Tristezze. Non solo nello sport, ovviamente. Ma anche.
E poiché tutto sommato, la coincidenza era rigorosamente obbligatoria la cosa si fa più spiacevole.
Insomma che ci sia crisi nell’economia non rende d’obbligo che vacche magre pascolino anche sui verdi – più o meno – campi dello sport. Poiché però, attualmente, il pascolo è mal messo vien spontaneo tornare con la mente ai giorni di Natale e Capodanno festeggiati nel nostro sport quando i motivi per festeggiare erano tanti. Ed erano un po’ tutti i sodalizi locali a considerarsi quasi tenuti ad abbinare la letizia al periodo delle festività invernali.
Festeggiare lo sport o la singola attività sportiva era quasi un dovere e sicuramente un piacere.
E non fu solo l’“epoca Borghi” quella delle riunioni collettive: dirigenti, atleti e quant’altro prendendo l’occasione per abbinare il clima sportivo a quello famigliare. C’era la voglia di stare assieme in un calore generale che rafforzava i legami.
Oggi la cosa non è sparita nel nulla, ma l’intensità del gusto di festeggiare è minore e non solo per lo sparire dei mecenatismi presidenziali ma anche per la necessità (negativa) di considerare queste simpatiche iniziative la cornice di eventi agonisticamente solo positivi. Ne deriva che quando i risultati sono mediocri crolla la voglia di festeggiare. Il che è comprensibile ma discretamente sbagliato.
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