Dopo Adamo miliardi di uomini hanno colto e addentato la prima mela. Già avanti negli anni, me ne sono procurata un’altra nell’ambito del paradiso elettronico. Si presentava ricca di doti e garanzie per un internauta di non eccessive esigenze, desideroso di restare almeno a galla nel turbine del web. Oggi scrittura e comunicazione per efficacia e immediatezza di risultati possono essere paragonate a una telefonata.
Ne deriva che non ho nostalgia degli anni del furibondo pestare sui tasti delle macchine per scrivere, semmai guardo ai ragazzini, fulminei mitraglieri delle tastiere, con l’invidia e l’impaccio di una recluta, per di più consapevole di rimanere tale.
Ho scoperto che anche un eterno allievo è contagiato in misura massiccia dal virus del mondo dei clic quando, poco prima di Natale, il mio computer di presunta avanguardia si è “piantato” per ragioni misteriose facendomi perdere il contatto con una quantità di amici e conoscenti con i quali da anni celebravo, in modo non formale, il rito degli auguri natalizi. Ma era angosciante soprattutto la prospettiva di sospendere le collaborazioni ai giornali per almeno un mese. Credo di aver provato le frustrazioni dei rottamati sino a quando ho pensato al primo computer finito in un sottoscala, dedicato a cose oggi inutili, della vecchissima casa in collina.
Ecco recuperato il mio Mela 1 conservato come ricordo dell’inizio dell’avventura in un mondo lontanissimo da linotype e tipografie. Ecco che ho potuto aggregarmi subito e ancora alla simpatica banda di RMFonline impegnata nella realizzazione del primo numero del 2015.
Non avendo potuto partecipare alle ultime riunioni del gruppo di lavoro non conosco alcune belle “firme” che si sono arruolate negli ultimi tempi: spero che accettino che abbia definito banda la redazione di RMFonline. Per freschezza giovanile ed entusiasmo, a volte il clan di viale Borri lo accosto alla giovane banda partigiana che entrò vittoriosa e sfilò nella città di Alba. Un ingresso festoso, del tutto informale, coinvolgente, raccontato da Beppe Fenoglio che però per sue successive valutazioni venne aspramente criticato. È un fatto che la ricostruzione dell’inizio dell’ingresso dei partigiani sia totalmente aderente alla realtà e, grazie allo scrittore de “I ventitré giorni della città di Alba”, sia pure un incipit degno di attenzione letteraria.
In effetti il nostro giornale è una voce nuova, dirompente, non poco polemica, ma che non offende i colleghi dell’informazione locale, attenta ai diritti e alla libertà di tutta la comunità seguendo percorsi che si rifanno a rapporti con i lettori che risalgono nel tempo.
La efficace diversità di RMFonline sta negli approfondimenti, in una offerta di letture che richiedono valutazioni, che arricchiscono la cultura civica, che possono portare anche a nuovi convincimenti, che hanno infine il pregio di essere espressione di libertà democratica.
Da noi è esemplare la coesistenza non competitiva, ma certamente di servizio alla città, che vede persone di diversa storia puntare sempre al bene comune. Una diversità che riduce i margini di errore, che richiede attenzione, che ha un alto tasso di credibilità. Io guardo a questo nostro piccolo pianeta come a un fenomeno raro nella storia della comunicazione e dell’informazione e come tale lo ritengo un vero dono, ma anche una grande responsabilità.
RMFonline è diventata anche un riferimento per coloro che vogliono importanti mutamenti nella amministrazione della città. Se Varese sarà stata capace di svolte epocali noi avremo il dovere di non mutare metro di giudizio, di stare ancora e sempre dalla parte della collettività, dei suoi interessi morali e materiali.
E saranno anzi un dovere e una vigilanza ancora più attenta, se possibile. Il motivo? È semplice: già oggi non solamente l’Italia del dissesto ci invia segnali non confortanti sui limiti di personaggi che si credeva all’altezza dei compiti loro affidati. Anche a Varese e in Regione ci sono infatti deficit, non da poco, da parte di chi doveva vigilare stando all’opposizione. E gente che ha le stesse responsabilità, per esempio, di coloro che hanno partecipato al massacro di una sanità a Varese costruita nel tempo grazie a imponenti donazioni da parte di privati. Dietro le donazioni c’erano non solo sensibilità sociale e filantropia, ma anche e soprattutto i sacrifici di migliaia di lavoratori che avevano aiutato i loro imprenditori a realizzare imperi economici. Oggi addirittura vengono cancellati o trascurati pilastri e segni di tempi migliori. Perché non vi sono dubbi: sanità, turismo, trasporti, viabilità quando dipendevano da Roma sempre risposero alle esigenze delle nostre comunità.
La Regione molto ci ha tolto. E ci dicevano che Roma era ladrona. Che facce di tolla:
verdi, azzurri, ex neri e pseudoclericali di Lombardia.
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