Il Cardinale Carlo Maria Martini, che fu relatore al Sinodo dei Vescovi sulla Riconciliazione, ci ha insegnato un metodo per celebrare bene il sacramento della Confessione, ripartendolo in tre fasi:
Il momento della lode (“confessio laudis”): all’inizio del colloquio, dopo la preghiera introduttiva, si può dire – in forma di dialogo o di preghiera riconoscente – che cosa davanti a Dio mi ha dato gioia in questo ultimo tempo; di che cosa sento sinceramente di poter ringraziare il Signore dall’ultima volta che ho fatto questo colloquio. Quindi, si comincia con un ringraziamento a Dio: perché ho potuto incontrare quella persona che da tempo sfuggivo… ho potuto affrontare quel problema (mio o altrui) che mi dava pena… ho potuto superare una difficoltà nella vita spirituale che non sapevo come affrontare… “Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere”. (Albert Einstein).
Il momento del racconto (“confessio vitae”): dico davanti a Dio e alla Chiesa, rappresentata dal sacerdote, la cosa che mi è dispiaciuta in questo tempo… che cosa avrei voluto che non fosse in me… Non si tratta di trovare i peccati formali, ma di dire cosa dall’ultimo colloquio mi ha causato disagio davanti a Dio… E qui possiamo mettere sia i peccati formali che la radice dei peccati, la peccaminosità: sento antipatia verso una persona…; non vorrei e perciò cerco di vincermi…; avrei voluto avvicinare quella persona, ma l’ho sfuggita e mi dispiace…; sento che avrei dovuto vigilare di più sulla golosità, la pigrizia…; non ho saputo dominare la sensualità come avrei dovuto, e ciò mi dà pena e fastidio: metto tutto davanti a Dio, così com’è… Questo va espresso non con uno spirito negativo, amaro, di accusa, ma di riconoscimento, dicendo: ecco, Signore, ciò che sono… ecco il materiale di cui disponi… ecco le pietre di costruzione della tua Chiesa: sono sporche, mal levigate, ottuse; non vorrei che fossero così, ma te le presento, perché so che tu sei misericordioso! “Tutti pensano a cambiare l’umanità, ma nessuno pensa a cambiare se stesso” (Lev Tolstoj).
Il momento della fede (“confessio fidei”): è l’esercizio della fede evangelica, salvifica. Signore, di fronte a queste cose io credo che tu sei più grande di esse, più buono di me, perché sei paziente e misericordioso. Io credo che tu mi accogli così come sono; io credo che tu mi ami nella mia miseria. Ti ringrazio, Signore, perché non mi rimproveri, ma piuttosto mi offri ancora una volta il tuo perdono. In questo momento esercitiamo la fede nella divina misericordia, invocandola anche con il fratello che prega con noi, magari con i versetti di un salmo…
Si dirà che così la confessione dura più a lungo. È vero, ma si è più contenti! E poi perché dovrei dare meno tempo alla confessione di quanto do alla lettura del giornale? Anche il prete sarà contento di passare con me il tempo che voglio, perché capirà che questo momento è importante anche per lui, che è stato ordinato prete soprattutto per esercitare il ministero della riconciliazione, non solo con Dio e con la Chiesa, ma anche con se stessi.
“Hai ottenuto quello che volevi da questa vita, nonostante tutto? Sì. E cosa volevi? Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra. […] È della tenerezza che m’importa. Questo è il dono che mi commuove e sostiene. Al pari di ogni mattina” (Raymond Carver).
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