Ho portato la mia semplice testimonianza di cronista all’incontro, svoltosi al Centro Espositivo Paolo VI, per il trentesimo anniversario dello storico rosario recitato da San Giovanni Paolo percorrendo la Via Sacra. Quel giorno, 2 novembre 1984, lo accompagnò nella preghiera un incalcolabile numero di fedeli accorsi lungo il viale delle cappelle.
Nel recupero alla memoria di quello storico evento non c’è stato reducismo di alcun tipo: tanta serenità, un’onda lunga, quieta, positiva di ricordi sui quali riflettere e da trasmettere, nella forma e nel momento più opportuni, all’intera nostra comunità. Magari accostandoli ad auspici, opinioni, iniziative e progetti di altri cittadini che guardano con tenace speranza a una realtà di fede, artistica e ambientale qual è il Sacro Monte
Dal punto di vista religioso, di un culto secolare, il rosario del Papa oltre a rappresentare un momento storico, una tappa dell’amore o del rispetto della città per la sua Madonna, oggi può offrire occasione di meditazione e venerazione anche per essere stato luogo di riferimento e preghiera di santi come Carlo Borromeo, Giovanni Paolo II, del beato e prossimo santo Paolo VI che come arcivescovo di Milano, venne più volte a pregare al santuario. Ad accompagnarlo era il suo segretario, monsignor Pasquale Macchi.
Rispettando la tradizione, forse non la storia, non si può dimenticare Sant’Ambrogio come colui che volle sulla nostra montagna il primo edificio sacro in onore della Vergine.
Insomma abbiamo uno straordinario poker di grandi pastori che davvero rappresentano un notevole e nuovo motivo di interesse e di culto per il nostro Santuario di Santa Maria del Monte.
Durante l’incontro al Centro Espositivo inquadrando il grande avvenimento varesino del 1984 sono andato un poco fuori tema. Non potevo infatti ignorare la presenza di un sindaco e di una Giunta bene accettati dalla popolazione e che collaborarono con impegno con don Macchi che, come arciprete in carica di Santa Maria del Monte, aveva portato alla ribalta nazionale la chiesa varesina appunto rilanciando il santuario e la via Sacra. Il sindaco Gibilisco conferendo la cittadinanza onoraria a Guttuso chiudeva una stagione culturale intensa avviata da don Macchi con la commessa dell’affresco-shock della Fuga in Egitto alla Terza Cappella al pittore siciliano, che da decenni trascorreva periodi di riposo e lavoro a Velate.
Il “fuori tema ” l’ho fatto ricordando che con il termine del suo secondo mandato, nel 1985, sarebbe uscito di scena il sindaco Gibilisco e che con lui si sarebbe conclusa la più bella parabola storica della nostra città, iniziatasi con sindaco Lino Oldrini alla fine degli Anni 50.
Davvero una epopea politica, economica, sportiva, scritta con intelligenza e misura anche dalle opposizioni: furono infatti i tempi in cui si costruiva anche con i “no”, si aveva più rispetto per gli elettori, per i ruoli e le responsabilità assunte.
Negli anni che seguirono l’uscita di Gibilisco, che fu buon sindaco, la partitocrazia nazionale e la sua avidità di denaro approdarono anche a Varese. Tangentopoli e la fine della Prima Repubblica furono solo le prime tappe di un declino nazionale che ci ha portato ai pesantissimi giorni nostri.
A Varese l’era leghista ha visto tanta simpatia per un sindaco giovane come Raimondo Fassa e, in tempi recenti, in qualche occasione – c’ero pure io – avendo forse eccessive pretese nei confronti del più esperto Attilio Fontana. Abbiamo sbagliato anche non indicandogli i garantiti esempi di efficienza offerti dai suoi colleghi di Roma, Napoli, Milano e Genova.
Buon Natale e Buon Anno a tutti !
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