Mezza Italia sott’acqua, povera gente, loro alluvionati e i politici, tutti naufraghi?
I sindaci non li invidio certo! Pagano le colpe dei predecessori, dei governi, delle Regioni, dei ricorsi al TAR, delle imprese che falliscono. Qualcuno deve stare persino peggio dei suoi alluvionati. Finiscono per essere incolpati di tutto. A Pisapia il Corriere ha contato persino le deiezioni canine non raccolte dai proprietari. Mica le doveva raccogliere lui! Ma ci fa lo stesso una brutta figura! E a Marino hanno beccato qualche multa non pagata.
Consoliamoci. Stanno provando ad annegare Juncker in un mare di fango. Ci si sono messi giornalisti di ventidue paesi, americani in testa. Perché nessuno sapeva che il Lussemburgo fosse un paradiso fiscale!
Torniamo ai sindaci, ma chi ce la può fare a prevedere terremoti, evitare alluvioni, impedire di costruire negli alvei dei fiumi e poi non condonare, raccogliere le deiezioni canine, pagare le multe, non far pagare troppe tasse, costruire una metropolitana in meno di vent’anni, non fermare le processioni davanti alla casa del boss, prevenire l’ebola, evitare le occupazioni abusive delle case popolari ed eventualmente sgomberarle, far arrivare i treni in orario? Vuoi aggiungere qualche altro compito?
No, la realtà supera sempre la fantasia. Il sindaco di Padova ha praticamente dichiarato guerra al Marocco. Perciò, che cosa debbono fare questi poveri politici di adesso, farsi dare un consiglio da qualche ex-sindaco della prima repubblica?
Non è detto che qualcuno non lo abbia fatto, ma vedi, i mali di oggi sono il retaggio della grande involuzione della cosiddetta prima repubblica, quando invece di sviluppare progetti nuovi si pensava solo ad occupare spazi. Creare, per esempio, società pubbliche per avere cariche da distribuire agli amici, per fare voti, per avere più “spazio”.
E dieci anni dopo si privatizzano le stesse società, per venderle agli amici che ti creano altri “spazi”. Come dire che il bene e il male non sono nella formula di governo e nella riforma istituzionale o nella legge elettorale o nella politica economica keynesiana o liberista, ma nella natura del soggetto che fa politica. Se pensa solo a creare “spazi politici”, finisce per svuotarsi di ogni attrattiva. Pensa invece come cambierebbe la vita di un politico se applicasse quello che Papa Francesco nella Evangelii Gaudium chiama “il primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio”.
Non capisco.
Lo spiega così: “( EG 223). Questo principio permette di lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati. Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei piani che il dinamismo della realtà impone. È un invito ad assumere la tensione tra pienezza e limite, assegnando priorità al tempo. Uno dei peccati che a volte si riscontrano nell’attività socio-politica consiste nel privilegiare gli spazi di potere al posto dei tempi dei processi. Dare priorità allo spazio porta a diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione. Significa cristallizzare i processi e pretendere di fermarli. Dare priorità al tempo significa occuparsi di iniziare processi più che di possedere spazi”.
Bello! Però raccontalo ad Alfano, che deve piatire lo sbarramento della legge elettorale sotto il 4% per continuare ad esistere. Senza spazio non ha tempo!
Esatto! Si era illuso di aver conquistato uno spazio strategico tra i due litiganti. Invece, ora è costretto a fare società con l’uno o con l’altro, ma in ogni caso sarà la società del topo col gatto. Al momento di distribuire i dividendi, il gatto se li mangia, insieme col topo. Oggi Alfano è un topino tra due gattoni. Ma per crescere, lui e i suoi dovrebbero generare processi. Non è facile, dovrebbe essere la loro funzione nel governo, spingere in questa direzione Renzi, che un po’ ci sta provando, non vorrebbe fare solo rottamazione.
La rottamazione è quello che sanno fare anche Salvini e Grillo, che aizzano il rancore e il desiderio di vendetta dell’uomo della strada. Nemmeno questo, in fondo, è diverso dall’occupare uno spazio, anche se è lo spazio della non-politica; è piuttosto una negazione del tempo, riprendendo un’espressione di Papa Francesco “è la tentazione di separare prima del tempo il grano dalla zizzania, prodotto di una sfiducia ansiosa ed egocentrica”.
E noi, alluvionati, sindaci, naufraghi della politica, elettori alla deriva?
Stavolta ti ammannisco UNGARETTI: “ALLEGRIA DI NAUFRAGI / E subito riprende / Il viaggio / Come / Dopo il naufragio / Un superstite / Lupo di mare.”
(Prego il lettore di non pensare che abbia dimenticato per pigrizia o distrazione l’attribuzione delle parti e la relativa virgolettatura allo scrivente, a Sebastiano Conformi e a Onirio Desti. Stimato lettore ed elettore, scegli tu la parte che preferisci, perché è di te che si parla.)
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