La solennità di tutti i Santi ci pone innanzi una realtà che non vediamo. Lasciateci allora chiudere gli occhi. Ecco immagini e rumori: il verde di un giardino con ogni sorta di pianta e frutti belli a vedersi e buoni da mangiare; silenzio alternato al delicato rumore di una brezza leggera che agita rami e foglie che divengono quasi timpani, arpe e flauti di una improvvisata orchestra obbediente al sapiente Maestro sceso a passeggiare nel giardino. Quando i suoi passi si avvicinano, scandiscono il ritmo di una musica, ed ecco: gente, gente a non finire di ogni tempo e condizione stringersi a Lui a passo di danza, gioia sui loro volti in cui è disegnata una storia, storia di attesa, attesa dell’incontro per il quale ora, sciolti da ogni impaccio di sofferenza e morte, danzano. Danzano armoniosi sulla medesima aria ma le loro movenze narrano storie diverse: c’è lo slancio pieno di vigore ma anche di leggiadria, di chi da sempre ha udito questa melodia di grazia e su di essa ha ritmato i passi terreni; ci sono i passi dolci e timorosi di chi tutto ad un tratto si è trovato immerso in questa armonia di cui inizialmente ignorava i suoni, ma che poi ha riconosciuto come voce leggera che sorreggeva il suo cammino, lo rialzava e lo richiamava per condurlo a questa festa; c’è chi danza tenendosi per mano perché mano nella mano hanno camminato una vita dando ora l’uno ora l’altro il ritmo giusto e l’armonia del passo. E questo strano corpo di ballo, in cui ciascuno porta incise sul volto la sua storia e la sua ricerca, segue il Maestro attraverso il giardino godendo la gioia della comunione e la pienezza della Vita accolta nella gratuità di questi passi di danza incontro al datore di ogni bene, a Colui che ci ha creati e ci ha amati di amore eterno.
Danzano con tutte le forze e con le mani e i piedi scandiscono il tempo così che quella melodia si diffonde sempre più lontano, sempre più lontano… fino a noi perché la gioia sarà piena quando tutti saremo in comunione con loro, tanto che ancora qualche lacrima solca il loro viso e qualche passo vacilla ascoltando il nostro pianto, vedendo il nostro brancolare nel buio della storia. Allora il Maestro si avvicina a loro ad asciugare la lacrima o a sorreggere il passo così che in un sussurro ascolta i nostri gemiti, accoglie le nostre preghiere.
Apriamo gli occhi ed altri giardini ci si presentano alla vista anch’essi colmi di fiori e di sussurri, di volti e di affetto. Sì, perché come sanno capire gli occhi semplici ed incantati dei bambini, i nostri cimiteri sono giardini. Non c’è là una dolce melodia ma forse il gemito del pianto e semi gettati nella terra perché i morti germoglieranno e porteranno frutto per l’infinito amore di Dio, a cui si aggiunge il nostro, che darà a loro – e poi a noi – la vita piena in quel giardino alla brezza del giorno.
Visitando questi nostri giardini tendiamo le orecchie: forse allora, eco della nostalgia dei nostri cari, ci giungerà una dolce melodia che cadenza passi di danza. Tendiamo le orecchie nel nostro dolore, epifania del Regno in cui non sarà più morte, né lutto, né pianto, né lamento. Tendiamo le orecchie perché gli opposti si toccano dacché in un giardino una tomba chiusa e sigillata è stata disserrata ed è rimasta per sempre vuota. Tendiamo le orecchie perché già ora una dolce melodia ci accompagna per farci crescere nella comunione, per attrarci verso un incontro.
E i nostri passi diventino leggeri perché il peso della solitudine, della paura della definitività della morte ci è stato tolto; diventino leggeri per correre incontro al fratello in un anticipo di quella comunione che sarà la nostra gioia eterna. E il nostro camminare segua un tempo, un ritmo che non è quello frenetico di questo mondo; un tempo che sa di eternità perché gusta l’infinito in ogni momento, in ogni sguardo, in ogni parola; un tempo che sa di eternità perché già fin d’ora associato alla danza di tutti i santi tra cui riconosciamo anche i nostri morti.
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