Drammatico lo sconcerto che prende il cuore dell’uomo, così detto “comune”, di fronte alle grandi disgrazie che l’umanità è capace di infliggersi. All’inizio del romanzo di Gabriel García Márquez dal titolo “Dell’amore e di altri demoni” si parla dell’arrivo nel porto della città, dove si svolge l’azione, di galeoni carichi di schiavi, che in pochi giorni vengono venduti al mercato come poveri animali. Inevitabile meditare sulle grandi pene che noi bianchi abbiamo imposto per secoli ai popoli africani.
In seguito la schiavitù fu abolita, ma forse è più giusto dire che sembrò abolita: proseguì per molto tempo in modo clandestino e sempre più pericoloso per le vittime.
Anche nel passato più remoto il continente africano aveva fornito schiavi: nell’antica Roma c’erano schiavi africani. Nel Medio Oriente erano numerosi! Catturati nel sud Sahara venivano fatti giungere negli emirati con estenuanti marce nel deserto. La schiavitù fu sempre diffusa nell’umanità: i vinti erano “preda di guerra”. Il popolo ebreo anche lui la praticava, ma nell’anno giubilare l’affrancava. “…Come noi rimettiamo ai nostri debitori …” recita la preghiera; il concetto sembra nascere da lì. Il debitore era ridotto in schiavitù, lui e suoi figli, ma una speranza di riscatto c’era.
Ai nostri giorni la schiavitù si ripresenta con nuove metodiche non meno crudeli di quelle di un tempo: la più eclatante e drammatica è rappresentata dalle migliaia di poveracci caricati su navigli inadeguati, che sono troppo spesso causa di morte. Si potrebbe concludere che ai nostri giorni si fanno pagare cifre esorbitanti per morire nella disperazione. Non sappiamo ( o non vogliamo?) fermare l’operato di strozzini, organizzati in strutture che sanno ben approfittare della situazione globale odierna e spostare agilmente i centri di sfruttamento delle vittime, mentre la cosi detta “legalità dei governi nazionali” resta intralciata dalle loro burocrazie e chiusa nei loro piccoli confini geografici e intellettivi.
Questi moderni schiavi carichi di speranza abbandonano le loro terre africane per venire in Europa, abbagliati dall’idea di una esistenza lontana dalla miseria, ma come escono dal villaggio incomincia il loro sfruttamento. Sono deboli, indifesi, umiliati, con distruzione completa della loro dignità. Non è solo la miseria che li spinge nelle braccia degli schiavisti. Rivoluzioni, guerre, persecuzioni religiose, violenze di ogni genere ne diventano la causa. Non arrivano più incatenati, ma più pericolosamente minacciati da kalashnikov o da altri ammennicoli che provocano facilmente la morte. Non più rinchiusi in lugubri fortezze prima d’essere imbarcati, ma in altrettanto dolorosi campi di concentramento dove fame, sete, violenze –specialmente nei confronti di donne e bambini – non mancano.
A queste forzate migrazioni del continente africano si aggiunge ora il grandioso esodo insanguinato dalla Siria, reso più drammatico dalla modalità escogitata dai criminali strozzini: l’uso di navi fatiscenti che possono caricare grandi numeri e vengono abbandonate poi al pilota automatico nella navigazione senza più equipaggio. Le probabilità d’immense tragedie sono altissime. Il problema investe in modo drammatico l’Europa che annaspa nella ricerca di una soluzione che sembra non saper trovare.
Politici spregiudicati di molti Paesi, ma particolarmente del nostro, populisticamente aggrediscono con i loro farneticanti discorsi questi moderni schiavi, complicando i loro disagi e le loro sofferenze. Facile aggredire le vittime! Perché non se la prendono invece con le organizzazioni criminali internazionali? In questo secondo caso ci vuole più coraggio, quello che è richiesto a chi vuol combattere le mafie.
La chiamiamo civile la nostra società, ma abbiamo schiavi nelle fabbriche (terribili le scoperte in certi capannoni, dove cinesi lavorano con inumani orari). Schiavi nelle campagne dell’Italia meridionale. Ma un po’ tutti siamo schiavi dei privilegi di pochi. Un po’ tutti siamo schiavi dell’arroganza di parecchi politici. In certe università studenti e assistenti schiavi dei “baroni”. E strana la situazione nel mondo del lavoro dove abbiamo lavoratori schiavi dei datori, ma anche questi talvolta schiavizzati dai sindacati.
Sconcertante l’incapacità dell’uomo di comprendere il messaggio d’amore sbocciato nel pensiero dell’umanità duemila anni fa. Immenso il grido di dolore di questa povera umanità.
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