molto radicata che il territorio sia da considerarsi patrimonio individuale da lasciare in eredità ai propri figli. Il concetto stesso di proprietà è oggi ampiamente messo in discussione, non è più in grado di garantire la certezza e la sicurezza del cittadino, di definire uno spazio istituzionale ben presente nella carta costituzionale del nostro paese. Si parla sempre più spesso di riforme costituzionali, ma lo si fa in modo sbrigativo, per compiacere Tizio o Caio, per rinsaldare vecchie e nuove alleanze, amicizie, confraternite, approcci governativi, ma senza avere un’idea generale di come sia veramente possibile riannodare passato, presente e futuro sull’onda dei grandi cambiamenti intervenuti in questi anni nella nostra vita politica e sociale. É nella forza del paese, nella sua unità, nella sua capacità di essere il collante della democrazia che è possibile riformare, restituire alla storia la sua capacità di saper cogliere lo spirito nuovo di una società. I partiti politici sono una fonte inesauribile di idee, ma le idee devono trovare momenti di convergenza, non possono essere motivo costante di conflitto. É nella coesione sociale che si riflettono le aspirazioni della gente. Quando le divisioni si trasformano in fazioni perennemente in lotta tra loro per la conquista del potere distruggono il sistema delle relazioni e diventa sempre più difficile gestire la sicurezza di un paese. La diversità non è guerra, odio, conflitto, serve a promuovere, consolidare e potenziare il sistema delle relazioni democratiche, quelle che permettono agli uomini di riconoscersi in leggi e regole uguali per tutti, dove ognuno si sente parte viva e attiva di una realtà. Il partito politico è rimasto nella sua accezione storica tradizionale una fortezza in cui un piccolo esercito difende il proprio potere, usandolo come fosse un’arma.

La cultura politica non è stagnazione, elitaria visione del mondo, ma proposizione dinamica di cambiamenti che rendono migliore la vita. Una cultura anche in questo caso che non sia chiusa, ma che diventi possibilità di vivere in modo pieno e gratificante l’opportunità esistenziale. É anche in questa ottica che la Costituzione italiana, pur conservando la sua temporaneità storica, è soggetta a nuove aspettative, a forme regolative che implicano importanti riqualificazioni. Modificare non significa affondare strumentalmente un passaggio fondamentale della nostra storia. Varie forme di svalutazione hanno cancellato la possibilità di anticipare i tempi del cambiamento. Stiamo vivendo le conseguenze di una mancanza di progettualità politica, di una politica immatura che non sa fare autocritica, che non sa cogliere le aspirazioni della gente, che vive rannicchiata in se stessa mentre il mondo va avanti.

Mentre una parte dell’Europa intraprendeva percorsi di sobrietà e di chiarezza studiando nuove vie da percorrere in vista della ripresa il nostro paese ha continuato a pensare e ad agire badando al profitto individuale fino all’esaurimento della pubblica ricchezza. É stato così per tutto: famiglie, banche, scuola, ambiente. Si è cercato il tornaconto personale immediato, disimparando a gestire i problemi con un occhio attento rivolto al futuro. Anche oggi il paese viene sempre dopo, dopo gl’interessi di parte. É una malattia italiana inguaribile. Malgrado le grandi difficoltà che stiamo attraversando la politica non ha il coraggio di uscire allo scoperto, di dimostrare la sua forza rigenerante, la sua capacità di restituire credibilità a un paese confuso. Parla di Costituzione ma non la applica, parla di Costituzione ma non cerca di adeguarla alla fermezza di una democrazia rinnovata, più sicura, più attenta, più capace di sacrificarsi per il bene dei cittadini. Si continua a ragionare in funzione del partito, si bada all’interesse personale mentre fuori, dall’altra parte delle Alpi e del mare, il mondo corre con una velocità olimpica, che non lascia spazio a “piccole” beghe nazionali.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login