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Cultura

APERTURA D’ORIZZONTI

LIVIO GHIRINGHELLI - 31/10/2014

famigliaSi è conclusa la prima fase del Sinodo concernente le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione e concepito allo scopo di leggere i segni dei tempi (era stata anche la preoccupazione principale del Concilio). Presupposto il partire da uno sguardo di misericordia e lungi da ogni moralismo (v. l’Instrumentum laboris del 26 giugno 2014). Un documento preparatorio del novembre del 2013 si affidava a un questionario di trentotto domande rivolto a tutte le Conferenze episcopali per un sondaggio sul campo. Il 20 febbraio scorso il cardinale Walter Kasper ha dato un tono alla discussione con Il Vangelo della famiglia. In base a una sintesi bilanciata delle sfide si è programmato che i frutti saranno ripresi nell’Assemblea generale ordinaria dell’ottobre 2015, dopo di che il Papa prenderà le sue decisioni per una definizione delle controversie. La sua esortazione postsinodale non sarà quindi emanata e diffusa prima del 2016.

Trentatré anni fa Giovanni Paolo II con la Familiaris Consortio aveva ufficializzato l’ultimo documento in materia al termine del Sinodo ordinario del 1980. Ai soliti temi e problemi (ruolo della donna, controllo delle nascite, coppie di fatto, divorziati risposati o no, rapporti sessuali prematrimoniali e fuori dal matrimonio) si sono aggiunte via via più di recente le questioni afferenti alla procreazione assistita, alle coppie omosessuali, agli effetti sulla famiglia delle dinamiche sociali: migrazioni, impoverimento, flessibilità e precarietà del lavoro in crescendo, cambiamenti demografici ad aggravare la crisi stante l’individualismo prevalente nella società, il vivere miope del presente senza progetti di vita duraturi ed equilibrati, l’appagamento (?) generalizzato nei consumi senza il debito riguardo per la crescita nello spirito.

Nella nuova visione della Chiesa, partendo dalle radici della fede, si deve intravedere nella storia un Dio del cammino e dell’amore oltre le angustie del letteralismo e l’inclemenza di certe condanne senza revisione. La religione cristiana è storia, non ideologia. Non si tratta più soltanto di un fortino assediato alle prese con gli assalti della secolarizzazione, ma di infiniti luoghi di incontro con le persone smarrite e assetate di senso. Sono in gioco multiformi esperienze che in forma almeno seminale e parziale offrono accesso e partecipazione al bene relazionale, sociale e personale.

Ormai il linguaggio tradizionale legato al concetto di natura pensato all’interno della società cristiana, proposto come modello compiuto, è messo dai più in discussione e considerato come retaggio del passato. Si è creato un abisso tra la dottrina sul matrimonio e le convinzioni vissute di molti cristiani. La contraccezione si rivela come una scissione fra sessualità e generatività. La procreazione assistita rompe l’identità tra generare ed essere genitore. L’esistenza di innumerevoli coppie di fatto ripropone il problema dell’istituzionalizzazione sociale dei rapporti di coppia. Si sono ricostituite famiglie senza sanzione ufficiale. E di fronte a una umanità ferita si palesano ancora bizantinismi ideologici (non ispirati a una sostanziale fedeltà evangelica) che addolorano. Più che nel perdono talvolta si confida nel farmaco del sacrificio. Non si tratta di negoziare sulla soglia minima, ma di adottare un linguaggio di comprensione sulla via di un cammino di maturazione psicologica e spirituale. Giustamente Papa Francesco ha parlato di una Chiesa da concepire nell’urgenza come ospedale da campo.

Ecco perché nel Sinodo si è detto che va colta la realtà positiva che si individua anche nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze, di una possibile riammissione ai sacramenti per chi segue un cammino penitenziale (caso dei divorziati risposati, secondo la prassi della Chiesa ortodossa), della gradualità della legge nel riorientamento.

È stata chiamata in causa la sofferenza dei figli dei divorziati (il peso del fallimento non deve ricadere su di loro). Ci sono figli di una nuova unione? Anche questo è un bene reale. Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti, ha dichiarato apertura verso il riconoscimento di unioni civili pur distinte dalla famiglia e dal matrimonio fra uomo e donna, ovviamente senza nessuna equiparazione. Si è fatta attenzione speciale anche alla disposizione benigna della Chiesa verso i bambini che vivono con coppie dello stesso sesso. Il cardinale Peter Erdo, relatore generale del Sinodo, ha osservato che le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana. Certo le unioni fra persone dello stesso sesso non possono essere equiparate al matrimonio tra uomo e donna e non vanno negate le problematiche morali.

Di contro sta la posizione tradizionalista di alcuni cardinali (Gerhard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione della dottrina della fede; Carlo Caffarra; Raymond Leo Burke, Walter Branmueller, Velasio De Paolis) e quella di George Pell e Angelo Scola, dell’arcivescovo Cyril Vasil, segretario della Congregazione delle Chiese orientali, preoccupati che si mini alla radice il principio dell’indissolubilità del matrimonio sancita da Cristo. Va comunque rilevato che la dinamica dell’aggiornamento è costitutiva della Chiesa stessa: non può essere eclatante che guardi al mondo, alle famiglie, alle persone con sguardo di carità. Eppure si è fatto presente che non è quasi mai comparsa nella discussione la parola peccato, mentre qualcuno ha esortato a parlare di più e con maggiore enfasi delle coppie fedeli alla dottrina.

Nel voto finale della seconda settimana si è verificato che i due paragrafi concernenti divorziati e risposati (52 e 53) e quello riguardante gli omosessuali (55), pur avendo ottenuto la maggioranza assoluta, ma non quella qualificata dei due terzi richiesti, sono esclusi dal testo definitivo preliminare all’ulteriore discussione. Il Papa ha commentato in merito: si eviti la tentazione dell’irrigidimento ostile sulle proprie posizioni per eccessivo zelo e intellettualismo, ma anche quella del buonismo distruttivo, che fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; non si trasformi il pane in pietra per scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati; si rifugga dalla tentazione di scendere dalla croce per accontentare la gente, infine dal trascurare il depositum fidei, considerandosi non custodi, ma proprietari e padroni.

Altre tappe di elaborazione ci attendono prima delle conclusioni. La fermezza si coniughi con uno slancio d’amore in un confronto libero e aperto.

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