Sarà per questa pioggia fredda e fitta che da due giorni bagna la città, ma grava sopra il Natale di Roma un’aria grama. Per quanto si sforzino, le poche luminarie appese a terrazzi e finestre fanno fatica a filtrare in una nebbia di scandali e disillusioni che per l’ennesima volta si è abbattuta sulla capitale. Ogni giorno giornali e media rovesciano notizie di tangenti pagate, politici corrotti, creste fatte sui fondi per i poveri (addirittura! Ma non c’era un codice etico nella criminalità romana?), braccia rotte e nasi spezzati alla sezione recupero crediti a strozzo.
Tra l’ennesima bustarella e latitanti celebrati re della capitale, la spesa pubblica è al top e i servizi sono al flop. In soli due anni le uscite correnti del Comune sono cresciute di un miliardo di euro: l’ATAC, la municipalizzata di trasporto locale, assorbe la metà del deficit di tutte le aziende italiane di TPL.
Grava sopra la Roma del Natale un’aria grama. Sarà per quella folla di persone che affollano le vie del centro illuminate. Davanti a vetrine del vorrei ma non posso si fermano un attimo, guardano e tirano via. Sfilano, sospirano, occupano quasi militarmente ogni metro quadrato, si spingono sbuffando alla ricerca dell’occasione e del regalo ‘gggiusto‘. Le auto suonano in un traffico come sempre impazzito. Qualcuno si strattona, qualcun altro litiga. Forse non hanno ascoltato Papa Francesco quando alla parrocchia di San Giuseppe ammoniva: “Alla vera gioia di Natale non basta un bel pranzone, che pure è una cosa buona, né il consumismo è la strada migliore per preparare la festa, così che arriviamo in ansia al 24 dicembre dicendo ‘mi manca questo, mi manca quello’. Questa non è la vera gioia cristiana”.
Grava sopra la Roma del Natale un’aria grama. Sarà per quelle periferie sempre più degradate, teatro nelle scorse settimane di scontri tra residenti ed extracomunitari. In brutti, grigi e lunghi palazzoni si alternano storie di vita vissuta. Una guerra tra poveri di qua e di là dal Mediterraneo che non ha ragion d’essere se non nel sottobosco della latitanza comunale. Che negli anni e nelle tante giunte non ha mai pensato ad un progetto di riqualificazione. Bisogna forse andare agli anni di Nicolini per ritrovare qualche brandello d’ idea. E così l’assenza dello Stato diventa il pretesto della lamentela continua. Quella che sposta sempre fuori da sé i termini del problema. Basterebbe qualche io risvegliato per iniziare magari a prendersi cura di un pianerottolo, di un marciapiede, di un parco senza aspettare l’operatore ecologico del Comune che tanto arriverà sempre meno.
Grava sopra il Natale di Roma un’aria grama. Sarà per quello stridente contrasto alla stazione Termini tra le centinaia di viaggiatori affannati con trolley e quelle decine di mendicanti accampati davanti ai finestroni luccicanti uscite da chissà quali cubicoli. Gli altoparlanti annunciano arrivi e partenze di FrecciaRossa mentre a poche decine di metri le colf filippine si assiepano stanche e assonnate sulle banchine in attesa di improbabili bus che le riportino alle loro case in periferia.
Eppure anche quest’anno un trio emarginato e stanco si aggira per le strade della capitale. Cerca riparo. Lei gravida è sfinita per il viaggio. Lui preoccupato come solo un padre di famiglia può esserlo, e un marito che teme di perdere la fiducia della moglie cerca dove alloggiare. Troveranno posto dove capiterà e lei partorirà nell’indifferenza di chi passa accanto, se non per alcuni barboni e netturbini che un Angelo sveglierà. E sarà ancora una volta Natale. Anche a Roma. Nel sudicio della trasandatezza, nella sporcizia del crimine, nella distrazione dell’amministrazione pubblica.”Perché Dio non è venuto per cancellare la sofferenza. Egli non è venuto neppure per darne la spiegazione. In Cristo egli è venuto per colmarla della sua presenza” (Claudel).
Buon Natale!
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