Dopo l’Expo arriva l’Anno Santo e promette d’essere un’altra gallina dalle uova d’oro, anche se i due avvenimenti sono intimamente diversi tra loro. L’Expo, per quanto intitolato alla nobile causa di nutrire il pianeta e combattere la fame nel mondo, è un evento commerciale mentre l’Anno Santo, nelle intenzioni del papa, sarà il Giubileo della misericordia e dell’umiltà, avrà un’impostazione francescana, ognuno chiamato a fare opere di bene nella propria comunità; magari andando a piedi da Assisi a Roma e transitando sulle antiche strade dei romei. A differenza dell’Expo non si dovranno costruire nuove opere, non ce ne sarebbe neppure il tempo, mancano pochi mesi al via. Niente rischi di corruzione, dunque, ma la paura del terrorismo esiste. L’ISIS ha nel mirino il Vaticano.
Servirà un lavoro d’intelligence internazionale e molta attenzione, percorsi dei pellegrini prestabiliti e controllabili. Nel duemila, per il Giubileo di Giovanni Paolo II, arrivarono venticinque milioni di persone, con una media di tre giorni di soggiorno, pari a settantacinque milioni di presenze. Stavolta potrebbero essere di più. Servirà un punto di coordinamento tecnico e forse sarà riattivata la sala operativa all’Aventino che operò quindici anni fa. Il Comune di Roma, lo Stato, la Regione e il Vaticano dovranno gestire l’accoglienza, la ricezione alberghiera, l’assistenza sanitaria, i trasporti pubblici, la pulizia, la viabilità delle strade, la sicurezza, una macchina che nel duemila costò 3500 miliardi di lire. Oggi potrebbe bastare un miliardo di euro.
Non sarà facile: Roma non è riuscita a tenere a bada quattrocento tifosi olandesi del Feyenoord, figuriamoci le difficoltà di un Giubileo. Del resto gli Anni Santi sono sempre una scommessa sotto il profilo della sicurezza. Lo sono stati soprattutto nel corso dell’Ottocento, un secolo tempestoso inaugurato da papa Pio VII, Barnaba Chiaramonti (1800-1823), che non si era potuto eleggere a Roma per colpa di Napoleone. Fu eletto a Venezia. L’inizio della rivoluzione francese nel 1789, la decapitazione di Luigi XVI e di Maria Antonietta e l’avvento dell’astro napoleonico avevano posto in dubbio l’esistenza stessa della Chiesa; e il Giubileo del centenario, quello del 1800, non poté essere proclamato perché il papa era in esilio; trionfavano in tutta Europa la secolarizzazione e l’anticlericalismo.
Le stesse alte gerarchie vaticane boicottarono l’organizzazione dell’Anno Santo che si tenne nel 1825 sotto Leone XII, Annibale della Genga (1823-1829), temendo che l’ingresso in Roma e nelle terre del papa di molti stranieri provenienti dalla Francia, dall’Inghilterra e da altri Stati considerati nidi di rivoluzionari, potessero compromettere l’ordine faticosamente ricostituito dopo l’uragano napoleonico. Stendhal annotava tristemente: “Tutto qui è decadenza, tutto è ricordo, tutto è morte… il Giubileo che una volta riuniva a Roma quattrocentomila pellegrini di tutte le classi, non ha radunato nel 1825 che quattrocento mendicanti”. Fu anche quello, come questo di papa Francesco, un Giubileo all’insegna della misericordia e del ripensamento della visione cristiana.
L’indizione dell’Anno Santo era stata sconsigliata al pontefice da tutti i principi cattolici e soprattutto da Metternich, che temeva che fra i pellegrini si potessero confondere cospiratori rivoluzionari. Il papa, coraggioso e lungimirante, non si lasciò intimorire: “Noi non crediamo che i liberali si travestiranno da pellegrini, nascondendo le armi sotto il cappuccio e nel bordone. Compiremo il nostro dovere. Dobbiamo dare l’esempio”. Si ridussero però i giorni di presenza dei romei che dovettero in precedenza comunicare il loro arrivo alle confraternite incaricate dell’accoglienza e furono schedati con nome, cognome e generalità per conoscerne le tendenze politiche e gli orientamenti assunti durante la Rivoluzione Francese.
Quello del 1825 fu l’ultimo Giubileo della Roma dei papi a causa dei moti risorgimentali per l’unità che presto scoppiarono nella penisola. Durante tutto l’Ottocento l’Anno Santo non fu più celebrato perché le condizioni politiche lo sconsigliavano.
Dopo la proclamazione del regno e la presa di Roma, Papa Pio IX, Giovanni Mastai Ferretti (1846-1878) si limitò a rinnovare le proteste contro lo Stato italiano accusato di essersi appropriato dei territori del Vaticano dove egli continuava a considerarsi prigioniero. Spiega Lucetta Scaraffia nel suo “Il Giubileo”: “Pio IX, dichiarando che gli era impossibile celebrare l’Anno Santo “per la luttuosa ragione dei tempi”, promulgò ugualmente un perdono generale, senza che però fosse necessario il viaggio a Roma. Per la prima volta nella storia, l’indulgenza veniva promulgata tanto a Roma per chi avesse visitato le basiliche, che nel resto del mondo, per chi avesse compiuto atti di pietà equivalenti”.
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