La bellezza di Varese non attrae più. L’offerta alberghiera è in evidente crisi. Alberghi chiusi, o a rischio di chiusura, sono un significativo segnale di allarme. L’Expo costituirà, per l’area varesina, solo un fugace passaggio. Ma poi?
Ho ricordato più volte la vicenda dell’attrattività e dell’accoglienza di questo nostro territorio prealpino. Per la sua bellezza, per la sua offerta paesistica e ambientale. Per le sue presenze storiche. Ma oggi dobbiamo essere consapevoli della nostra sostanziale noncuranza nei suoi confronti. Il turismo nazionale e internazionale tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e gli anni che hanno preceduto nel Novecento la tragica guerra ’14-’18 poteva ammirare i laghi e le colline, la pianura lombarda, godendo quella serena visione di bellezza. Una bellezza definitivamente offesa e perduta?
Certamente offesa ma non definitivamente perduta. Con una insufficiente riflessione sul suo ruolo anche economico che può tornare ad assumere. Se l’attività industriale di fine Ottocento si era prevalentemente distesa lungo la valle del fiume Olona e il declivio del nostro Campo dei Fiori raggiungeva senza offese di rilievo i suoi laghi, una diversa attenzione per i nuovi orientamenti residenziali e di relazione sociale, una progressiva minore considerazione per i sistemi esistenti di mobilità pubblica su rotaia, con lo sviluppo progressivo e violento della mobilità veicolare privata, producevano problemi nuovi che le amministrazioni pubbliche non si curavano di considerare.
Alla fine del secolo scorso una riflessione seria preliminare, in preparazione di una variante radicale del Piano Regolatore, faceva intravedere nuovi percorsi possibili per Varese e per il territorio circostante, la cosiddetta Area varesina. Veniva rilevato, ormai più di vent’anni fa, la sostanziale unità di esigenze e di prospettive di una Città reale di oltre centocinquantamila abitanti. Ma nessuna iniziativa conseguente veniva assunta. Il capoluogo procedeva inerte nella gestione dei suoi problemi racchiusi nei suoi confini amministrativi.
A centocinquant’anni dalla realizzazione della ferrovia, a cento dalla creazione dei suoi nuovi grandi alberghi, a sessanta dal primo sciagurato PRG dell’ultimo dopoguerra. Si poteva forse sperare che il PGT approvato lo scorso anno fosse accompagnato da una iniziativa politica di dialogo e confronto con le Amministrazioni pubbliche dell’Area varesina, che ponesse finalmente le premesse per una nuova prospettiva sociale ed economica di quest’Area. Ma non è avvenuto.
Si ritiene oggi forse decisiva una nuova organizzazione di piazza della Repubblica. O il nuovo parcheggio multipiano di via Sempione. O la sistemazione e la costruzione di nuove strutture per lo sport. O l’offerta ai turisti dell’Expo dell’accesso alla cima della Torre civica.
Si sostiene anche la condivisibile necessità di affrontare il problema della connessione ferroviaria e il coordinamento fra le due stazioni esistenti; e la pure necessaria ‘bretella’ autostrada-Gasparotto. Ma non si affronta convenientemente il problema del riavvio con criteri attuali del ruolo delle reti su rotaia, della loro utilità intraurbana, della possibile considerazione di una linea tramviaria moderna che riduca la congestionata veicolarità privata. Nell’ambito di uno studio finalmente serio della mobilità in questa nostra ampia Città.
Non si affrontano con il necessario approfondimento prospettive nuove di rilievo economico per il suo rilancio. Perché è possibile immaginare che la nostra bellezza venga recuperata con il progetto di una Città esemplare nella quale prevalgano i bisogni delle persone e le relazioni sociali.
Che significa anche valorizzare e rendere belli, sicuri e piacevoli i percorsi pedonali, riprendendo gli insegnamenti del nostro Ottocento. Significa disegnare nuovi luoghi di sosta e di incontro, ridisegnare quelli esistenti. Ritrovare nuovi, possibili punti di ammirazione del nostro paesaggio nel rimpianto attivo di quelli stupidamente perduti.
Essere accolti, finalmente, da strutture congressuali adeguate, come in modo forse limitato ha comunque saputo fare Como con Cernobbio. Valorizzare la nostra montagna e il nostro Sacro Monte con una accessibilità che rifiuti le attuali caotiche invasioni. Fare di questa Città una Città esemplare e nuovamente desiderata, dove si vuole venire. Dove le nostra offerta alberghiera non è più senza attrattiva.
Perché qui si verrebbe per godere bellezza, intelligenza, qualità di vita di una comunità. Nell’impegno consapevole e diffuso per affrontare le situazioni di disagio e di bisogno esistenti.
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