Annotiamoci la data di giovedì 16 ottobre scorso e teniamola in evidenza per verificare nel prossimo futuro se e cosa verrà realizzato in città del tanto annunciato, ancora una volta, dal pensoso sinedrio del traffico, della sosta e delle telecamere composto da Carlo Baroni, vicesindaco e assessore ai lavori pubblici, Carlo Piatti, sicurezza, Stefano Clerici tutela ambientale e “sommo botanico” ad honorem, più il new entry Emiliano Bezzon, neo comandante dei vigili urbani che merita naturalmente un’ampia apertura di credito fino a prova contraria.
Tutti insieme appassionatamente, non senza il conforto di alcuni tecnici di palazzo, hanno fatto una constatazione elementare ben nota da tempo immemorabile a tutti i frequentatori del salotto cittadino: troppe auto abusive sostano e vanno e vengono impunite nell’area pedonalizzata. Soluzione? Telecamere, la più gettonata in questi tempi di videocrazia imperante. Per piazzarle però servono soldi e la trasformazione della zona pedonale in ZTL, ovvero “zona a traffico limitato” perché solo in questo caso la norma consente il ricorso alla taumaturgiche tecnologie al cui occhio sanzionatore sarebbe davvero difficile sottrarsi.
In linea teorica il progetto, ovviamente allargato alle vie Rossini e Donizetti, non fa una grinza come non faceva una grinza in linea teorica il “progetto sicurezza” di piazza Repubblica che anziché affidarsi ai tradizionali controlli di pattuglia delle forze dell’ordine, ha puntato su un complicato sistema di allarme via etere in base al quale – riportavano al solito entusiaste le “gazzette locali” – sarebbe stato sufficiente un clic sul telefonino per far affluire all’istante vigili, agenti di polizia e carabinieri. Dopo una serie di sperimentazioni diciamo, per carità di patria, “insoddisfacenti” non se ne è più parlato e piazza Repubblica continua a languire nella sua disadorna insicurezza. Mentre si avviano altrove nuove sperimentazioni sarebbe utile e soprattutto democratico informare la cittadinanza su che fine abbia fatto il citato progetto, quanto sia fin ora costato alla casse comunali e quanto ancora minacci di costare se ulteriormente portato avanti.
Sempre lo stesso giorno, il memorabile giovedì 16 ottobre, dalla vetta del Sacro Monte un altro sinedrio, questa volta a valenza regionale (Raffaele Cattaneo alla guida), ha annunciato che la città dei giardini parteciperà all’iniziativa regionale, in vista di Expo, “Distretti dell’attrattività” attraverso “Varese smartcity: tra lago e Sacro Monte”.
Una grandinata di promesse a salire dalla Schiranna fino al Sacro Monte dove si darà vita a un ottantina di nuovi stalli in via delle Pizzelle e a un sistema di controllo del flusso veicolare con telecamere, sensori e pannelli – ma i segnali dei ripetitori sono flebili – da disporre all’inizio delle vie d’accesso. Questo avrebbe assicurato l’assessore al turismo Sergio Ghiringhelli secondo i cronisti presenti, il quale, avrebbe anche affermato che “l’accesso (al Sacro Monte ndr) è da sempre un problema e quello indicato potrebbe essere un mezzo per risolverlo: i pannelli indicheranno la disponibilità di parcheggi in tempo reale, in modo tale che la gente possa decidere prima se salire o meno”.
“Elementare Watson” verrebbe da dire ma la soluzione, già problematica in sé, andrebbe a collidere clamorosamente con l’eventuale sciagurato cantiere del multipiano della Prima Cappella che, qualora fosse avviato, comprometterebbe per un paio d’anni almeno l’agibilità della strada, resa a singhiozzo da un senso unico alternato, intasata da camion “da miniera” impegnati a trasportare altrove rocce e detriti in quantità industriale. Viene in mente Leonardo Sciascia quando scriveva “dell’invisibilità dell’evidenza”.
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