Il 5 settembre 1914 nei primi giorni della guerra, moriva in battaglia alla testa della sua compagnia Charles Pèguy (1873- 914) nella sua Francia invasa dalle truppe della Germania nazista, un poeta, un saggista, un filosofo che da socialista radicale, anticlericale, era ritornato alla fede cristiana e aveva insegnato con il suo pensiero, attraverso la rivista Cahiers de la Quinzaine (1900-1914) e con la sua vita, vissuta in povertà e nella fedeltà alla famiglia, che esiste una missione temporale del cristiano.
Pèguy con la sua rivista contrappone al positivismo scettico dei docenti della Sorbona lo spiritualismo di Henri Bergson e il socialismo di Jean Juarès, coinvolgendo molti giovani. Maritain non avrebbe scritto “Umanesimo integrale” e non ci sarebbe stata la rivista “Esprit” di Mounier, se non ci fosse stato prima l’esperienza dei Cahiers di Péguy. In questo ricordo, attraverso la corrispondenza e gli scritti autobiografici dei suoi amici mi soffermo sul travaglio della sua conversione.
Pèguy, che era sulla via del ritorno alla fede e voleva rientrare nella Chiesa, in una situazione famigliare difficile, essendo la moglie, Charlotte Bauduin, sposata civilmente nel 1896, contraria al sacramento del matrimonio ed essendo i loro tre figli non battezzati, invia Jacques Maritain, suo collaboratore ai Cahiers, a consultare Louis Baillet, un suo amico e compagno di studi, che si trovava nell’abbazia di Quarr nell’isola inglese di Wight dove i benedettini di Solesmes erano riparati nel 1901, in seguito alle leggi anticlericali della Repubblica. Pèguy aveva scritto a Baillet, uno dei primi abbonati dei Cahiers, quando già sacerdote, era entrato tra i benedettini, “Se io fossi cattolico crederei che la nostra amicizia sia stata provvidenziale… Dal punto di vista morale, nel quale mi trovo, io credo che noi dobbiamo conservare e coltivare onestamente una amicizia così felice e feconda. Può diventare indispensabile per un chiarimento onesto nei dibattiti che un moralista sincero abbia un’amicizia sincera con un cattolico sincero”.(marzo 1902)
La risposta di padre Baillet all’ambasciata è precisa: se vuole rientrate nella Chiesa deve regolarizzare il suo matrimonio e fare battezzare i figli; Maritain, rientrato in Francia, lo comunica a Péguy, che gli chiede sei mesi di tempo. Poi informa padre Baillet circa le motivazioni addotte per il rifiuto: “Ciò che ha scritto fino ad ora non può continuare a scriverlo se non resta nel suo stato attuale di non-praticante. Questa specie di contemplazione esteriore delle verità cristiane, dal punto di vista dell’intuizione e della ricerca individuale, questa specie di osservazione e rispetto esteriore al quale egli convoglia i suoi lettori, non potrà assolutamente continuarlo quando sarà all’interno della Chiesa. Da quando avrà ricevuto i sacramenti non potrà più scrivere ciò che ha scritto fino ad ora (lo credo bene; scriverà meglio!) Egli considera la sua produzione letteraria così importante dal fargli ritardare, per qualche tempo, l’ubbidienza ai precetti della Chiesa. Assicura di non essere orgoglioso, – e lo crede. Non vorrebbe ‘rientrare nella Chiesa come tutti, ma forse Dio prepara il suo rientro in un modo particolare, vuole che resti in riserva… fino al giorno del martirio, può darsi. Se rientrasse come gli si dice di fare, rischia di guastare i disegni di Dio’. Ancora qui, crede in buona fede di non essere orgoglioso. Quando sentirà un’ispirazione qualunque di agire come voi gli comandate, lo farà immediatamente. Non è trattenuto in alcuna maniera dal rispetto umano (questo è perfettamente vero) né da esitazioni nella fede (anche questo è vero, almeno dal punto di vista delle sue intenzioni). Ma se facesse ora ciò che gli chiedete di fare, sarebbe per amicizia verso di voi e verso di me ‘per non darci un dispiacere’ e non perché egli pensi di doverlo fare”. (26 settembre 1907).
Jacques coinvolge anche sua sorella Jeanne, le cui vicende coniugali sono simili a quelle dello scrittore, perché protestante si era convertita al cattolicesimo, malgrado l’ostilità del marito, e aveva ottenuto nel 1907 la validità religiosa del matrimonio civile e poteva fare la comunione. Jeanne, che era amica di Péguy perché lavorava ai Cahiers in una pagina del Journal del 1909 ricorda: “Un giorno andai a prenderlo alla boutique e gli chiesi, se era libero, di venire con me qualche momento in questa chiesa. Accettò subito. Péguy, arrivato a Notre Dame, mi dona l’acqua benedetta, poi io vado nel coro, il più possibile vicino al tabernacolo, mi inginocchio e prego molto tempo per lui e per tutta la sua famiglia. Péguy stava immobile accanto a me. Quando mi alzo vede le lacrime sul mio viso, abbassa la testa, e cammina dolcemente nella chiesa al mio fianco. Alla fine, punzecchiandolo, gli dissi: ‘Così, come i protestanti, non vi mettete in ginocchio nella casa di Dio?’. Mi rispose vivacemente. ‘Sciocca, io venero e amo Dio più di quanto credete’.”
Jacques essendo a conoscenza che Péguy lavora a un nuovo testo su Giovanna d’Arco vorrebbe che rilevasse gli aspetti soprannaturali di quella vicenda e gli scrive “Vi è un’analogia sorprendente fra il mistero di Giovanna d’Arco e il miracolo de La Salette. In entrambi i casi si tratta della Francia, nazione scelta, popolo di Maria. I due testimoni della Salette, ignoranti come Giovanna, hanno avuto il suo medesimo destino e la stessa santità, eccezionali. Lotte, missione straordinaria e incomprensibile, calunnie atroci, persecuzioni da parte di dottori e vescovi. Il piccolo Maximin aveva dieci o undici anni al momento dell’apparizione, Mélanie ne aveva due o tre in più. Hanno sottoposto (gli ecclesiastici soprattutto) questi ragazzi ad interrogatori raffinati, a tentazioni crudeli, a pedanti furberie, che danno un’immagine, nella mediocrità del mondo moderno, del processo di Giovanna d’Arco” ( 7 ottobre1907).
Anche padre Baillet gli scrive cercando di far leva sul suo amore per Giovanna d’Arco “da tempo desideravo scriverti e quale occasione migliore trovare di questa beatificazione di Giovanna d’Arco che avrà luogo domenica? Ti ricordi le nostre conversazioni su di lei ad Issy e sui bordi della Loira? Era uscito il tuo libro. Le nostre strade si sono separate, ma i nostri cuori restano sempre uniti ed è a Giovanna d’Arco che ho affidato la cura di renderti la luce, la pace, la felicità”. (16 aprile 1909) Péguy gli risponde “Sarebbe una grande felicità, e una sosta in tutte queste miserie, potere avere con te qualche conversazione di tutto riposo in un momento di ritiro, ma esito e mi faccio uno scrupolo di rubarti, sia pure per poco tempo, alle regole del tuo ordine.” (19 aprile 1909)
Jacques va anche a parlare con la moglie e la suocera dello scrittore, ma senza un esito positivo, come racconta in una lettera al domenicano padre Humbert Clérissac – a cui aveva, invano, indirizzato Pèguy – che gli risponde. “Ma io penso che il buon Dio che colma di favori potenti e visibili i nuovi battezzati, come voi, gli abbia riservato il vostro affetto in primo luogo per preservarlo dalla disperazione e dal suicidio, in secondo luogo per ricondurlo in un giorno lontano alla Chiesa. È dunque unicamente, per uno squisito favore divino, che la sua conversione, sarà accordata a voi tre. Per ora lo credo molto lontano dai sentimenti preliminari per una conversione. Egli è in grave pericolo di dannazione, perché si crede oggetto di un trattamento favorevole da parte di Dio. E’ molto doloroso, non ci resta che pregare per lui” (26 luglio 1909).
Intanto Pèguy continua attraverso i Cahiers la sua testimonianza cristiana, pubblicando alcune composizioni poetiche. Nel 1910 Il mistero della carità di Giovanna d’Arco, nel 1911 il Portico del mistero della seconda virtù nel quale sviluppa una lunga poesia-preghiera sulla speranza, nel 1912 il Mistero dei Santi Innocenti. È un trittico dove liturgia e sacra scrittura si intrecciano.
Le difficoltà coniugali persistono padre Baillet scrive a Péguy: “Le grazie che Dio ti ha fatto sono un motivo per sperare che non ti fermerai nel tuo cammino, ma bisogna che tu ci metta del tuo, la tua preghiera, il tuo coraggio, le tue opere, la tua umiltà, la tua obbedienza ai precetti della santa Chiesa”. (23 febbraio 1912) Ma Péguy prosegue per la sua strada, continua a manifestare la fede cristiana attraverso i suoi scritti, con i quali raggiunge molte persone, credenti e non credenti, rimane fedele a sua moglie, anche quando incontra una giovane che frequenta la sua boutique, Blanche Raphael, che avrebbe potuto sposare, perché avrebbe potuto chiedere il divorzio, e rimane fedele al matrimonio come istituzione civile che, malgrado tutte le difficoltà non ha voluto rompere. Quando il suo figlio Pierre si ammala nel 1912 fa un pellegrinaggio a Chartres, camminando a piedi per 144 km; un pellegrinaggio che ripete ancora in compagnia di Alain Fourier l’anno dopo. Da questi pellegrinaggi nasce il libro Arazzo di Nostra Signora, che racconta i pensieri che l’hanno accompagnato durante il cammino, e riporta nuove cinque preghiere a Maria. L’ultima sua opera Eva, pubblicata postuma, è un confronto tra le due Eve, quella del peccato originale e quella della redenzione, una meditazione sul mistero del male e della salvezza.
Nell’ agosto 1914 Pèguy parte per il fronte e il 5 settembre muore in battaglia al comando del suoi soldati. Raïssa Maritain ricorda ne I grandi amici: “Un mese più tardi Claude Casimir-Périer, che aveva preso il comando della compagnia, scrive a sua moglie: ‘Péguy la sera precedente sembrava presentire la sua fine gloriosa. Tutti quelli che l’hanno avvicinato l’hanno sentito come me… la vigilia aveva stazionato con i suoi uomini in un vecchio convento e passato la notte ad accumulare fiori ai piedi dell’altare della Vergine ‘”.
Poi Raïssa commenta “La Vergine fedele alla quale aveva affidato ciò che aveva di più caro sulla terra e la sua stessa anima, ritornava davanti a lui. L’ ‘adesso’ e ‘nell’’ora della nostra morte’ non erano più separati, e Péguy, che per molto tempo aveva trovato più dolcezza pregando per il secondo momento che per il primo, poteva unirli in uno stesso sentimento di totale abbandono”.
Il 15 agosto aveva assistito alla Messa dell’Assunzione nella chiesetta del villaggio: “Durante questa messa forse egli si comunicò. Ebbe la possibilità di confessarsi presso quel giovane cappuccino, uno dei soldati della compagnia, di cui egli parla, elogiandolo, in una lettera del 17 agosto 1914, aggiungendo: ‘Lo nomino assistente della mia compagnia e mio cappellano particolare’ “.
Alla sua vocazione di scrittore Pèguy sacrificò tutto, visse in povertà, si dedicò senza risparmio alla famiglia, soffrì per le incomprensioni che lo circondavano, ma fu fedele alla libertà e alla grazia. La moglie, che alla morte del marito attendeva il loro quarto figlio e le sue figlie si sono convertite al cattolicesimo, qualche tempo dopo la morte dello scrittore. Ogni anno Charlotte andrà con i suoi figli in pellegrinaggio a Chartres. La grazia di Dio incalza l’uomo, ma è paziente, aspetta l’adesione della sua libertà, la conversione del cuore dell’uomo è un mistero, che solo gli angeli conoscono.
You must be logged in to post a comment Login