“Amore mio immenso, parto, sarò la tua piccola moglie sorridente, il tuo conforto, il tuo aiuto…”. È un brano tratto dalla lettera conservata nel Fondo Carlo Croce nel Comune di Cassano Valcuvia che la moglie Albertina Seveso scrisse al marito, il colonnello Carlo Croce, un anno prima della storica battaglia sul monte San Martino. Il documento è stato letto dalla ricercatrice Francesca Boldrini durante la cerimonia per ricordare i caduti partigiani che si è tenuta domenica scorsa a Duno in Valcuvia.
Indisponibile per maltempo il Sacrario in cima alla montagna (che all’inizio del mese è stato profanato con una distesa di croci celtiche), la commemorazione del 71° anniversario della battaglia si è tenuta nella chiesa parrocchiale; e per la prima volta ha reso omaggio alla moglie del colonnello che tenne segretamente i contatti con la Resistenza. A lei Croce affidava ordini e messaggi scritti sulle cartine delle sigarette, facilmente ingeribili in caso di pericolo.
Erano presenti il presidente della Provincia Gunnar Vincenzi, l’onorevole Maria Chiara Gadda, la figlia Alda del colonnello Croce, il partigiano del gruppo “Cinque Giornate” Giampiero Somaini (i suoi compagni Carlo Alini, novantotto anni, Biagio Colamonico ed Emilio Ventura erano assenti giustificati), una trentina di sindaci e delegati, consiglieri provinciali, autorità militari, associazioni combattentistiche, l’ANPI delle province di Varese e di Milano e le rappresentanze degli alpini di tutta la provincia. La battaglia ebbe luogo sul monte San Martino il 14 e il 15 novembre 1943 quando duemila soldati tedeschi e repubblichini sferrarono l’attacco con aerei, cannoni, mortai, mitragliatrici e lanciafiamme contro centocinquanta partigiani del gruppo “Cinque Giornate” che non si era arreso dopo l’8 settembre. Lo scontro ebbe un esito tragico, quarantadue partigiani e oltre duecento assalitori morti.
Il colonnello Croce riuscì a sfuggire all’accerchiamento con un manipolo di combattenti, espatriò in Svizzera, rientrò in Italia clandestinamente, fu intercettato all’Alpe del Painale in provincia di Sondrio e ferito in uno scontro a fuoco che gli costò l’amputazione di un braccio, fu catturato, torturato dalle SS e morì infine a Bergamo il 24 luglio 1944. “La vedova – spiega la Boldrini – riposa da ottobre accanto al marito nel Sacrario del San Martino come hanno voluto i figli. Il giorno dell’inaugurazione del complesso monumentale costituito da una cripta e da una stele con pannelli scultorei che rievocano la lotta partigiana sulla vetta del monte San Martino, il 13 ottobre 1963, mia madre, che allora collaborava alla gestione del Rifugio, mi presentò la signora Albertina. Ero una ragazzina di dodici anni e rimasi impressionata dal carisma di questa donna”.
“Ciò che mi colpì maggiormente fu, però, una sua considerazione che, nel tempo, ebbi modo di constatare come vera: le autorità – nella maggior parte dei casi presenti per motivi di rappresentanza – dominavano le celebrazioni togliendo voce e visibilità ai partigiani che anche per quelle persone avevano, consapevolmente e volutamente, messo a repentaglio o sacrificato la loro vita. Questo l’addolorava moltissimo. Fu l’unico nostro incontro poi più nulla fino al 2005 quando conobbi il figlio Alberto con cui rimasi in contatto fino alla sua morte avvenuta il 22 giugno 2014; allorché seppi – circa tre anni fa – che le spoglie della signora Albertina, sepolte nel cimitero milanese di Musocco, sarebbero state riesumate nel settembre del 2014 per raggiunti tempi di concessione cimiteriale, ne parlai con Alberto e suggerii di trasportarle accanto a quelle del marito”.
“Fu così che, quando la Provincia restaurò il Sacrario, fu tenuta libera una celletta accanto a quella del tenente colonnello Carlo Croce. Marito e moglie riposano ora l’uno accanto all’altra, in compagnia dei giovani combattenti del San Martino morti su questa montagna o nei campi di concentramento”.
La storica Francesca Boldrini di Portovaltravaglia, autrice del ritratto di Albertina Seveso, è dal 2011 l’assessore alla cultura nel Comune di Duno e ha dedicato numerosi libri alla storia della formazione partigiana militare “Cinque Giornate” e alla battaglia del San Martino, che aprì di fatto la Resistenza in Italia dopo l’8 settembre. Tra i suoi studi figurano il più volte ristampato “Se non ci ammazza i crucchi… ne avrem da raccontar” e approfondimenti sulle fortificazioni della Linea Cadorna, il percorso storico della comunità di Duno, le tradizioni e la cultura popolare in Valcuvia e la produzione letteraria di Piero Chiara.
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