Due righe all’inizio per dire che sì, la liberazione delle due ragazze – Greta e Vanessa, rapite in Siria alla fine dello scorso mese di luglio – è stata tutto sommato una cosa positiva, ma… i ma e i se, purtroppo si snodano lungo molti articoli per altre duecento, trecento, quattrocento righe per sostenere in qualche caso le ipotesi più strampalate, le contumelie e le volgarità anche (bastava fare un po’ di navigazione su Internet), e addirittura per affermare che le ragazze si sono fatte rapire in combutta con i terroristi e che il pagamento di un (eventuale) riscatto o “contropartita” altro non è stato che il sovvenzionamento (magari pure concordato) del banditismo internazionale. Senza citare, per altro, le fonti di un’illazione del genere, senza dire che non è aperta nessuna inchiesta della magistratura che ha interrogato le due ragazze – coraggiose e inavvedute fin che si vuole – appena hanno rimesso piede in Italia.
Si è letto anche che in un futuro possibile di nuovi sequestri – giustamente allo scopo di non mettere in pericolo altri concittadini e perché ormai il mondo intero è una sorta di grand’Italia degli anni Settanta, quando spadroneggiavano la ‘ndrangheta e l’anonima sarda – si dovrebbe fare il possibile per coinvolgere l’Europa, intesa come Comunità Europea e che se in una malaugurata ipotesi ai sequestrati, o alle sequestrate, venisse tagliata la gola, perché nessun riscatto è stato pagato e nessuna trattativa avviata, al paese e ai famigliari si potrebbe pilatescamente rispondere: ce l’ha chiesto l’Europa.
Nessuno che abbia poi precisato, o indicato, come ci si sarebbe dovuti comportare se, per esempio, la vicenda di Greta e Vanessa fosse finita in modo tragico: si sarebbe dovuto inviare in Siria un telegramma di sdegno? Avremmo intitolato alle due “eroine” una strada o una sala della biblioteca parrocchiale? Si sarebbe dovuto dichiarare una guerra (di difesa)? Si sarebbe chiesto di bombardare le postazioni dei banditi (noi o gli USA o la Francia o l’Europa… ), senza spiegare che la spedizione e i missili sarebbero costati ben più di un riscatto, e con il rischio di nuove incolpevoli vittime?
Vogliamo fare nostro l’incipit di un articolo che la giovane scrittrice Silvia Avallone ha pubblicato sul Corriere della Sera: “Sfido chiunque a rispondere a una domanda come questa: quanto vale la vita di una persona? O come questa: quando è giusto salvarla e quando no? Chiedo se sia possibile usare parole come ‘dipende’ senza tremare o provare vergogna”. I grandi e piccoli esperti da casa loro di rapporti internazionali, comodamente seduti davanti al PC nell’accogliente salotto, vi dovrebbero riflettere un po’ su.
Altri ragionamenti, più seri e responsabili, sono stati fatti a margine di questa drammatica storia, per fortuna a lieto fine. Sul significato della locuzione “organizzazione non governativa”, nel caso delle due ragazze un’organizzazione fondata da loro stesse, con pochi approfondimenti di sicurezza e diplomatici. La locuzione “non governativa” è in un certo senso un po’ ambigua, perché in casi del genere le implicazioni governative a tutela di connazionali – soprattutto nel caso di interventi in zone di guerra o ad altissimo rischio – sono tante, eccome. E non soltanto per i volontari di organizzazioni impegnate nel campo della solidarietà, collaudate e no, ma per i “turisti” in cerca di forti emozioni, per i tecnici e gli operai eventualmente incaricati da ditte che con quei paesi a rischio hanno rapporti di lavoro ed economici, per i giornalisti inviati… Un minimo – solo un minimo – di intesa, di collaborazione e di controllo da parte delle autorità istituzionali e di governo – senza con ciò minare la libertà di ognuno – si può trovare, è anzi più che necessario.
A proposito di Greta e di Vanessa, ancora, si è letto che le due giovani volontarie rapite in piena estate, tra luglio e agosto, erano “monitorate” tramite intercettazioni telefoniche da apparati di sicurezza dello Stato sin dal mese di aprile. Dilettanti mandate volontariamente allo sbaraglio, dunque? Possibile che a nessuno sia venuto in mente di informarle con cautela e discrezione dei rischi che stavano correndo, dei pericoli cui andavano imprudentemente incontro, e magari nel caso specifico di impedirglielo? Le due ragazze sono state usate forse come esca esplorativa?
Da sempre abbiamo pensato a una “diversità” del nostro paese rispetto ad altri. Che il ritrovarsi come italiani all’estero, talvolta in difficoltà, unisce e affratella. La storia di Greta e di Vanessa si è conclusa con la loro salvezza, con il loro ritorno a casa al di là di ogni considerazione opportuna e inopportuna. Ma sul concetto di identità, di appartenenza a un paese onesto e solidale, non egoistico, non prevenuto, non pervaso da bellicosi furori e da malvagità, abbiamo oggi molti dubbi.
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