Leggo sempre con molta attenzione gli scritti di un “vecchio pirata” come Pierfausto Vedani.
Li apprezzo perché quando scrive vedo la saggezza del cronista che ha saputo scrutare Varese negli anni e ha saputo anche coglierne lo spirito, le debolezze e il meglio senza per questo omologarsi al potente di turno.
Non è certamente da scoprire oggi l’autorevolezza e l’autonomia di Pierfausto, né tanto meno il mio vuole essere un esercizio di retorica per ingraziarsi il vecchio direttore del quotidiano più amato dai varesini.
Ho letto il pezzo “Svolta, non rivoluzione” apparso settimana scorsa su questa testata e l’ho condiviso in buona parte.
Vedani ha ragione. Il PD sta facendo una ottima opposizione in consiglio comunale e la sta facendo prescindendo dall’ultimo episodio che ci ha visti protagonisti nel contestare le scelte del Sindaco nella designazione dei componenti del cda del Molina.
Ha ragione anche quando dice che noi del PD siamo “in linea con la concretezza e la prudenza di un elettorato che sembra preferire gestioni grigie alle lotte per i diritti che saranno tali quando avranno il crisma di leggi dello Stato”.
Ed ha ancora ragione e ha compreso appieno quando sostiene che noi si sta lavorando per un patto chiaro con la città e in particolare con quel mondo cattolico che a Varese conta e conta molto.
Senza prendere la matita rossa e blu mi sento però di fare due annotazioni diverse rispetto allo scritto di Vedani.
Il PD non è la continuazione storica di un’unica cultura politica né tanto meno può essere identificato come il partito che da sessant’anni sta all’opposizione in Consiglio Comunale a Varese.
Può non piacere questo, ma è così. Il PD è nato per prendere il meglio delle culture politiche del novecento, culture che hanno dato all’Italia repubblicana una Costituzione democratica e ricostruito un Paese distrutto da una dittatura che aveva negato le libertà in ragione di un disegno di dominio e di una modernizzazione che alla fine si sono rivelati fallaci e distruttivi.
Non solo. Il PD ha inteso cominciare una “nuova storia” tant’è che molti sono gli iscritti, i militanti e i votanti che nulla hanno mai avuto a che fare con le storie collettive dei partiti della prima Repubblica. Se si prende la composizione del nostro gruppo consiliare si può facilmente scoprire che non c’è nessuno che è stato iscritto al PCI e che l’unica iscritta in passato alla DC è Luisa Oprandi. Così come addirittura c’è anche chi non è mai stato iscritto a nessun partito.
Se il PD fosse solo la continuazione della storia gloriosa della sinistra italiana io, che vengo da una altrettanto ricca storia politica, non potrei certo farvi parte e penso così neanche un altro grande vecchio della politica varesina come Giuseppe Adamoli.
Il PD di Varese è poi, per certi versi, anche una anomalia rispetto al panorama provinciale o regionale. A Varese, infatti, il gruppo dirigente ha applicato proprio quella che è stata la lezione appresa dalla politica in questi anni. Non ci si divide per correnti, non ci si divide per appartenenze che sentiamo ormai lontane e dettate da Roma, non ci si divide per antiche identità. Si è uniti invece nella costruzione ed in ragione di un progetto da proporre alla nostra città per ritornare a farla crescere dopo il lungo inverno a cui l’hanno condannata la Lega e i suoi sindaci (fam, fum, frec mi verrebbe da dire con una piccola nota di umorismo dialettale).
Dunque un PD nuovo, capace di uno sguardo pragmatico sui bisogni della città. Un PD che non rinuncia alle storie ( storie al plurale perché questo è il PD un partito con più culture senza esserne prigioniero ) e che ha una identità nuova, quella costruita anche con la peculiarità dei varesini iscritti e militanti capaci di andare oltre gli steccati e oltre le “correnti” per rivendicare la propria autonomia e la capacità di prendere appieno le decisioni che ci competono.
Quale miglior viatico da proporre alla città se non la credibilità di un gruppo dirigente come questo a fronte di una amministrazione che butta fuori parte della sua maggioranza perché così gli ordina il segretario nazionale della Lega? Quale miglior garanzia di indipendenza per una città che ha visto in questi anni i caporali della Lega entrare nel “palazzo” e voler dettare le scelte più sensibili? Quale miglior attrattiva da offrire ad un mondo cattolico sensibile alle scelte sociali se non il rispetto dell’autonomia dei corpi intermedi a fronte di chi non perde occasioni per attaccare il volontariato tutto della nostra città per ragioni ideologiche?
Dunque un PD alternativo alla Lega, un PD in grado di essere “svolta” per la città e che non vuole nessuna rivoluzione. Una forza tranquilla, ma capace perché questo è il carattere dei varesini e noi siamo parte del corpo vivo della nostra città.
Roberto Molinari, Esecutivo cittadino PD Varese
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