Anche in occasione dell’apertura dei lavori preliminari ad Expo 2015, che dovranno portare alla sottoscrizione della cosiddetta Carta di Milano, Papa Francesco ha levato il suo grido contro quella che giustamente ha chiamato la grande inequità (l’economia dell’esclusione). Mentre per la maggior parte della popolazione del mondo c’è quantità di cibo a sufficienza e spesso in abbondanza (onde il fenomeno del sovrappeso, dell’obesità), fame e malnutrizione affliggono drammaticamente la parte restante (870 milioni di persone). In condizioni di assoluto squilibrio dominano la cultura ed economia del consumo eccessivo, dello scarto. Sprecano i consumatori, spreca la rete distributiva (1,3 miliardi di tonnellate d’alimenti sono sprecati ogni anno).
Le multinazionali dettano l’agenda della politica e pretendono di scrivere i trattati commerciali. Si constatano gli effetti devastanti dell’ingresso di Wall Street nel mercato del cibo, la speculazione finanziaria prevale sui diritti delle persone e si avvelena il pianeta. Si pensi al fenomeno delle monoculture basate su un’alta dipendenza dall’utilizzo dei pesticidi, mentre poco ci si preoccupa di distemi produttivi ecologicamente fondati, qualificati dalla biodiversità. Ci si dimentica spesso che l’uomo è custode e non padrone assoluto e incontrollabile della terra. Desertificazione e scarsità crescente d’acqua, deforestazione, gas serra fuori controllo (in Europa tra l’altro circa il 30% delle emissioni di gas serra proviene dall’agricoltura), sono problemi non affrontati adeguatamente dall’uomo comune, dall’opinione pubblica e per conseguenza dal mondo della politica.
Si pensi altresì alla politica dei brevetti (strumenti giuridici che conferiscono all’autore dell’invenzione il monopolio temporaneo del suo sfruttamento, con la garanzia di potere recuperare le spese sostenute). Per la protezione delle nuove varietà vegetali intercorrono vent’anni dalla concessione dei brevetti. Con l’ingresso massiccio delle grandi imprese multinazionali del settore chimico e farmaceutico, che affrontano con determinazione il campo d’azione dell’ingegneria genetica, grazie anche a un intenso processo di fusioni e acquisizioni, si hanno una crescente concentrazione dell’offerta, una crescente osmosi fra il settore sementi e quello degli agro farmaci, nonché tra tali settori e quello farmaceutico.
Il mondo agricolo dipende sempre più da quello industriale e l’agricoltore si ritrova costretto ad acquistare anche la materia prima in grado di far produrre le sementi- v. i diserbanti specifici). Quali problemi possono derivare perla sicurezza alimentare dei consumatori? Quale tendenza verso il basso del compenso dell’agricoltore con tutti i negativi effetti occupazionali? In assenza di prezzi diversi non conviene produrre ai costi del convenzionale, più alti del transgenico. Il brevetto sul cibo rischia di diventare l’antitesi dell’idea di cibo inteso come bene comune.
La sfida dell’Expo 2015, che si intitola “nutrire il pianeta, energia per la vita”, articolata su quarantadue tavoli di lavoro, che impegnano cinquecento esperti, deve comportare lotta alle disuguaglianze e un onesto utilizzo delle risorse. Il Ministro Martina ritiene che il diritto al cibo vada inserito nel contesto della Costituzione. Certo è di piena attualità, non passatistico, il monito di Ermanno Olmi, uno dei nostri migliori e più sensibili registi cinematografici, che bisogna ritornare alla terra, alla cultura dei suoi valori. Si tratta purtroppo di una civiltà che abbiamo perso, che comporta equilibrio e armonia del creato. Prima viene l’onestà di chi produce, poi la logica del profitto, che finora imperversa ad oltranza, aumentando a dismisura la sproporzione tra il benessere dei pochi e il disagio di troppi. Sviluppo autentico si ha quando tutti ricevono quanto loro spetta innanzitutto per natura,a prescindere dalla logica virtuosa della carità. Tra le notizie in certo qual modo confortanti è la decisione del Consiglio di Stato, che si pronuncia in merito agli OGM: il mantenimento della coltura del mais Mon 810 senza adeguate misure di gestione non tutela a sufficienza l’ambiente e la biodiversità (principio di precauzione).
Dalle conclusioni di Expo 2015 ci si attende che con opportune misure legislative e una capillare, diffusa operazione di natura mediatica si incoraggi uno stile di vita più sano (si pensi che nel mondo sviluppato si consuma da due a tre volte tanto il quantitativo di carne necessario). Bisogna mangiare ciò che ci fa bene a minor impatto ambientale. Il sistema di welfare in termini sociali va ulteriormente promosso e non mortificato, non pretendendo tra l’altro che risolva da solo il problema generale dell’inequità a scapito dei doveri di giustizia: bisogna riportare i poveri all’interno della comunità, riscattandoli dall’isolamento e dal degrado spesso immeritato (la povertà non è quasi mai la conseguenza di una scelta), restituendo loro dignità.
E ci sono anche problemi di legalità: basta per es. riferirsi al fatto che le agromafie si infilano in tutti i comparti dell’agroalimentare, per una cifra che assomma ad almeno 15 miliardi di euro l’anno.
A significare il potenziale di sviluppo che l’agricoltura italiana già presenta e ancora da incrementare con la valorizzazione della tipicità e qualità dei nostri prodotti vale il rilievo che nel periodo 2010-2013 il nostro Paese ha creato 33 miliardi di euro di export nel settore alimentare, assumendo il ruolo di leader mondiale nella produzione di pasta, ma ottenendo anche ottimi risultati per olio di oliva e vini.
La tutela della qualità non va comunque mai scompagnata dalla promozione dell’effcienza.
You must be logged in to post a comment Login