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In Confidenza

LA PAZIENZA VINCE

Don ERMINIO VILLA - 16/01/2015

pazienzaGià le prime mosse della vita pubblica di Gesù imprimono un dinamismo alla sua attività missionaria. Lo vediamo in fila, in mezzo agli altri peccatori per il battesimo. Si immerge e risale, nel senso che scende nel profondo dell’acqua, tocca il fondo dei nostri peccati, per riaffiorare poi in superficie, dove ci sono aria e luce, e si gustano gioia e pace.

È lo stesso itinerario di ogni conversione: sperimentare l’abisso delle nostre miserie, ma desiderare ardentemente una vita nuova.

Si può dire che in tutta la sua vita pubblica Gesù sia mosso come da una pazienza composta. Come uomo dell’erranza si sposta continuamente per dire che non vuol essere condizionato da nulla e trattenuto da nessuno.

Predica con forza la mitezza e con decisione l’arrendevolezza. Fa apposta a rovesciare la visione comune delle cose: gli ultimi diventano primi, i poveri avranno il regno, gli afflitti sono consolati…

Con la stessa scioltezza predica dappertutto: lungo le strade, nei villaggi, presso le case, in sinagoga, al tempio, in Galilea o al di là del Giordano. Sconfina perfino nei territori pagani. Attraversa più volte da una riva all’altra il lago, concedendosi alle folle che lo cercano e lo accerchiano, perché hanno bisogno di una parola di speranza e di gesti compassionevoli.

Per questo dà l’impressione di impazienza: non si cura della fatica fisica per i ritmi impegnativi delle sue giornate né delle critiche spesso pretestuose che gli piovono addosso, non tiene conto dei rifiuti che riceve come delle rischi che corre. Agisce come uno che sa di non avere molto tempo. È fortemente convinto che non deve “salvare se stesso”, ma “offrire la sua vita” a chi ama. Si consuma per gli altri: dà tutto il proprio tempo e le energie che ha in corpo: spiega le Scritture, insistendo sulla misericordia divina; cura le malattie, guarendo al tempo stesso la sfiducia. Ma proprio nel fare tutto ciò esercita una grande pazienza!

Per chiarire le priorità usa parole veloci e un linguaggio a volte duro. La “spada” che lui è venuto a portare – ad esempio – non uccide nessuno, ma taglia in due lo spazio tra gli offesi e gli offensori, tra gli umili e i violenti, tra i diseredati e i potenti. La scelta (se seguire lui o no) dev’essere pronta, rapida, senza troppe esitazioni, senza tatticismi.

Il “fuoco” che è venuto a portare sulla terra non incenerisce e non divora nulla e nessuno. Semmai purifica e consuma. Così dicasi del battesimo nel quale sarà battezzato: non si tratta, infatti, di una cerimonia formale, ma della donazione di una vita, come sacrificio gradito a Dio.

Anche lui s’è “spazientito” e ha usato parole “fuori misura” quando ha visto da vicino quanti sono indifferenti alla santità della casa di preghiera. Ma così fa capire chi sono i veri destinatari dell’indulgenza e della compassione, e quanto volentieri si presti a dialogare con chi è aperto, senza pregiudizi, testimoniando – sempre e comunque – che la vita va spesa e non conservata, va vissuta e non vezzeggiata. Familiarizzando col suo stile, si capisce che la pazienza di Gesù è in realtà una dimensione attiva.

Dio ha fatto di noi la sua speranza. Lui ha incominciato. Ha sperato che l’ultimo dei peccatori almeno facesse qualcosa per la sua salvezza. Almeno un poco. Lui ha sperato in noi. Sarà mai possibile che noi miseri e peccatori, saremo proprio noi a non sperare in lui? (Charles Péguy).

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