Cambiare. 1) L’inqualificabile logorrea dell’assessore varesino Clerici meritava una sola risposta: che il logorroico lasciasse la poltrona politica in cui comodamente sedeva. Tardive le scuse, e risibile l’idea ch’egli si potesse emendare non esternando più su facebook e twitter. Troppo facile sprezzare passato e presente, storia e sacrifici, eroismo e martirio. Il personaggio aveva corretto il tiro: forse sono stato un po’ rozzo a criticare a quel modo (morti viventi, zecche e altro di vergognoso) quelli che han sfilato contro le incursioni neonaziste al San Martino. Un po’? Un po’ tanto. E difatti lo ha scaricato per primo il suo partito, Forza Italia, tramite la coordinatrice provinciale Lara Comi: caro sindaco, caccia pure, se vuoi, il tuo collaboratore di giunta. Non faremo una piega.
Non l’hanno fatta quando finalmente anche la Lega salviniana ha sciolto gl’indugi, seppellendo la storiaccia sotto un tombino di ghisa. Se così non fosse stato, le corresponsabilità amministrative e politiche tra i partiti e l’assessore si sarebbero volte in pericolosa complicità, col rischio d’un effetto valanga sull’intero esecutivo municipale. Fontana in poche settimane ha mandato a casa due assessori, di cui uno vicesindaco: il re dell’avvicendamento. Altro che immobilismo.
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Cambiare. 2) Siamo tutti d’accordo che piazza Repubblica così non va. Ma non tutti su come modificarla. Non lo erano (ora lo sono, dopo l’ultima riunione?) neppure Comune, Regione e Provincia che condividono l’idea del masterplan rinnovativo della zona e non però dettagli importanti. Per esempio che fare dell’area dove oggi insiste l’ex collegio Sant’Ambrogio. Un punto dovrebbe essere fermo, e invece pericolosamente si muove: il non abbattimento della vecchia (vecchia per modo di dire) struttura. Perlomeno ciò che di essa rimane, essendone una parte già stata abbattuta. Quell’edificio ha un significato, un valore, un pregio. Non si piccona a vanvera, allegramente, senza riflettere: il profilo e la funzionalità d’un luogo possono essere modificati senza stravolgerne l’identità. Conserviamo l’ex caserma e buttiamo giù l’ex collegio? Ma che logica è. Che visione. Che strategia. Si capisce la necessità d’offrire ai privati occasioni remunerative, le uniche che consentono la riqualificazione d’un sito pubblico. Ma non si capisce l’opportunità di concederne d’irrazionali, quale sarebbe il via libera alla demolizione delle rosseggianti mura che s’affacciano di fronte al teatro. Cerchiamo di non rendere rosseggianti le coscienze, fin che si è in tempo.
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Cambiare. 3) La via Spinelli ha riaperto, evviva. Ci sono voluti mesi e mesi. Intanto, circolazione caotica, inquinamento alle stelle, il quartiere di Bosto prigioniero del traffico in alcune ore di tutti i giorni. Nessun aiuto dei vigili urbani a rendere lo scorrere dei veicoli più fluido, nessuna risposta alle lamentele degli abitanti, nessun cenno di scusa. Scusa? Un concetto, una parola, un atteggiamento inesistenti nei palazzi del potere. Bisognerebbe innanzitutto scusarsi per avere lasciato andare in malora la povera “Garibaldi”: comprata, negletta, abbandonata. I guai, cui ora bisogna porre riparo tirando fuori altri soldi della municipalità, sono venuti a cascata da quell’errore madornale. Basterebbe da solo a bocciare le due ultime legislature comunali, trascorse senza dar segno non dicasi di memorabili iniziative civiche, ma neppure d’una sufficiente ordinarietà amministrativa. Deriva anche da una tale inadeguatezza la retrocessione costante di Varese nelle classifiche della qualità della vita: l’ultima, elaborata dal Sole 24 Ore, indica un regresso di dieci posizioni rispetto all’anno scorso. Siamo al cinquantaseiesimo posto in Italia, pur disponendo di bellezze paesaggistiche, tesori di arte e storia, potenzialità economiche, risorse umane che chiunque vorrebbe avere. Dunque, di chi è la colpa dell’andatura da gamberi? Ah già: dei soliti disfattisti. Qualunquisti. Complottisti. Che debbano scusarsi loro?
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