C’è stato un fiorire negli ultimi anni di pubblicazioni dedicate al territorio varesino e ai suoi personaggi: guide turistiche, libri d’arte e di storia, biografie. Pensiamo ad autori come Giorgio Bianchi, Silvano Colombo, Luigi Ambrosoli, per non dire poi delle molte pubblicazioni riservate al Sacro Monte, che è ormai l’Opera per antonomasia e che da quattro secoli segnala l’eccellenza di Varese rispetto ad altre città e comuni lombardi, magari più carichi di storia, tipo Como o Mantova o Brescia.
È un’impresa nella quale – oltre a quelle tradizionali come la Rivista della Società Storica Varesina e altri libri e Almanacchi – si sono distinti stampatori e editori, su tutti la Lativa e Pietro Macchione. Quest’ultimo, guarda caso un calabrese trapiantato in città da quasi mezzo secolo, arricchisce ogni anno un catalogo di opere già folto con nuove ricerche e interessantissimi studi.
S’è sempre pensato, così, a uno sviluppo culturale e a un “ripensamento” di Varese, non ultima per le sue bellezze e le sue “gemme” tra i luoghi delle Prealpi e della Lombardia. Ma non è stato un fiorire, se mai un rifiorire. Perché concretezza e conoscenza vogliono la presenza già nel passato – e anche in un passato non recentissimo – di libri, più o meno… voluminosi riservati al territorio varesino.
A testimoniarlo vi sono i lavori del Tatto, del Bizzozzero, del Cantù, dell’Adamollo, del Mantegazza, di Antonio e Luigi Maroni, del Giampaolo, di Giovanni Bagaini. In questo ambito si può inserire una pubblicazione più vicina a noi, nonostante celebri ormai ottantatré anni dalla sua prima stampa. Si tratta del libriccino-baedeker “Varese e la sua Provincia”, pubblicato nel 1931 e redatto da due bravi giornalisti dell’epoca, Giannetto Bongiovanni e Mario Rivoire.
Il libro, ormai pressoché introvabile, viene ora riproposto a mo’ di strenna natalizia agli appassionati e ai nostri lettori che lo possono trovare nell’archivio di Rmfonline insieme con altre opere di storico interesse (ricordiamo, tra le altre, “Santa Maria del Monte sopra Varese” – 1933 –, del sacerdote Costantino Del Frate; “Pier Francesco Mazzucchelli detto il Morazzone”, di Giorgio Nicodemi; “Noterelle varesine”, di Federico Della Chiesa).
Il libretto “Varese e la sua provincia”, almeno nell’impianto dei capitoli (la storia, la geologia, l’agricoltura, il folklore…), opportunamente aggiornato, potrebbe benissimo comparire o ricomparire nelle nostre biblioteche. Ma è importante e interessante per un’altra ragione. Esso ci dà un’immagine realistica di com’era Varese a tredici anni dalla fine della prima Guerra mondiale e a nove dall’inizio della seconda. L’indicazione, accanto alla data di pubblicazione, il 1931, come s’è appena accennato, anno IX dell’era fascista, ci porta in un’epoca che con il senno di poi non giudichiamo felice, ma contrassegnata da un più che tragico futuro. Tuttavia, almeno da un punto di vista documentaristico, il libro – piuttosto estraneo alla politica – è di grande interesse. Lo è soprattutto nel “vademecum”, dove vengono riportati i nomi e i riferimenti utili.
Scopriamo nomi ovviamente scomparsi ma che ci riportano a un tempo antico e forse non disprezzabile: l’albergo diurno di via Sacco, l’albergo del Gambero, il ristorante della Funicolare, il caffè Cavour, il Garibaldi, il Principale…
Di particolare interesse, poi, l’annotazione delle vie e della piazze. Il reticolo, anche per quanto riguarda l’intitolazione delle strade, è rimasto pressoché lo stesso. Con le dovute modifiche, ovviamente. Il corso Vittorio Emanuele, per esempio, dove si aprivano i numerosi caffè – i Portici, insomma – è diventato corso Matteotti. La via del Littorio a Masnago, quelle che scende dal centro del paese verso il lago, è diventata subito alla fine della guerra via Amendola, che finisce – curiosa ma confusionaria la circostanza odierna – dove comincia la via Mendola.
La città s’era ingrandita da qualche anno, dopo che erano stati proclamati il distacco da Como e la nuova provincia. Sicché si potevano registrare diverse omonimie, dovute al fatto che s’erano inglobati tutti i rioni circostanti (Santa Maria del Monte e Velate, Sant’Ambrogio Olona, Masnago, Bizzozzero, Bobbiate, Lissago, Capolago, Calcinate…): per esempio: tra Masnago, Bizzozero e Varese esistevano tre vie Garibaldi – la città e i dintorni, checché se ne dica, avevano nel loro DNA il fervore garibaldino – poi opportunamente ridotte a una, quella della “grande città”.
Qualcosa bisogna dirla anche per i due autori, Giannetto Bongiovanni e Mario Rivoire, due penne del quotidiano locale ”Cronaca Prealpina”. Pungente e sarcastico il primo – un’ottima spalla per il direttore-fondatore Giovanni Bagaini con il quale era cresciuto –; coltissimo il secondo (scuola milanese del Corriere della Sera), letterato, storico, autore di romanzi e biografie. Rivoire, oltre tutto, della Cronaca Prealpina era stato anche direttore: dal 25 dicembre 1929 al 19 maggio 1930. Quando il libriccino “Varese e la sua provincia” viene pubblicato, dunque, non lo è più. Ma Varese gli era rimasta per sempre nel cuore, tanto da esserne innamorato e di parlarne, insieme con l’amico Giannetto, come “sorriso di cielo e di laghi, dovizia di monti e di fiumi, verde di valli ubertose, strade aperte su magnifici orizzonti…”.
per scaricare “Varese e la sua provincia” clicca qui
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