Dopo lo scrollone politico-amministrativo che ha terremotato la Giunta Comunale di Varese sembra ora giunto il momento degli assestamenti, favoriti dal vicino Natale che da sempre invita a buoni propositi. O meglio a… lasciateci mangiare il pace il classico panettone.
Non cose da poco quelle che sono successe a Varese nell’arco temporale di qualche settimana. Un vicesindaco licenziato sui due piedi per l’editto pronunciato a Milano dal nuovo capo della Lega, Salvini, (con piena soddisfazione degli alleati di Forza Italia). Poi l’allontanamento di un assessore, pure da soli pochi giorni irrobustito da una importante delega ai lavori pubblici, il querulo cinguettante neofascista. Con via libera concesso addirittura dalla capessa del suo stesso partito (in questo caso con piena soddisfazione dell’alleato leghista). Nell’intervallo: un vice sindaco nominato per qualche giorno, come una domestica ad ore, giri di poltrone e strapuntini tra le varie anime del centrodestra comunale; no tu non entri in Giunta altrimenti il tuo posto in Consiglio lo occuperà un tale oggi non più dei “nostri”; un nuovo vicesindaco, a suo tempo competitore di Fontana come aspirante sindaco ed infine, un nuovo assessore, giovane, sicuramente di buona destra, con importanti esperienze nel settore della ristorazione. Una piccante commedia alla francese, dalle continue porte girevoli.
Insomma cose non di poco conto che però hanno avuto un fuggevole riscontro in Consiglio Comunale come se nulla fosse successo. Come se nessun cambiamento di indirizzo amministrativo fosse da considerarsi. Eppure il nuovo vice sindaco al quale ora spetta la responsabilità delle grandi opere cittadine è la stessa persona che poco tempo fa aveva sprezzantemente bocciato il nuovo Piano di Governo del Territorio dichiarando che “il suo cavallo l’avrebbe fatto meglio”! Misteri della grande politica.
Chi da tutta questa disdicevole vicenda ne esce politicamente ammaccato è di sicuro il Sindaco Attilio Fontana. Ha eseguito gli ordini che gli venivano dalle segreterie di partito mettendosi per due volte sull’attenti battendo rumorosamente i tacchi. Era proprio indispensabile che lo facesse? Nella vicina Busto Arsizio il sindaco forzista Luigi Farioli ha difeso ben diversamente la sua autonomia rifiutandosi di allontanare un assessore passato al nuovo Centro Destra. Per di più la legge stava tutta dalla parte di Fontana. Tanto per essere precisi quella spesso richiamata riforma Bassanini, per certi aspetti vituperata per avere tolto competenze ai Consigli Comunali, che di converso ha affidato ai Sindaci, eletti direttamente dai cittadini, poteri ampissimi. Tra questi la scelta diretta degli Assessori anche tra persone esterne al Consiglio favorendo (almeno nelle intenzioni) la formazione di Giunte maggiormente qualificate, dando loro continuità, evitando mercanteggiamenti delle segreterie di partito con maggioranze va e vieni all’interno del Consiglio. Evidentemente Fontana che poco prima aveva accettato il diktat del proprio capo leghista non poteva che ripetersi davanti al “caldo invito” forzista. Un Sindaco che è stato più attento ai richiami partitici extra consiliari che alla funzionalità della sua Giunta e, in definitiva, degli interessi più generali dei cittadini amministrati.
Ora la Giunta Fontana, stimolata continuamente da Milano dall’infaticabile Roberto Maroni con promesse di iniezioni milionarie di euro, pare voglia rimboccarsi le maniche per presentarsi alle prossime elezioni con qualche opera pubblica che faccia dimenticare anni di inconsistenti risultati per la città di Varese. Anni, tanto per capirci, caratterizzati soltanto da numerosi magnifici “accordi di programmi” tra Comune, Provincia e Regione, tutte a trazione leghista. Il più celebrato quello dell’unificazione delle stazioni ferroviarie.
La sistemazione della Piazza della Repubblica con recupero della Caserma Garibaldi e la costruzione del nuovo teatro possono diventare finalmente la grande occasione di riscatto. Evidentemente la Giunta Fontana intende giocarsela bene.
Il tutto dopo tante chiacchiere, idee peregrine di collocare il teatro nella caserma per lasciare spazi alla speculazione edilizia e ricavarne qualche ritorno finanziario. Dopo tanti tira e molla con la Sopraintendenza ai pubblici monumenti che… “ha detto no ma potrebbe dire di sì… ha detto sì, ma aspetta una ben altra soluzione”… forse ci siamo. Fontana e la sua maggioranza hanno cambiato parere, abbandonando in parte la discutibile visione utilitaristico-finanziaria. Una volta tanto sono state ascoltate le voci della città, raccolte dal PD con questionari, gazebo, convegni e, modestamente, espresse anche da noi da queste pagine. Una soluzione che pare abbia messo tutti d’accordo: biblioteca comunale, centro culturale e servizi amministrativi da collocarsi nella ex caserma e nuovo teatro da costruirsi sullo stesso sedime di quello posticcio attuale. Come d’incanto anche le mura della Caserma, date di imminente crollo, si sono irrobustite. È bastato qualche tirante e quasi d’incanto la via Spinelli è stata riaperta alla circolazione.
Occorrerà però fare chiarezza sulla sistemazione generale della piazza e sopratutto sulla destinazione dell’area dell’ex Collegio Sant Ambrogio. Una questione delicata perché al punto in cui stanno le cose si tratterebbe dell’unica opportunità da lasciarsi all’iniziativa privata dalla quale ricavare quei finanziamenti necessari al completamento di tutto il piano.
Qui le carte sono in mano a centrosinistra e NCD, “liquidatori” della vecchia Provincia proprietaria degli immobili del Sant’Ambrogio ancora occupati dall’Università. Speriamo che queste carte vengano giocate con intelligenza anche se purtroppo un grosso danno è ormai stato compiuto di recente con l’abbattimento di un’ala dell’istituto con le camere delle collegiali. Una scelta passata sotto silenzio alle spalle dei varesini. Perché non destinare quelle camere, opportunamente ristrutturate, a collegio per gli studenti dell’Insubria? Invece, teste fini, hanno preferito costruire di bel nuovo il collegio universitario con un centinaio di posti letto tra i campi dietro Bizzozero, relegando là gli studenti. Lontani dal centro storico cittadino. Il contrario di quanto è sempre avvenuto in ogni città Universitaria.
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