Continua il confronto, la manifestazione di opinioni diverse sul destino e i compiti da affidare alla nostra piazza della Repubblica. Un frettoloso masterplan nato dalla conferma del vincolo esistente sull’edificio storico della caserma ottocentesca, che ha impedito la sua demolizione, propone una nuova sede per la biblioteca comunale (o altro al suo interno), un nuovo teatro, una nuova immagine di piazza valorizzata anche da nuovi condomini nell’area dell’attuale edificio sede dell’Università.
Tra l’altro è apparso ‘logico’ agli estensori del masterplan la demolizione della sede attuale del Rettorato per dare alla piazza il rinnovamento desiderato.
Cosa conta infatti la storia di questo edificio, la sua immagine di architettura dignitosa e significativa, il ruolo che per decenni ha svolto di Centro educativo, a fronte della novità/attualità di nuove edificazioni da erigere al suo posto? La sua immagine che caratterizza la piazza attuale, i suoi interni eleganti e ariosi, possono benissimo essere sacrificati, con vantaggio, agli attuali interessi immobiliari.
La biblioteca. Come potrà essere inserita nella ex Caserma? Convenientemente più lontana da quella che un tempo veniva definita Città-studi? Con spazi sufficienti o facilmente ricavabili per l’archivio libri che era stato realizzato con un impegnativo scavo sotto una parte del giardino pubblico?
La piazza avrà poi un nuovo teatro. Ho obiettato che pensare ancora oggi a un teatro alla ‘settecentesca’ cioè come luogo destinato prevalentemente allo spettacolo e non anche articolato per l’approfondimento e il confronto culturale che richiederebbe ben altri spazi di quelli offerti dalla piazza e ben altro valore di immagine per la più grande Città reale, sia sostanzialmente una rinuncia non accettabile. Ma il finanziamento promesso sarà disponibile. Varese potrà ripartire, finalmente. Nonostante le perplessità, la nostra responsabilità verso chi riceverà da noi questa città.
Da alcuni decenni, anche come amministratore pubblico, ho avuto modo di capire e approfondirne altri problemi. Ho più volte richiamato le proposte di notevole intelligenza e respiro che agli inizi degli anni ’90 (ero allora vicepresidente della Commissione urbanistica) avevano avanzato i redattori del Piano regolatore con approfonditi studi sulla città reale varesina e sul suo ruolo possibile culturale, sociale, economico nell’area prealpina.
Tutto questo è stato dimenticato anche dal recente PGT. Varese è oggi bloccata certo non dal destino possibile e ragionevole proponibile per piazza della Repubblica, ma perché non è consapevole della sua responsabilità di iniziativa nel territorio prealpino che le compete, insieme alle altre comunità vicine disperse e disorientate.
Il mio amico Mario Botta alcuni giorni fa riprendeva l’esperienza di progetto sua e degli allievi dell’Accademia di Mendrisio, con le proposte avanzate per la piazza e lamentava il vincolo esistente sulla Caserma del 1866.
Ma, fotografato nel gruppo che inaugurava la collocazione della scultura di Tomaino sul viale Europa, mi sollecitava indirettamente una considerazione sui problemi riorganizzativi della città e su un ingresso di qualità che forse la scultura suggerisce.
È possibile, infatti, che si continui ad accettare il violento inserimento nella città del traffico proveniente dall’autostrada come, con ben altra intensità, nel lontano 1923? È possibile affidarsi alla creazione di una ‘rotonda’ tra via Magenta e viale Tamagno per risolvere il problema? O bisogna rapidamente collegare l’autostrada con viale Europa contestualmente all’intervento previsto nell’area ex-Malerba?
Non è sufficiente infatti la ‘bretellina’ verso via Gasparotto. Varese è ormai aggirabile e accessibile in vari punti dai percorsi già realizzati. Dalla tangenziale est e da viale Europa e viale Chiara che in particolare possono assumere, con le necessarie e ampie percorrenze pedonali che il progetto iniziale prevedeva, un carattere qualificato di accoglienza nella città.
Ancora una volta mi preme ricordare le altre proposte qualificanti dei redattori del PRG anni ’90. La necessità, da vent’anni trascurata, di coordinamento e modernizzazione del servizio ferroviario per la mobilità cittadina, con ipotesi di nuovi punti di fermata periferici, con una seria considerazione della proposta allora avanzata di un asse tramviario moderno da Bizzozero a Masnago.
Sono forse questi temi che possono essere affrontati con realismo, sbloccando finalmente una situazione ormai insostenibile. Considerando questa città con la necessaria più ampia visione strategica che ci chiede, nella speranza di recupero della sua bellezza, che si fonda sulla sua storia e sul suo paesaggio, che si estende oltre la nostra cara piazza.
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