Qualche giorno fa l’Amministrazione comunale ha deciso di rinviare la realizzazione di progetti che avevano sollevato forte opposizione nella città. Dopo la rinuncia a realizzare un autosilo nel parco di Villa Augusta a servizio dell’Ospedale pediatrico che ostinatamente si è voluto realizzare al di fuori dell’area dell’Ospedale di Circolo (con il risultato di deturpazione urbana che dobbiamo oggi subire), sono seguite altre progettazioni contestatissime come il parcheggio in autosilo alla Prima Cappella. Nelle settimane scorse il cosiddetto masterplan per piazza della Repubblica.
Dobbiamo dire che la decisione della Giunta comunale consente alla città la possibilità, finalmente, di ricominciare a ragionare sul suo futuro.
Occorre innanzitutto prendere coscienza della dimensione di questa città, come negli anni ’90 all’avvio della redazione del PRG, si era chiesto di fare. Una città che supera i centocinquantamila abitanti con una estensione territoriale dai caratteri non frazionabili dai quali dipende la sua bellezza e la sua attrattività. Che non può illudersi di proporsi un futuro di rilievo se non attraverso la condivisione e la collaborazione delle comunità locali ormai singolarmente insignificanti.
Il capoluogo avrebbe avuto l’obbligo, il compito che non ha saputo assumersi, di proporre alle altre Amministrazioni locali un confronto per un percorso da compiere, con pari dignità, insieme. L’Amministrazione provinciale a sua volta non ha colto questa necessità.
Questa inerzia ha prodotto la povertà e l’insignificanza della pianificazione urbanistica richiesta dalla legge regionale del 2005 che non ha fatto altro che prendere atto delle tendenze edificatorie in atto, ponendo, certo, limiti e nuove regole, ipotesi di adeguamento di servizi locali. Ma non affrontando strategie complessive per questo territorio prealpino, la sua storia, il suo futuro possibile.
Occorre quindi ripartire dalla necessità di questa consapevolezza.
Può essere anche definito un ruolo ragionevole e possibile per questa area prealpina che una storia anche tragica ha separato cinquecento anni fa dall’attuale Canton Ticino ma che ogni evidenza ci propone oggi con Como interessanti prospettive di collaborazione.
La società Oikos redattrice del PRG individuava nell’area prealpina varesina la possibilità / opportunità di una importante struttura congressuale di rilancio culturale, sociale, economico della città reale. Erede adeguata di una vicenda alberghiera affermatasi tra la seconda metà dell’800 e l’inizio del ‘900, che ancora oggi ci stupisce, che ci ha trasmesso lasciti ai quali non sappiamo ancora dare un ruolo. Connessa con un sistema semi abbandonato di accesso alla nostra montagna più cara.
Il nostro Sacro Monte ci pone in termini evidenti ancora oggi interrogativi che non abbiamo ancora affrontato con la riflessione, la coerenza, la capacità di progetto necessari. Che riguardano anzitutto il problema della mobilità. Alla montagna con grande evidenza, ma anche più estesamente e drammaticamente di generale sevizio alla Città.
Per il Sacro Monte stupisce la mancanza di uno studio specifico che ridia un ruolo ragionevole alla funicolare, al servizio pubblico, al contenimento deciso della veicolarità dei mezzi privati.
Per l’area varesina, nel suo complesso, stupisce anche la mancanza di qualsiasi iniziativa per una seria considerazione del ruolo essenziale del sistema ferroviario per ristrutturare e contenere la mobilità veicolare.
La ex ferrovia dello Stato realizzata negli anni ’60 dell’800 è ancora realtà separata dalla città. Certo si è ancora nell’incredibile lunga attesa del collegamento con Stabio. Ma le connessioni necessarie e possibili con la ex linea delle Nord con una stazione unificata con semplicità, problema ormai da anni trascurato, la necessità di fermate urbane intermedie con caratteri di accessibilità e di sosta veicolare esterna, come oggi sarebbe opportuno presso il Campus universitario di Bizzozero, in viale Valganna domani, non sono state ancora prese in considerazione. Come l’ipotesi connessa di una linea tramviaria moderna tra Bizzozero e Masnago. Come la interessante ipotesi di accesso tramviario verso il nostro Sacro Monte e di connessione con la/le funicolare/i.
Ma ci si è persi con il cosiddetto masterplan, da contestare sostanzialmente, come se questo fosse una storica pensata per un radioso futuro per la nostra città. Che ancora una volta non saprebbe aprirsi al ruolo che le può competere. Con un’offerta di razionalità, di accoglienza, di bellezza.
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