Meno novanta. Pochi sono ormai i giorni che ci separano dall’apertura di Expo 2015, l’atteso e sospirato evento che a detta dei nostri politici darà il concreto segnale del risveglio e della riscossa nazionale. In realtà, chiunque oggi percorra l’autostrada A8 in direzione Milano non può fare a meno di volgere uno sguardo preoccupato ai cantieri e chiedersi “ma ce la faremo?”. In molti, se non in tutti, prevale sotto sotto un’attesa densa di dubbi e di incertezze piuttosto che un ottimismo sfacciato che sa tanto di forzatura e di imposizione.
Non so ancora se sarò annoverato tra i venti milioni di turisti che si stima visiteranno nei sei mesi d’apertura i padiglioni di Expo 2015. Non ho prenotato né comperato il biglietto fino ad ora, ma con buona probabilità ci andrò. Dopo due anni di continuo, assillante e martellante bombardamento – Expo di qui, Expo di là, in marcia verso l’Expo, eccetera – sarà pressoché impossibile resistere al richiamo delle sirene promozionali, incalzanti e ossessive. Sarò anch’io vittima, come tanti, della pubblicità e del convincimento occulto messo in atto da anni.
Andrò anch’io a vedere il Padiglione Italia accolto dal suo simbolo, l’avveniristico Albero della Vita, spacciato come frutto del genio e della creatività italica; in realtà una scopiazzatura dei Super Trees – gli Alberi Giganti – che sfidano il cielo e la statica nei Gardens By the Bay di Singapore. Un Super Albero versione italica, ben pagato, se è vero che la sola progettazione è stata affidata direttamente – senza cioè gara d’appalto – per due milioni di euro e l’intera struttura finita costerà otto milioni di euro.
Una vera follia, anche perché quest’albero sarà poi trasferito a Brescia a cura e spese della Confindustria locale, che evidentemente, quando vuole, i soldi li trova; sai quante bocche nel mondo si potrebbero nutrire con questi soldi!
E poi mi chiedo: “ma che c’azzecca un albero metallico con luci laser, suoni e ascensori con il tema di Expo, quello impegnativo di “ Nutrire il Pianeta?”. Una pianta artificiale così sta bene solo a Singapore, città del futuro, quasi senza storia, dove tutto è nuovo e proiettato in avanti; ma non c’era proprio nulla di meglio di questo albero super tecnologico per rappresentare al mondo la millenaria storia agreste italica ?
L’impegnativo tema dell’alimentazione era ed è troppo serio per essere ridotto, come sarà, ad una semplice esibizione delle grandeur nazionali con padiglioni costruiti per stupire e per sprecare.
“Nutrire il pianeta” è tema condivisibilissimo, se scelto per focalizzare l’attenzione nei confronti della limitatezza delle risorse alimentari, insufficienti a sfamare il pianeta; non lo è più, se viene spostato, come sembra, verso il più tranquillante ed appagante tema legato alle tradizioni alimentari, all’educazione a una corretta alimentazione per favorire una vita più sana; quel “nutrire il mondo” si sta evolvendo nel “mangiare meglio”, soprattutto nei Paesi che questo possono permetterselo. Da un tema scottante e pesante ci si sposta verso uno più accattivante in termini di attrazione per un pubblico più benestante.
Anche Varese per Expo 2015, nella sua rincorsa all’emulazione e al provincialismo, non si è fatta mancare nulla in termini di grandezza, con le dovute proporzioni, con il capoluogo lombardo. A Milano costruiscono un SuperTree tecnologico; noi avremo Piazza Monte Grappa trasformata in un improponibile Superfrutteto che nelle intenzioni dell’assessorato dovrebbe richiamare le nostre tradizioni bosine.
Ma quali ?, sarebbe legittimo chiedersi.
“Varese: un cantiere di idee ed esperienze per Expo”: hanno riportato i mass media riprendendo dichiarazioni dei nostri politici locali; soldi e finanziamenti a pioggia, accontentando ora l’uno ora l’altro. Tutto ormai sembra essere fatto, progettato ed attuato nel nome magico di Expo,una sorta di Bancomat gratuito che dispensa soldi per tutti e per tutto. Una corsa ad accaparrarsi finanziamenti; non importa per cosa; l’importante sembra prenderseli, questi soldi, e battere sul tempo gli altri Comuni o Province. Contributi per eventi culturali, per convegni su “le donne ed Expo”, per serate su “wellness ed Expo”, su “bambini ed Expo” eccetera. Ben quattro progetti sui venti finanziati dalla Regione sono andati alla Provincia di Varese. Un vero primato ha sottolineato l’Assessore regionale alla cultura Cappellini. E ci credo: al Pirellone tutti i posti di comando sono occupati da varesini o varesotti; logico che abbiano avuto un occhio di riguardo per il loro bacino elettorale. Arrivano i soldi; ci si inventerà poi come spenderli e – dico io – scialacquarli.
E così, Varese avrà se non il suo SuperTree almeno il suo Supervigneto. Dove? Nella centrale e fascistissima Piazza Monte Grappa; sì, proprio quella in perfetto stile razionalista piacentiniano che sarà, nelle sue rigorose linearità, rovinata per sei mesi dalla presenza di un bel vigneto e meleto, dove certo non mancheranno – e come non potevano esserci! – anche i gelsi, assurti, poverini, a simboli inconsapevoli delle nostre tradizioni lombarde. Su di un lato della piazza un futurista gazebo in vetro ed acciaio fungerà da infopoint Expo per i turisti cinesi che naturalmente affolleranno i nostri alberghi e sarà abbracciato da vigne allevate a pergola, manco fossimo in Val di Non. Tanto per un cinese essere a Varese, nel Trentino o nelle Langhe non cambia molto, sempre in Italia siamo!
Sull’altro lato verso Corso Matteotti, la piazza sarà nascosta e spezzata dal filare di un frutteto – diciotto alberi – di peri e meli; mentre su Via Carrobbio i turisti, che immaginiamo accorreranno a frotte a Varese per ammirare questo capolavoro paesaggistico, saranno “deliziati” dalla fioritura di papaveri, frammisti a peri potati a spalliera (sic!) e gelsi per l’allevamento dei bachi da seta.
Se la genialata non costasse una fortuna, potrebbe pure scappare ai sempre pragmatici varesini un sorriso come nel film “Il capitale umano” di Virzì alle parole dell’immaginario assessore leghista che proponeva il Coro tradizionale della Valcuvia come serata inaugurale della stagione teatrale.
Ma anziché rovinare ulteriormente Piazza Monte Grappa con quest’opera effimera da strapaese non sarebbe stato meglio impiegare i finanziamenti per realizzare qualcosa di definitivo e permanente per la nostra città in grado di accogliere veramente i turisti con l’immagine dei nostri giardini, dei nostri parchi, delle nostre bellezze naturali? Perché nessuno ha pensato a rendere accoglienti con spazi fioriti e verdi non temporanei le zone in cui i potenziali turisti arrivano materialmente, ad esempio le stazioni o l’ingresso dall’autostrada, oggi pessimi biglietti da visita per una città che pretende di chiamarsi “giardino”?
Per sei mesi invece ci ritroveremo con questa “opera d’arte paesaggistica” incongrua, inopportuna e temporanea. Uno sperpero di denaro pubblico dimenticando che questi finanziamenti sono però sempre e comunque soldi nostri.
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