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Società

LE TENTAZIONI DELL’UOMO D’OGGI

GIANFRANCO FABI - 19/02/2015

tentazioniIl Centro culturale protestante e la Fondazione culturale San Fedele di Milano hanno organizzato anche quest’anno un ciclo di “Incontri ecumenici sul Vangelo” dedicato alla “Storia della nostra redenzione, giustizia e perdono nei racconti evangelici”. Martedì 17 febbraio uno degli interventi è stato svolto da Gianfranco Fabi sul tema “Il peccato ‘dentro’ di me” (con particolare riferimento ai testi di Matteo 4, 1-11; e di Samuele2 11, 1-27).

Ne pubblichiamo uno stralcio

Le tentazioni sono una dimensione dell’umanità. Le tentazioni sono il segno di un limite. Lo dice chiaramente Matteo: Gesù, dopo aver digiunato, ebbe fame. E il diavolo fa leva su questa dimensione profondamente umana per metterlo alla prova.

Le tentazioni del diavolo fanno così leva sui bisogni fondamentali dell’uomo.

La prima tentazione é infatti legata al cibo, ad uno dei bisogni essenziali ed ineliminabili dell´umanità. Ma é il modo con cui la soluzione di questo bisogno viene proposta da Satana che mette in luce l´uso strumentale, e quindi scorretto, della realtà. La tentazione é quella di considerare Dio al servizio dell´uomo, portando il sacro a misurarsi con il mondo esterno, quasi mettendo in schiavitù il mondo.

È la strada dell´idolatria, del cercare la salvezza nel vitello d´oro, di mettersi al centro di un sistema in cui sono quasi esclusi i rapporti con gli altri. È una strada che contraddice la dimensione delle relazioni e che isola la persona dal contesto sociale dove il pane é frutto del lavoro e ai bisogni materiali si risponde anche con la partecipazione e la solidarietà.

E’ la strada di chi non rispetta la realtà di una terra creata da Dio e affidata all’umanità. Come ha detto Papa Francesco nel suo messaggio di pochi giorni fa per l’Expo 2015: “La terra è generosa e non fa mancare nulla a chi la custodisce. La terra, che è madre per tutti, chiede rispetto e non violenza o peggio ancora arroganza da padroni. Dobbiamo riportarla ai nostri figli migliorata, custodita, perché è stato un prestito che loro hanno fatto a noi. L’atteggiamento della custodia non è un impegno esclusivo dei cristiani, riguarda tutti.”

E così come non ricordare che nel mondo d’oggi un quarto dell’umanità soffre la fame e un altro quarto è sovrappeso o addirittura obeso. E’ la dimostrazione di una profonda iniquità che ha alle sue radici non solo le politiche economiche e le strategie politiche, ma anche l’educazione e il comportamento delle singole persone, di tutti noi. E c’è da riflettere anche sulla dimensione dello spreco, che è non solo una dimensione di volontà, ma anche di efficienza delle strutture che stanno alla base della distribuzione e della divisione dei beni.

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La seconda tentazione é quella che mette alla prova Dio, che pretende che Dio offra la garanzia della nostra salvezza. È in fondo il toccare con mano una grande contraddizione: noi siamo sicuri per fede dell’amore di Dio, ma vogliamo essere sicuri anche del modo con cui Dio ci ama. La tentazione è mettere Dio al servizio dell’uomo, come se la nostra salvezza fosse un risultato automatico dei nostri comportamenti. Un’autogratificazione, un’autoassoluzione. Quasi si potesse applicare la logica dello scambio: il mio buon comportamento obbliga Dio a intervenire in mio favore. Ma nell´amore di Dio non c´è una logica mercantile, ma c´è la dimensione della gratuità, non c´è la dimensione dello scambio automatico e giuridicamente corretto; c´è il richiamo alla necessità del dono, offerto e ricevuto.

In questa prospettiva la dimensione del dono entra con decisione anche nei rapporti umani, nei rapporti sociali ed economici. Lo dice con estrema chiarezza l’enciclica Caritas in veritate: “La carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono. La gratuità è presente nella sua vita in molteplici forme, spesso non riconosciute a causa di una visione solo produttivistica e utilitaristica dell’esistenza. L’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza”. E ancora: “il mercato, lasciato al solo principio dell’equivalenza di valore dei beni scambiati, non riesce a produrre quella coesione sociale di cui pure ha bisogno per ben funzionare. Senza forme interne di solidarietà e di fiducia reciproca, il mercato non può pienamente espletare la propria funzione economica. Ed oggi è questa fiducia che è venuta a mancare, e la perdita della fiducia è una perdita grave”.

La fiducia è una dimensione dei rapporti interpersonali ed è fondamentale anche nei rapporto economici. Ma la fiducia è un elemento di base, è qualcosa su cui si può costruire.

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La terza tentazione è quella del potere. Si torna in fondo alla logica del Paradiso terrestre, il voler essere come Dio, l’avere il potere di dominare il mondo decidendo noi che cosa è bene e cosa è male. E´ l’illusione di una certa dimensione politica che pensa di aver le soluzioni giuste per ogni problema. E´ la tentazione di non rispettare la libertà dell´altro.

Quella del potere è una tentazione che percorre tutta la storia dell’umanità.

Il paradigma della libertà è quindi l’elemento di base di tutta la pagina evangelica. Satana mette alla prova la libertà dell´uomo sfidandolo a diventare Dio, a superare la condizione di figlio.

La risposta è quella di accettare di essere amati, di sentirsi liberi di riconoscere la propria dipendenza.

Non si può eliminare la dimensione del peccato, ma il riconoscere di essere peccatori non è solo un gesto di umiltà, è soprattutto un riconoscere che non siamo noi a condurre le danze, ma dobbiamo aderire al progetto di salvezza che Dio ha preparato per noi.

Il primo peccato dentro di noi è quello di non accettare la dimensione del peccato, la prospettiva del limite, la logica della dipendenza. Diceva Pio XII che “il più grande peccato attuale è che gli uomini hanno cominciato a perdere il senso del peccato”. lo diceva settant’anni fa e da allora probabilmente si sono fatti dei passi avanti. Ormai siamo abituati a giustificarci: i condizionamenti sociali, la moda del “così fan tutti”. La tentazione attuale è quella della modernità, il pensare di essere cattolici adulti che possono giudicare, ma non essere giudicati.

Diceva Nietzsche: “spazziamo via dal mondo il concetto di peccato”. È questa la tentazione più grande, una tentazione che immediatamente mette in crisi la nostra libertà, la libertà di riconoscersi uomini, creature limitate e finite, ma capaci di avere la passione, la gioia, la volontà, di tendere all’infinito.

È per questo che quando a Gesù portano un paralitico la prima cosa che dice è: “ti siano rimessi i tuoi peccati”.

Il momento più importante del peccato è quello che viene dopo, è la scoperta del perdono, della vicinanza con Dio, della tenerezza del suo sguardo che arricchisce la nostra vita.

Uno dei grandi vescovi che ho avuto la fortuna di conoscere, don Sandro Maggiolini, ha scritto trent’anni fa un libro dal titolo molto provocatorio: “Apologia del peccato”. “Non i santi – scriveva – hanno paura del peccato, ma soltanto chi ha rinunciato a vivere il proprio dramma di uomo, colui che nasconde la testa nella sabbia della cieca disperazione come il più terrorizzato degli struzzi”. Ed ancora: “Il peccato presuppone ed esige la libertà. Difendere il peccato significa difendere la capacità di vivere onestamente, di tendere addirittura alla perfezione umana e cristiana. Significa fare l’apologia della santità doverosa e possibile. Significa recuperare il rispetto dell’altro.”

Un rispetto che Satana non ha ovviamente avuto verso Gesù, un rispetto che sembra perduto anche nel mondo di oggi quando domina il mito della trasgressione e dell’offesa come falsa espressione di libertà.

Ma se ci pensiamo bene la trasgressione è solo l’altra faccia della stupidità. Stupido, secondo la sintetica definizione di Carlo Maria Cipolla, è colui che danneggia gli altri senza avere alcun beneficio per sé: e purtroppo dobbiamo ammettere che la nostra società è ricca sia di stupidi che di stupidità. Mentre scarseggia la gentilezza, la cordialità, l’accoglienza. E apparentemente sembra (e sottolineo “sembra”) mancare anche la generosità, che è l’esatto contrario della stupidità (fare del bene senza avere benefici), una generosità che per fortuna in realtà abbonda in ogni classe sociale, anche se si tiene nascosta, non vuol far parlare di sé, quasi per paura di non essere o non sembrare abbastanza moderna.

Si dice spesso che il bene non fa notizia. Così almeno credono i giornalisti e forse la crisi dell’informazione deriva anche dal fatto che i lettori o i telespettatori possono anche stufarsi di guardare al mondo con gli occhiali scuri della violenza, dei disastri e delle trasgressioni.

Anche per questo è allora bene tornare alla radice dell’informazione, a quella buona notizia che continua ad essere fondamento della nostra speranza e della nostra dignità.

Le risposte di Gesù a Satana sono proprio questo un’espressione di dignità, di libertà, di speranza. Sono una buona notizia, ma sono anche una preghiera: “libera nos a malo”. E a questo punto: amen.

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