Non molto lontano da Roma, nell’arcipelago delle Pontine, si trova l’isola di Zannone. Pochi chilometri quadrati totalmente disabitati. Eppure, tra le scarse costruzioni sull’arida terra, spiccano i ruderi di un grande monastero benedettino dell’800. Si tratta dell’abbazia del Santo Spirito, abbandonata dai monaci a causa delle continue incursioni dei pirati.
Che cosa avrà spinto quegli uomini a edificare un luogo di preghiera e di lavoro in un ambiente così ostile, uguale in tutto e per tutto ai conventi che s’incontrano nelle Fiandre, in Irlanda o più vicino a noi in Lombardia?
Spostiamoci di quattro secoli: nel 1221 si svolge il ‘capitolo delle stuoie’ alla Porziuncola di Assisi. All’epoca non c’erano telefoni, internet, treni. Eppure cinquemila frati, i più dei quali non avevano mai conosciuto personalmente Francesco, confluiscono da tutt’Europa. Che cosa li avrà spinti a compiere un viaggio così lungo e pericoloso?
Queste domande mi sono tornate alla mente al termine della visione di ‘La bella strada’ il bel DVD di Roberto Fontolan e Monica Maggioni sui sessant’anni di CL e presentato anche a Varese. Mi sono chiesto: che cosa aveva di particolare Don Giussani da affascinare allo stesso modo un giovane di New York, una ‘babushka’ di Novosibirsk, un’infermiera di Kampala, un allevatore brianzolo, un insegnante musulmano, un giornalista irlandese, un rabbino americano? Tutte persone per altro che non l’hanno mai conosciuto personalmente ?
Con le dovute proporzioni rispetto ai primi esempi riportati, a dieci anni dalla morte di Don Giussani (che cade domenica prossima 22) assistiamo oggi allo stesso fenomeno storico: il fascino di un carisma travalica i confini.
Nella piccola comunità del movimento di CL a Montreal entra un giovane medico, di nome Mark, persona intensa e drammatica. Alla fine dell’anno gli giunge l’invito dell’Università di Buffalo per uno stage di due anni. «Io non vado», è stata la risposta immediata di Mark. «Perché non vai?», gli chiede John. «Se accettassi dovrei abbandonarvi. E io non posso abbandonarvi». Ma a questo punto John gli suggerisce: «Accetta! Va’ a Buffalo, e cerca di comunicare agli altri quello in cui ti sei imbattuto qui».
Lui parte e dopo pochi mesi si ritrova attorno più gente di quella che aveva lasciato. Due mesi dopo un’infermiera del gruppo di Montreal entra nell’ospedale in cui Mark aveva lavorato. Dopo appena qualche giorno la capo-infermiera le va incontro, punta il dito verso di lei e le dice: «Mark Basik!». E lei domanda stupita: «Che cosa intende dire? Certo, lo conosco, è uno dei miei più cari amici…». «Lo immaginavo», riprende lei. «Tu e Mark fate le cose nello stesso modo». Quella donna si era imbattuta in un fenomeno di umanità diversa, cambiata da Cristo e trasmesso dal carisma generato dalla stessa persona.
Il prossimo 7 marzo la comunità di Comunione e Liberazione sarà ricevuta in udienza in San Pietro. “Vivendo intensamente il reale in cui era immerso, Giussani ha anticipato giudizi e ci ha offerto indicazioni preziose per affrontare questioni e scenari che oggi sono davanti agli occhi di tutti e che non potevamo immaginare prima. Come non trascorrere questo decimo anniversario della sua morte traboccanti di gratitudine verso di lui, per averci introdotto a una pienezza del vivere che senza di lui non ci saremmo neanche sognati?” scrive Julian Carron in una lettera per preparare il movimento a quell’incontro. E sarà allora davvero interessante ascoltare le parole del Santo Padre.
You must be logged in to post a comment Login