Dovremmo riflettere sul modo in cui le nuove generazioni vengono messe in relazione con il futuro e il tempo. Che per loro non è più quello della crescita scontata dei beni e dei consumi che ci hanno dal dopoguerra circondato, nemmeno più quello di una crescente sicurezza e di una serie illimitata di stagioni che si proiettano nel futuro e sulla loro progenie, bensì grevemente la distanza che manca ad eventi spesso spiacevoli, che vorrebbero allontanare, ma che incombono nello spazio finito della loro vita.
Quando si paventa un aumento irreversibile della temperatura dell’atmosfera entro metà del secolo, o l’approssimarsi quasi inevitabile di guerre che potrebbero annientare la specie, non parliamo di presagi di “cassandre”, ma di previsioni scientifiche realistiche, inimmaginabili per l’esperienza della mia generazione.
Per fare due esempi, L’orologio dell’apocalisse (doomsday clock), creato dai membri del Bullettin of the Atomic Scientists (BAS), segna mezzanotte meno tre minuti. In confronto allo scorso anno (quando le lancette erano rimaste invariate, segnando meno cinque rispetto al 2013) ci si è avvicinati alla fine del mondo: la mezzanotte, metafora dell’autodistruzione dell’umanità o per un conflitto nucleare, o per il cambiamento climatico fuori controllo, o per l’esaurimento delle risorse rigenerabili dalla natura già dopo otto mesi di un anno solare. Purtroppo i leader mondiali hanno fallito ad agire con la dovuta velocità o in modo necessario per proteggere i cittadini da una potenziale catastrofe.
Secondo gli scienziati “gli sforzi per impedire il riscaldamento della terra sono del tutto insufficienti e gli sforzi per ridurre gli arsenali nucleari mondiali sono in una fase di stallo. Il processo di disarmo è a un punto morto, con gli Stati Uniti, la Russia, la Francia e l’Inghilterra che stanno intraprendendo programmi massicci per modernizzare le loro armi nucleari”.
Non abbattere le emissioni di CO2 significa rendere la biosfera impraticabile per la vita come la conosciamo e ritornare ambientalmente alle condizioni dell’atmosfera, della crosta terrestre e degli oceani in cui si formavano sì i giacimenti fossili, ma non era sbocciata ancora l’umanità. Per il pericolo atomico, la questione oggi non è soltanto che qualcuno “prema il bottone” – e ci sono duemila ordigni nucleari pronti a rispondersi l’un l’altro nel giro di soli dodici minuti! – ma che, per mantenere questi arsenali al sicuro, si richiede tempo, fatica e grande impiego di denaro che non viene distribuito contro le ineguaglianze.
Non dobbiamo andare lontano e rimanere sull’astratto, come se la cosa non ci riguardasse. Nel 2012 il parlamento italiano aveva votato per l’eliminazione degli ordigni atomici, ma oggi sono presenti da settanta a novanta bombe nucleari nelle basi americane di Ghedi ed Aviano. Gli ordigni americani B61 sono in fase di ammodernamento nelle basi militari USA di Italia e Turchia, dove si lavora anche per renderle trasportabili sui nuovi cacciabombardieri entro il 2020.
L’aggiornamento delle testate nucleari B61 è parallelo alla decisione del governo italiano di proseguire, come confermato dal ministro della Difesa Roberta Pinotti, con l’acquisto di novanta aerei militari F35, prodotti dall’azienda statunitense Lockheed Martin, per un costo di trentasei miliardi di euro, inclusa la manutenzione. Una spesa enorme, per le casse del nostro Paese in profonda crisi economica, nell’inquietante prospettiva di poter trasformare le attuali “bombe gravitazionali” in “bombe teleguidate”, sganciabili dai cosiddetti caccia “invisibili” F-35, che si guidano con sistemi “touch screen”, come i nostri telefonini!
Se poi si passa al clima, ci si dovrebbe indignare del fatto che si programmano e impongono inflessibili rientri dal debito monetario a spese della giustizia sociale come nel caso della Grecia (e in buona parte anche in Italia), ma non ci si accorda mai per stabilire che almeno dal prossimo decennio si bloccheranno i profitti delle corporation del carbone, del gas, del petrolio, responsabili per il 60% dei disastri climatici sempre più frequenti dovuti alle emissioni di CO2.
Pericolo di conflitti distruttivi e distruzione della natura sembrerebbero convergere e avvicinare le lancette alla mezzanotte: sta a noi tenerle ferme e magari farle retrocedere ogni anno di più. Ma pace e ambiente sembrano l’ultima priorità anche di un’Europa che si riempie di ipocrisie, proprio quando l’umanità ha bisogno di rispondere oggi, quando abbiamo ancora tempo. Credo che i giovani debbano esigere una responsabilità, perché il loro futuro torni a riempirsi di speranza come lo era stato il nostro solo mezzo secolo fa.
Per i contributi scientifici sui due temi, si veda il sito www.energiafelice.it e l’ultimo lavoro di Stephane Hessel, “Esigete! Un disarmo nucleare totale” (edizioni Ediesse – 2014), che si può ordinare su Internet.
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