Da ragazzo rubavo ciliegie,
senza paura salivo sulla pianta,
con gli amici era una sfida,
divertimento altrimenti negato.
Attenti eravamo e scaltri,
quell’uomo stava a vigilare;
ma nulla ci impediva
l’avventura ritentare.
I ragazzi sono uguali,
la gente diceva;
perché nel loro giardino
c’è ogni bendidio?
Famiglie di livello agiato,
ai figli le scarpe del pallone,
noi, lasciati gli zoccoli,
a piedi nudi giocare.
Non è giusto, insistevo;
mia madre mi sgridava,
mio padre sorrideva,
in fondo mi dava ragione.
In chiesa si diceva:
tutto è dono di Dio,
il mondo un giardino
creato per noi.
Fatto adulto osservo:
nulla è cambiato,
i poveri rimangono tali,
i ricchi nel loro star bene.
Se i miseri si ribellano,
sono pronti i gendarmi,
l’ordine sociale
non si può sovvertire.
Costretti a migrare,
a lasciare cose care,
avventure, rischi nel mare
per tutti, donne e bambini.
Lavoro per i grandi,
un pane per tutti,
un tetto per riparo:
il sogno si avvera?
Ma il giardino resta chiuso,
le ciliegie sono riservate,
entrare è pericoloso;
neppure gli zoccoli ai piedi.
In chiesa ancora si dice
che il mondo è un giardino
per tutti dal buon Dio creato.
Dove sta l’ipocrisia?
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