Il rientro a casa di Greta e Vanessa, consente di parlare con maggiore libertà e serenità della loro vicenda. Due giovani donne che hanno convogliato l’entusiasmo tipico dell’età in scelte di vita che, personalmente, definisco coraggiose, serie ed impegnate. Altri potrebbero dissentire ma ciò non toglie che siamo di fronte a due donne che hanno dato un senso alla propria vita.
La storia, anche quella con la esse maiuscola, ci insegna che tante lotte, rivoluzioni, cambiamenti epocali hanno fatto leva proprio sulla decisione di ragazze e ragazzi di mettersi in gioco fino in fondo. Qualcuno l’ha chiamata incoscienza. Può darsi, ma questo giudizio merita di essere preceduto sulla scala dei valori dal fatto che Greta e Vanessa hanno letto i segni dei tempi, hanno colto la tragedia di un popolo e, con le armi pacifiche della voglia di solidarietà, hanno messo dietro le spalle timori e paure e forse anche le preoccupazioni che persone loro vicine non avevano taciuto e nascosto.
Il fiato sospeso circa la loro sorte ha abbassato i toni delle polemiche estive, che non hanno avuto limiti alla dignità. La frase angusta e riduttiva, nonché insulsa circa il fatto che “avrebbero fatto meglio a stare a casa a giocare con la Barbie”, si è scagliata con tutta la forza distruttiva del perbenismo sul dramma delle loro famiglie e prima ancora delle loro giovani persone. Non c’è Barbie che tenga di fronte al coraggio, all’impegno, al senso civico di appartenenza al mondo oltre che ai ristretti confini locali. Non c’è paragone possibile tra la voglia di essere donne che muovono i passi anche nell’incertezza più grande e quella di starsene comodamente alla finestra del mondo a guardarlo vivere, nel bene e nel male.
Quando rinnoviamo la memoria della guerra partigiana che ha dato a tutti noi concretezza al sogno collettivo di libertà e democrazia, pensiamo che a combattere sulle nostre montagne c’erano tantissimi giovani. La stessa guerra risorgimentale ha lasciato sul campo ragazzi che non hanno esitato a dare la vita per l’unità di questo paese.
Noi tutti siamo figli ed eredi del coraggio giovanile, dell’entusiasmo che ha guardato lontano con occhi aperti, spalancati sul futuro. Noi tutti dobbiamo in qualche modo un grazie ai vent’anni di tanti figli che non hanno avuto domani e di tante madri che li hanno pianti.
Greta e Vanessa sono tornate e, con la fatica addosso, nel cuore, nella memoria e negli occhi, hanno chiesto scusa alle loro famiglie e a noi Italiani. Scusa della preoccupazione, dell’impegno chiesto a tutti coloro che si sono adoperati per liberarle.
Scusate voi, ragazze, per le tante parole di troppo, espresse mentre eravate nella paura e nella fatica. Scusate voi perché siamo stati inermi, in questi mesi, e certamente molti giorni saranno passati senza che il pensiero corresse alla vostra solitudine incerta, presi come siamo stati da altro.
“C’è un popolo che soffre” ancora ci state dicendo… Scusate voi per ogni volta in cui questo nuovo, accorato appello, lanciato ora con un filo di voce, si spegnerà sotto la voce più forte di altre questioni. Scusate per tutte le volte in cui ci dimenticheremo che c’è quel popolo che soffre e altri popoli che soffrono e tanti bimbi che muoiono in ogni parte del mondo e tanta gente che deve lasciare la propria terra. Scusate voi.
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