Alla Pinacoteca cantonale Giovanni Züst di Rancate il 10 ottobre è stata inaugurata la mostra “Doni d’amore – Donne e rituali nel Rinascimento”; una mostra eterogenea, che un po’ si discosta dai percorsi soliti alla Züst: sono in esposizione quadri importanti di pittori rinascimentali di grande livello accanto a una selezione di doni d’amore, oggetti e manufatti che venivano offerti alle donne in occasioni speciali in epoca tardogotica e rinascimentale.
Le famiglie abbienti solevano festeggiare gli avvenimenti fondamentali dell’esistenza femminile, quali fidanzamento, matrimonio e nascita di eredi, con fastose cerimonie; per l’occasione commissionavano pregevoli e costosi manufatti, ricchi di valenze simboliche, da offrire in dono alle donne che assumevano il ruolo di protagoniste uscendo temporaneamente dall’anonima quotidianità dell’ambito domestico in cui erano relegate dalla cultura del tempo.
Il tema dominante del percorso espositivo è dunque la lettura dei significati simbolici dei manufatti realizzati per tali avvenimenti, spesso ritratti nei quadri esposti.
Patricia Lurati, curatrice della mostra, con sensibile competenza, presenta riflessioni di carattere storico-antropologico sulla figura delle fanciulle di famiglie altolocate sulla scorta di quanto ha ritrovato nei documenti e nei libri di ricordi, per le quali l’alternativa era tra il matrimonio combinato e la vita in convento. Nella prima ipotesi, molti rituali segnavano il passaggio dalla soggezione paterna alla soggezione maritale . Il fidanzamento era un patto stretto per irrobustire i legami tra due famiglie potenti, sancito tra il padre e il futuro sposo; a suggello del contrattosi si offrivano doni destinati alla nubenda, preziosi per la qualità dei materiali e per la raffinatezza della lavorazione che ne indicavano l’elevato costo.
Ecco al piano terra della Pinacoteca lo spazio espositivo destinata ai doni per il fidanzamento: forzierini e cofanetti che richiamavano, per la funzione di contenere e custodire, il grembo femminile destinato ad essere ingravidato; all’interno erano posti oggetti da toeletta che simboleggiavano la quotidianità di un contatto col corpo femminile: pettini e valve per specchi in avorio – un prezioso esempio è la valva istoriata con la scena dell’Assalto al castello d’amore — il materiale di tali manufatti alludeva col suo candore e la sua levigatezza all’incarnato femminile; e poi cinture, che simboleggiavano la divisione tra la parte alta razionale del corpo della fanciulla e la parte bassa sede delle pulsioni dei sensi, impreziosite da fibbie artisticamente decorate che solo il futuro sposo poteva sciogliere richiamandosi alla cintura di castità; e anelli detti maninfede che evocavano, per il motivo delle due mani intrecciate, la promessa di matrimonio sancita dalla stretta di mano; e i libricini di rime amorose.
L’esposizione prosegue con i doni di nozze . Il matrimonio era un avvenimento che richiedeva maggiore visibilità: era una cerimonia pubblica che avevano la funzione di comunicare alla cittadinanza l’avvenuta alleanza di carattere politico ed economico tra due casati. La sposa lasciava la casa paterna a cavallo, preceduta un corteo che esibiva i doni nuziali: cassoni di legno dipinti da artisti famosi contenenti il corredo, consistente in lussuose vesti e gioielli, che sarebbero stati posti nella camera nuziale. In mostra si può ammirare un frontone di cassone inedito dipinto e dorato proveniente dal Museo veronese di Castelvecchio, e, tra i pezzi più insoliti di un corredo, un paio di pianelle in cuoio seta e legno con zeppa(!) e piccoli fiori, e un paio di braghesse muliebri, decorate con ricami allusivi.
L’esposizione si conclude nella Sala delle Capriate: il percorso di vita femminile è coronato dalla nascita dell’erede . I festeggiamenti sono duplici in questa circostanza: si è lieti per la buona riuscita del parto che assicura la prosecuzione della stirpe e per l’incolumità della madre, che ha scampato un grave pericolo –il parto era la prima causa di morte delle donne giovani. Tra i doni riservati alla puerpera si possono ammirare un desco da parto bifronte, utilizzato per servire alla puerpera il primo pasto rinvigorente dopo l’estenuante fatica: è in legno con ricche decorazioni in oro, e accanto sono stoviglie in maiolica, scodelle, ongaresche, taglieri da impagliata, decorati con scene di nascita riprese dall’ambito sacro e poi gioielli preziosi come una testa di martora in cristallo di rocca arricchita con smalti e rubini, della collezione Thyssen-Boernemisza. Una leggenda metropolitana del tempo affermava che la martora – venisse ingravidata dall’orecchio e partorisse dalla bocca, per questo l animale era considerato simbolo di purezza e la purezza con l’obbedienza e la fedeltà era considerata virtù muliebre essenziale per una moglie. Tra i libri, preziosissimi al tempo, un trattato medico dedicato al concepimento e al parto e un ricettario ad opera di Bartolomeo Scappi di Dumenza, ritenuto uno dei più importanti cuochi del Rinascimento. In esposizione anche oggetti d’uso quotidiano per i bambini: stoviglie, una culla, un girello, un attrezzo per fare le cialde….
Lungo il percorso espositivo sono esposti dipinti coevi nei quali i pittori hanno raffigurato gioielli, tessuti e manufatti presenti nel percorso espositivo. Spiccano l’elegante Ritratto femminile di Girolamo Mocetto, scelto come immagine guida e posto in copertina al catalogo, la Natività della Vergine in cui Gaudenzio Ferrari ambienta in un interno rinascimentale una sant’Anna cui viene offerto un uovo alla coque subito dopo la nascita di Maria Vergine, una Allegoria dell’amore di Bernardino Licinio, un Ritratto di nobildonna raffigurata con indosso un gioiello a forma di testa di zibellino da Prospero Fontana; una Sacra Famiglia con sant’Anna tela in cui Polidoro da Lanciano dipinge un girello destinato al piccolo Gesù, e un Ritratto di nobildonna incinta con figlioletto di Santi di Tito …
Il ricco catalogo illustrato che accompagna la mostra è completato da puntuali e ampie schede quasi tutte redatte dalla curatrice della mostra, e da saggi monografici di studiose tra cui Jill Bruke e Roberta Bartoli, Alessandra Brambilla e Silvia Valle, che approfondiscono alcune tematiche legate all’universo femminile tra il XIV e il XVI secolo, rendendo il volume opera a sé stante .
La mostra che si dipana su i tre piani della pinacoteca ciascuno ospitante uno dei felici eventi femminili, fidanzamento, nozze, parto, sono valorizzati da un l’allestimento che gioca con materiali poveri, quali vetro e feltro, e fa un uso sapiente dell’elemento cromatico e della luce soffusa, per giungere a risultati di sobria eleganza; il tutto, come confessa l’architetto Zuccolo che ne è stato il curatore, all’insegna dell’utilitas .
Doni d’amore. Donne e rituali nel rinascimento
Pinacoteca Züst, Rancate (Mendrisio), Canton Ticino, Svizzera
12 ottobre 2014 -11 gennaio 2015
martedì – venerdì 09.00-12.00 / 14.00-18.00; sabato, domenica e festivi 10.00-12.00 / 14.00-18.00; chiuso il lunedì
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