Ritorna l’Ultimo dell’anno solidale: partito dall’idea di un gruppo di volontari con la collaborazione di commercianti e qualche centro della grande distribuzione, il cenone varesino del 31 dicembre ha da diversi anni il colore dell’internazionalità e il gusto della condivisione. Ogni anno lo rendono possibile volontari provenienti dai rioni cittadini, ma anche dalla provincia e da comuni del milanese, comaschi e del vicino Piemonte. Persone che si incontrano e conoscono nel nome della solidarietà, della voglia di fare festa assieme a chi è meno fortunato, è solo o desidera semplicemente dire grazie alla vita in modo diverso dal solito cenone con gli amici di sempre o in qualche locale più o meno esclusivo.
Tutto ciò è reso sostenuto concretamente dalla grande disponibilità di commercianti ormai storicamente “fedeli” a questo appuntamento, tanto da chiedere spontaneamente fin dalle settimane precedenti “di cosa avete bisogno?”. Ma anche qualche centro della grande distribuzione non manca di essere punto di riferimento per fornire la cucina di quanto serve al tradizionale succulento cenone costituito da antipasto, gustosi primi, due secondi con contorni, lenticchie e cotechino, frutta, dolce, spumante. Tanti comuni cittadini, facendo riferimento agli appelli lanciati attraverso i media locali, si rendono disponibili per servire, predisporre la sala, la tombolata con i suoi premi (a loro volta frutto di generosità), risistemare dopo la festa. O semplicemente per fare dono di qualcosa di utile.
Lo scorso anno erano oltre duecentotrenta gli ospiti, compresi decine di volontari, di famiglie e di persone anziane per una serata allietata da musica, danze, cori in varie lingue e condivisione.
Diversi gli ospiti provenienti dalle mense cittadine, cui normalmente chi è nel bisogno afferisce per il pranzo o la cena, ma tante anche le persone che la solitudine, la mancanza di rapporti familiari, le vicende non facili della vita rischierebbero di lasciare a casa, senza affetti e il calore di un momento in cui, si sa, quasi tutti fanno festa.
La macchina organizzativa è partita lo scorso mese di novembre e già numerosi sono coloro che hanno risposto all’invito. Volantini dell’evento sono stati predisposti in diverse lingue (italiano, francese, inglese, arano e russo) perché tutti possano essere informati, anche del menu, sempre rispettoso delle diverse religioni. Il tam tam si avvale della collaborazione dei volontari delle mense, delle parrocchie, delle Caritas locali e dei tanti cittadini sensibili a questa iniziativa.
Anche quest’anno dunque, grazie alla disponibilità dei locali da parte della parrocchia di Giubiano, facilmente raggiungibile anche a piedi, aspetteremo assieme lo scoccare della mezzanotte, in un clima di serena disponibilità a sedere al tavolo con persone prima d’allora sconosciute perché la festa sia anzitutto segnata dal gesto della gratuità. Essere volontari all’Ultimo solidale è infatti soprattutto questo: persone in difficoltà attendono questo momento per avere qualcuno cui raccontare storie della propria semplice esistenza, intessendo magari rapporti di solidarietà che poi proseguono nel tempo.
Per tanti essere a Giubiano all’ultima sera dell’anno significa superare l’incertezza della solitudine e del silenzio attorno. Per altri significa non riferirsi solo alla facile comodità delle abitudini per condividere lo slancio e la novità di nuove conoscenze, sebbene in molti casi essi siano amici di una sera, ritrovati però col passare degli anni allo stesso appuntamento. Per altri, decisamente in difficoltà, vuole dire avere la certezza di un abbondante pasto caldo e di una serata invernale lontana dallo squallore di abitazioni precarie, quando tali abitazioni ci sono.
Varese è anche questa bella rinnovata realtà, alla quale ogni anno in tanti si danno appuntamento. Perché ormai entrata nel comune pensare ed agire.
La palestra parrocchiale di Giubiano, semplicemente ma gioiosamente vestita da salone delle feste, diventa così per una sera un bella piazza cittadina, dove risuonano le tante lingue del quotidiano conversare, dove occhi lucidi per la nostalgia della propria terra si asciugano al cantare di una bella canzone, dove la fatica dell’essere soli si acquieta anche solo per breve tempo.
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