È in corso l’inventario dei beni artistici in venti conventi cappuccini della Lombardia, tra cui quello in viale Borri a Varese che ospita dal 1990 l’emittente Radio Missione Francescana e dal 1995 il sito Internet RMFonline. È un obbligo previsto dalla normativa vigente: gli enti che conservano beni culturali sono tenuti a produrre il catalogo delle opere, a inventariarle attraverso schede esaustive, a verificarne lo stato di conservazione, tutelarle e valorizzarle. L’ultimo aggiornamento risaliva agli anni novanta.
Uno dei beni più interessanti conservati a Varese è la pala d’altare della Madonna con Bambino, San Felice da Cantalice e Angeli, di Carlo Francesco Nuvolone, che si trova nella seconda cappella a destra della chiesa di San Francesco d’Assisi annessa al convento dei frati Cappuccini in viale Borri. Si tratta di un quadro “manzoniano” che proviene dalla chiesa dell’Immacolata Concezione del convento di Porta Orientale a Milano, citato ne I Promessi Sposi. L’opera (olio su tela, cm. 225×156) è da poco rientrata dal prestito per la mostra “Venti capolavori per raccontare la carità” al Museo dei Cappuccini di Milano.
Numerosi luoghi e personaggi legano il romanzo alla terza diramazione della Regola di San Francesco, i Cappuccini, che una bolla di Clemente VII riconobbe nel 1528 come nuova famiglia religiosa. Manzoni cita il convento di Pescarenico e quello di Monza, dove Lucia e Agnese vengono portate prima di affidarsi alla monaca Gertrude e, ancora, la chiesa dell’Immacolata Concezione a Milano. La figura di padre Cristoforo ha una funzione importantissima nello sciogliersi della vicenda manzoniana; e poi ci sono i personaggi minori come fra Galdino e il guardiano del convento di Porta Orientale, che consiglia a Renzo di fermarsi in chiesa, cosa che Renzo non fa distratto dai disordini scoppiati in città.
Racconta don Lissander quando Renzo entra a Milano con la lettera per frate Bonaventura: “Dove ora sorge quel bel palazzo con quell’alta loggia, v’era allora, e v’era ancora non sono molti anni, una piazzetta, e in fondo a quella la chiesa e il convento dei cappuccini con quattro grandi olmi dinanzi…. Renzo andò dritto alla porta, ripose in seno il mezzo pane che gli rimaneva, cavò fuori e tenne preparata in mano la lettera e tirò il campanello. S’aperse uno sportello che aveva una grata e vi comparve la faccia del frate portinaio a domandare chi era. “Uno di fuori, che porta al padre Bonaventura una lettera pressante del padre Cristoforo”…
Il convento di Porta Orientale fu fondato nel 1591, cinquantasei anni dopo l’arrivo a Milano dei Cappuccini e dopo che essi avevano prestato servizio al Lazzaretto durante la peste del 1576, la famigerata peste di San Carlo. Fu eretto grazie alle generose offerte dei privati per sdebitarsi con chi si era prodigato durante l’epidemia. Scomparve il 26 aprile 1810 con le soppressioni napoleoniche e il venticinquenne Manzoni fece in tempo a vederlo: la chiesa dell’Immacolata fu demolita e al suo posto sorse il palazzo Saporiti. Alcune opere furono requisite, altre disperse o “salvate” da privati che, appena possibile, le restituirono all’Ordine.
“A Milano conserviamo una stampa che raffigura il convento di Porta Orientale e una formella quattrocentesca del Lazzaretto donata ai frati per ringraziarli del loro spirito di carità – spiega Rosa Giorgi, conservatrice del Museo dei Cappuccini, l’unico museo francescano della Lombardia e autrice dell’inventario in corso a Varese – Alla carità e alla povertà i frati sono sempre rimasti fedeli accettando doni mai a titolo personale. Le opere esprimono la spiritualità, il modo di vivere e l’incontro con la gente dei Cappuccini ed è raro che si tratti di capolavori. È una comunicazione popolare, immediata, non troppo colta e difficile da comprendere: come l’altra pala d’altare in viale Borri di Camillo Kaiser con San Francesco che riceve le stimmate”.
A Varese il cappuccino G. B. Aguggiari utilizzò la dote laica di saper raccogliere le offerte per costruire il Sacro Monte, ma non è una contraddizione con il voto di povertà: “Padre Aguggiari – spiega la Giorgi – tenne ben presente la Regola e rispettò l’impegno della povertà. Predicava e raccoglieva denaro per costruire la Via Sacra, una causa condivisa da tutti; diverso è raccogliere e tenere per sé che sarebbe un comportamento per nulla francescano. A Milano la mensa dei frati sforna ogni giorno tremila pasti caldi per i poveri; e come la mensa offre da mangiare, così il museo dà la possibilità a tutti, senza biglietto d’ingresso, di godere l’arte e le attività didattiche, conferenze e percorsi iconografici”.
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