Cari amici di RMFonline,
nella forzata immobilità conseguente ad un penoso incidente, un filo di luce e un motivo di speranza mi sono giunti dall’anticipazione del testo, non ancora delle immagini, dell’ultimo film di Ermanno Olmi.
Si sta demolendo una chiesa in disuso, abbandonata dai fedeli come ormai avviene ovunque in Europa dove persino le antiche cattedrali sono trasformate in musei e, più spesso, in supermarket.
Il bisogno di sacro non è più avvertito dalle nuove generazioni, oppure la religione cristiana non ha più le parole adatte a comunicare la fede in un mondo in trasformazione?
Mentre cadono il grande crocefisso e le ultime suppellettili liturgiche, il vecchio parroco rivolge l’ultima preghiera a pochi, frettolosi curiosi. “Quanti anni abbiamo pregato insieme in questa chiesa; in certi momenti anche quando era ancora piena di fedeli mi capitava di provare una sensazione di vuoto; solo ora mi rendo conto che era il dubbio dentro di me. D’ora innanzi queste panche rimarranno deserte e questi muri non udranno più parole di vita eterna. Cristo tace”.
Nella chiesa vuota si rifugia un gruppo di clandestini in cammino, tra cui una giovane prostituta africana, Magdaha, che si occupa di Miriam, una ragazza violentata e prossima al parto e le dice: gli uomini pretendono di giudicare i peccati degli altri senza riconoscere i propri. Alcuni estremisti vorrebbero ucciderla con un pugnale perché, secondo la legge coranica, colei che ha peccato deve morire.
Un ragazzo dalla pelle scura, Yonas, parla con il cellulare alla madre di un compagno di sventura: “Ci siamo conosciuti sulla barca, eravamo in cento, siamo arrivati qua solo in tre. Le onde erano alte … non lo abbiamo più visto”.
Commenta un altro immigrato: “Prima che tutte le cose accadessero, la terra era un immenso giardino. Tutti avevamo il cuore pieno di felicità … poveri eppure ricchi, tutti figli di un’unica Madre”.
Un estremista commenta: “La Madre dell’umanità è stata uccisa. Il tempo della rassegnazione è finito. La ricchezza di pochi è costruita sulla miseria di molti. Ma la nostra miseria è l’inizio della loro fine“. Viene contraddetto: “La pratica della violenza non restituisce la giustizia”.
Il sagrestano e le autorità protestano: “Quella è tutta gente diversa. Non può essere come noi. Avere a che fare con loro è un rischio per tutti”. Il prete risponde: “Quando la carità è un rischio … quello è il momento della carità”.
Il vecchio sacerdote, giunto all’ora del declino, confessa al medico miscredente di buona volontà che lo segue e lo cura: “Quante volte, in certe notti da sveglio, mi sono posto la stessa domanda: perché il Creatore ha messo questo fuoco dentro di noi (allude al voto di castità) e poi ci minaccia per il suo castigo? Ho fatto il prete per fare il bene, ma per fare il bene non serve la fede. Il bene è più della fede”.
Il prete si accorge che in quella realtà tutto ha un senso, perché tutto si muove nella logica che non è quella del mondo ma quella delle Beatitudini evangeliche. Il vecchio scopre nel volto dei fratelli più lontani la presenza del Figlio incarnato del Dio vivo: il mondo è la scena dove si svolge la lotta tra il Bene e il Male ma la potenza di Dio è in azione e rinnova il mondo ogni giorno. “Nessuno sceglie di essere quello che è, ma ognuno può scegliere la sua vita”.
Si fa giorno, la chiesa è vuota perché i clandestini se ne sono andati ma le cose non sono più come prima, come le hanno trovate: c’è stata una trasformazione (metanoia), è avvenuto un passaggio (diabasis) da uno stato di coscienza ad un altro.
“Diabasis” è il sottotitolo del “Villaggio di cartone” di Ermanno Olmi.
Auguri di pace e bene per il nuovo anno.
Camillo Massimo Fiori
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