“L’arbitro deve essere e sarà imparziale: i giocatori lo aiutino con la loro correttezza”: Sergio Mattarella, che aveva poco prima giurato fedeltà alla Repubblica, non ebbe il tempo di terminare il suo pensiero che l’assemblea esplose in un fragoroso applauso. Il Presidente della Repubblica si atterrà ai principi stabiliti dalla Costituzione, ma ad essa dovranno ispirarsi anche tutti “i concittadini”.
Negli ultimi vent’anni la mancanza di vere culture politiche ha fatto venire meno il senso dello Stato e, conseguentemente, i principi della Costituzione sono stati spesso indeboliti, se non violati. L’arbitro, il Presidente uscente Napolitano, ha difeso con estrema energia la Costituzione nata dalla lotta per la libertà. Non sempre ciò è avvenuto in Parlamento e nel Governo e l’applauso degli onorevoli parlamentari appariva una confessione d’ipocrisia.
Pensavano sì, gli onorevoli senatori, deputati e rappresentanti regionali, al Presidente uscente accusato di aver più volte “calpestato la Costituzione”, di aver “oltrepassato le proprie prerogative”, di essersi “sostituito all’esecutivo”, ma non consideravano che molti di loro avevano avuto la spudoratezza di rivendicare la superiorità sul principio costituzionale che “la legge è uguale per tutti” dell’investitura del loro capo eletto con voto del popolo sovrano, inculcando così nelle menti ottuse che la nostra democrazia non è “rappresentativa”, ma “populista”. Tradivano la Costituzione per accaparrarsi qualche voto, affascinati dai proclami propagandistici.
Continuavano ad applaudire gli onorevoli parlamentari, non rammentando che erano stati eletti, o nominati, grazie ad una legge truffaldina ideata da uno di loro e dichiarata incostituzionale. Dimenticavano che questa legge aveva premiato con un terzo dei voti ed un premio di maggioranza il partito che avrebbe potuto salvare, all’occorrenza, un cittadino pregiudicato eletto dal popolo. Applaudivano gli onorevoli parlamentari “all’arbitro imparziale”, ma dimenticavano che molti di loro avevano coperto di improperi il mite Presidente uscente che si era rifiutato di promulgare le leggi contrarie alla Costituzione.
Alcuni di loro avevano condiviso l’invito del Capo a non pagare le tasse, di cui egli stesso aveva dato l’esempio, dimenticando che la Costituzione stabilisce che ogni cittadino deve contribuire a concorrere alle spese pubbliche in ragione della sua capacità contributiva.
Alcuni parlamentari erano gli stessi che avevano trasformato quell’emiciclo, risuonante in quel momento dei loro battimano, in un anfiteatro dove si erano levati insulti, parolacce e minacce volgari, dove si era brindato con prosecco e mortadella alla caduta di un governo della Repubblica, dove si erano dispiegati striscioni inneggianti al Presidente “ladro”, dove si erano mostrati capestri, dove i commessi erano dovuti intervenire per sedare zuffe: il che, prima che violare il diritto dell’espressione di parola sancito dalla Costituzione, è dimostrazione di bassezza politica.
Si scordavano, nel momento dell’euforia generale, che alcuni di loro da questi scranni avevano demolito l’idea dell’unità d’Italia, principio costituzionale, contribuendo a far regredire il sistema politico italiano ad una barbarie pre-moderna.
Molti di quei rappresentanti del popolo per un ventennio hanno turbato anime, inquietato coscienze perché quando offese e torti, urla e violenze vengono portati in Parlamento e nelle piazze gli interessi si confondono con gli ideali e le persone si identificano con quelle del cerchio magico di cui amano farsi circondare i loro capi.
Molti hanno scritto o detto che con l’elezione di Sergio Mattarella a Presidente della Repubblica una nuova stagione politica sarebbe iniziata. Ce lo auguriamo, ma la condizione essenziale è che si torni a far politica. È questa la nostra speranza che non ci sarà data a buon costo.
Negli ultimi anni, quando, franate le certezze, molti si sono aggrappati alla propria coscienza e alla fedeltà all’immagine della democrazia, ora sperano aprirsi ai loro occhi orizzonti sperati. L’arbitro sarà imparziale, i giocatori, però, devono essere corretti. Anche i “concittadini” del Presidente, cioè noi tutti, dovranno risvegliare idealità sopite e accendere speranze. Dovranno aiutare un Paese ricoverato in terapia intensiva che si sta risvegliando: fu sul risveglio popolare che si costruì la Resistenza.
Il primo impegno sarà quello di continuare i lavori per portare a termine le riforme. “La Costituzione si può modificare, ma senza toccare i principi generali” – ci ammoniva Dossetti, pochi giorni prima di morire.
Le riforme si devono fare assieme in un confronto (che alla maggioranza dei cittadini, purtroppo, importa poco perché pensa che la nostra democrazia non sia in pericolo) e alla fine si vedrà chi ha veramente a cuore le sorti del Paese o quelle dei propri interessi personali. Se in Parlamento, le forze politiche riprenderanno a confrontarsi su idee, se il governo, forte della sua maggioranza, porterà a termine le sue promesse, la politica si risveglierà.
La gente desidera una Politica che si faccia con scelte chiare, trasparenti e coraggiose e non si appiattisca sui tatticismi di ogni giorno o che proclami promesse che la separano dal futuro. Occorrono politici e cittadini che, in questi momenti di oscurità, siano limpidi e sereni, che si adoperino per scacciare lo scetticismo ironico, il fanatismo presuntuoso e la neutralità incosciente. Basta con i comizianti della retorica, con i frenetici calunniatori, con i violenti turbolenti!
Desidererei che la Politica si facesse con proposte e non con proteste, che le idee riempissero il vuoto lasciato dalle chiacchiere. Le posizioni negate non possono esprimere una politica, al massimo servono per patteggiare un articolo di legge o un comma emendativo.
La gente vuole che la Politica si faccia secondo una precisa visione delle necessità e delle priorità che gli uomini, la società, l’economia, il diritto richiedono, portando tutto ad una sintesi che – come scriveva Vittorio Bachelet – “illumina la verità, si alimenta nella carità e si attua contemporaneamente nella libertà e nella giustizia”. A darle significato siano la dignità dell’uomo, la giustizia sociale, l’educazione e l’istruzione intese come formazione di uomini pensanti e non come addestramento, la competenza e l’integrità di una burocrazia meno grigia.
Vorrei una Politica che metta al centro il bene comune, parola antica e desunta, che deve riacquistare il suo valore più autentico e profondo perché è il bene comune che dà un senso al nostro stare assieme.
Sappiamo che la Politica è l’arte del possibile e l’arte del possibile può essere nobile solo se non sarà ridotta al più meschino dei possibilismi: la sinistra, se tale, dovrà essere capace di esprimere la protesta dei poveri e la destra invocherà sempre la paura di perdere qualcosa ed assumerà a modello di vita l’egoismo. Compito della Politica sarà quello di coniugare giustizia sociale con diritto di godere dei frutti dei propri beni. Ma sarà un compito arduo. Lo potranno attuare solo politici sapienti, dotati di un forte vigore morale e di sensibilità sociale, che sono i perni su cui dovrebbe girare la cronaca quotidiana che assieme a tutte le altre cronache farà la storia.
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