Forse non guariranno, ma l’arte li aiuterà. Questo è messaggio di Grazia Giani, artista e arte terapeuta di Besozzo, con uno studio di pittura a Barasso e una vita spesa a dipingere, per guardare alla vita con colori e pennelli. Pubblicitaria, product designer, a un certo punto la svolta: ha detto addio al lavoro di disegnatrice e ha iniziato, a Bologna, l’accademia di Art Therapy, per la formazione di arteterapeuti a indirizzo psicodinamico. Ha iniziato, nelle scuole di Varese, a tenere laboratori di arteterapia, non con l’obiettivo di insegnare la tecnica dell’acquerello, ma per andare alla ricerca dei paesaggi interiori, per imparare come guardarsi dentro. La prossima settimana comincerà a operare in un laboratorio nell’ospedale di Locarno per un percorso artistico con pazienti in dialisi e contemporaneamente riprenderà il lavoro alla clinica “Le Terrazze” dove, da cinque anni, tiene due laboratori, con gruppi di dieci, dodici persone, con i malati di Parkinson e pazienti con traumi fisici, paralisi, ischemie, problemi cardiocircolatori o altre patologie che portano ad avere mani e gambe immobilizzate.
“Lavoro con questi pazienti che realizzano opere meravigliose, nonostante l’immobilità, la malattia. Cerco di ricordare loro che hanno sentimenti, un passato. C’è chi è paralizzato, chi non cammina più; l’arte terapia aiuta secondo diversi gradi”.
L’acquerello si rivela lo strumento ideale per risvegliare un’anima sopita: “Il potenziale c’è in ognuno di loro. Loro fanno scorrere questo colore sulla carta, si compongono forme a cui danno un titolo. Molti pazienti, attraverso il laboratorio, si ricordano una parte della loro vita passata. Le professioni che hanno svolto sono diverse e ognuno di loro, attraverso il proprio dipinto, riflette su ciò che il colore gli ha mosso, suggerito, ricordato”.
La partecipazione e il coinvolgimento sono grandi, rivela l’artista: “Alcuni entrano nel laboratorio per dare un’occhiata, dicono ‘entro e guardo solo’, poi si mettono al lavoro con l’acquerello e ne traggono un forte appagamento. E questo matura in loro autostima e fiducia in se stessi”.
La malattia, da un banale raffreddore a una malattia invalidante, mette a dura prova la nostra identità e a volte gli ammalati si vergognano di ciò che sono diventati, hanno paura di fare ritorno nella propria famiglia; l’acquerello li aiuta, per un momento, a dimenticarsi di essere malati. Negli ospedali, sfortunatamente, la voce dell’ “arte terapista” non è ancora entrata, ma dal luglio scorso qualcosa si è mosso, si riuscirà a lavorare in equipe, negli ambiti di cura, come in centri psichiatrici, carcere e in altri luoghi di “frontiera”. “Mi sento molto felice e fortunata di svolgere questo lavoro” prosegue Grazia Giani: “Attraverso il colore cerco di ricordare loro che hanno un’identità, dei figli oppure che c’è il sole, i valori più importanti o i più semplici”.
La terapia fisica passa attraverso la cura dell’anima? “Credo che la terapia artistica, nel suo processo, mentre si sta dipingendo, cerca di attivare sempre le forze risanatrici, non coinvolge solo le forze intellettuali ma fa anche appello alle forze del cuore”. Per info: graziagiani@hotmail.it
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