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Chiesa

PERDITA D’IDENTITÀ

EDOARDO ZIN - 28/11/2014

NativitaUn’amica scozzese mi ha chiesto di inviarle una decina di biglietti natalizi riproducendo la Natività dei nostri maggiori artisti. Il governo della Scozia infatti, in nome della “laicità”, ha vietato la vendita di “Christmas card” a soggetto religioso.

In Italia, alcuni consigli d’istituto hanno vietato l’allestimento del presepio per lo stesso motivo.

Da un po’ di tempo sembra che ci sia una corsa per cancellare non solo il senso autentico del Natale – memoria di Dio che diventa uomo come noi, per stare con noi, camminare con noi, entrare con noi nella storia di ogni giorno – ma anche lo spirito del Natale fatto di amore, di meraviglia, di stupore, di raccoglimento per lasciare spazio allo scetticismo, alla durezza di cuore, se non alla perfidia.

Si sta perdendo, in tal modo, la nostra identità fondata non solo sul messaggio evangelico, ma anche sul valore dell’uomo, sulla sua storia e sulla sua cultura. Sembra che, se nel secolo scorso i cristiani hanno giocato sul compromesso, nel secolo presente siano chiamati all’eroismo.

Domenica scorsa abbiamo ascoltato Giovanni Battista che c’invitava a raddrizzare i sentieri e a preparare la via al Signore. Luca nel suo Vangelo aggiunge di più: “Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati” (3,1-5). Ci sono i monti e i colli, cioè l’arroganza, la supponenza, l’autosufficienza, la pretesa di imporsi agli altri che sono da abbassare. Ci sono gli abissi vertiginosi di vuoto, di insignificanza, di non senso che occorre riempire con qualche cosa di autentico.

La vita stessa dell’uomo pare esalare l’ultimo respiro. Si può essere non credenti, agnostici ed atei, ma credere nell’uomo. Gesù non ci ha insegnato ad essere “religiosi”, ma ci ha chiamati alla vita. Ogni uomo, infatti, è invitato a partecipare alle gioie e alle sofferenze degli altri, immergendosi nel mondo, senza praticare soverchie forme di ascetismo, ma contemporaneamente senza verniciare il Divino con forme di mondanità e di frivolezze.

Il Natale resta un mistero per i credenti ed invito a vivere i valori più veri per i non credenti. I cristiani non possono perdere la loro identità come i non credenti non possono perdere la fiducia nell’uomo che, senza il cristianesimo, cambierebbe volto. Anche facendo dell’Incarnazione un fatto innocuo, che non disturba e che si manifesta solo nelle pie pratiche, i cristiani perdono la loro identità.

Ripiegandosi sul consumo e sul profitto, essi indeboliscono e rendono fragile il cuore di chi non ha il dono della Fede. L’indifferenza, la mancanza di attenzione, di dialogo, di comprensione, d’intesa, la stessa penuria di gentilezza hanno creato attorno a noi un silenzio profondo che rende fragile il nostro essere uomini. Riducendo il Natale ad una festa esterna, i cristiani non possono testimoniare il loro vivere in mezzo agli uomini che non credono nell’Assoluto.

Quando insegnavo, leggevo ai miei ragazzi un racconto di Dino Buzzati che immaginava un bue ed un asinello che, la notte di Natale, scendevano sulla terra a vedere che cosa fosse rimasto del “loro” Natale. Buzzati faceva dire ai due animali che avevano visto camminare gente frettolosa e frenetica in mezzo ad una città tutta suoni e luminarie, con grandi magazzini affollati e abeti scintillanti, gente indaffarata, carica di pacchi e regali.

È vero. Lo si ripete ormai da anni: Natale è la festa del consumo per eccellenza in cui anche i doni che gli uomini si scambiano diventano non più offerta di amore, di attenzione, di accoglienza, ma provocano angoscia per come contraccambiare, ricerca affannosa per il regalo prestigioso da offrire in cambio, dimenticando che un caldo abbraccio, una carezza sul volto dell’anziano, un “grazie” sincero espresso con un sorriso possono ripagare il dono più bello. “Buon Natale”, – “Felice Natale” – “Molti auguri”: espressioni frettolose e frivole se non accompagnate dal significato del Natale che ci rivoluziona dentro, quello che ci fa essere con Qualcuno.

Don Tonino Bello era solito scrivere agli amici per Natale: “Auguri inquietanti”. Invitava gli amici ad essere impensieriti per la rivoluzione che il Natale deve provocare nella loro interiorità, travagliati per la potenza del Mistero, turbati per la piccolezza estrema di noi vivi a contatto con Dio che entra nella storia.

Non si può cancellare per decreto il Mistero che il mondo seguita a riconoscere almeno per un giorno. Gli auguri che ci scambiamo non avrebbero senso se, stringendoci le mani, non rinnovassimo il patto che ci fa essere fratelli perché figli di un unico Padre.

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