Per lo storicismo tutte le cose nella ricerca dei fatti umani si riducono a storia, oggetto diretto ed immediato è l’uomo stesso e si dimenticano del tutto le essenze immutabili e i principi assoluti, non si colgono le evidenti connessioni con la conoscenza della storia della salvezza. Non si tiene presente il passo della Gaudium et Spes (57 d) che chiarisce: “Il Verbo di Dio, prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come luce vera che illumina ogni uomo”. Naturalmente, fino alla prima manifestazione di sé nel Figlio incarnato, Dio ha parlato e si è espresso secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche e civiltà, mentre il Vangelo rinnova di continuo vita e cultura delle genti.
Anche nel campo religioso quando l’uomo si pone alla ricerca della verità e intende esprimere e divulgarne i risultati, le proprie opinioni, deve fruire pienamente del diritto alla libertà, specie alla luce delle proposizioni del Concilio Vaticano II, superando quelle ristrettezze di concezione, quegli attaccamenti sterili a una tradizione tutta sempre da verificare, però senza luciferine e arroganti prese di posizione, che hanno contraddistinto un passato non lontano, in cui non la legge di carità fraterna vigeva, quanto uno spirito a volte ottuso di intolleranza.
Nella repressione del modernismo, indifferenziata, troppi sono stati i casi in cui non sono stati religiosamente rispettati i diritti e la dignità delle persone. Fra il 1907 e il 1914 particolarmente si sono condotte campagne ingiuste di sospetti e delazioni, onde la protesta di Benedetto XV colla sua prima Enciclica del novembre del 1914.
Anche nelle scienze teologiche si scoprono parecchie cose, che alla luce del progresso della ricerca devono essere sottoposte a revisione; anche nel grande alveo dell’ortodossia la storia religiosa registra mutamenti tutt’altro che insignificanti. Si pensi che il 13 gennaio 1897 la Congregazione della Santa Romana e Universale Inquisizione riteneva che non si potesse negare né mettere in dubbio l’autenticità del comma giovanneo (I, 105,7). Invece il 2 giugno 1927 è stata riconosciuta al proposito libertà di giudizio. Oggi tale autenticità è universalmente rigettata. Importante è che la ricerca si sviluppi nella sincerità dell’attaccamento alla Chiesa e nel contempo nella fedeltà alla verità scientifica.
Un altro episodio ci ammonisce. Nell’inverno del 1914 a Padre Semeria si consigliò da parte dell’Ordinario Militare Bartolomasi di non pubblicare un imponente lavoro su Sant’Agostino, di qui l’azione conseguente di gettare il manoscritto nella stufa. Ci si deve poi rendere prudentemente conto che nei casi in cui l’autorità è costretta a fare marcia indietro vede scosso seriamente il suo prestigio. È pure il caso relativo alla pubblicazione delle Cinque piaghe della Chiesa di Antonio Rosmini.
Lo stesso Pio XII, giudicato tradizionalista, ammoniva coll’Enciclica Divino afflante Spiritu: “Nel sapere umano le cose non stanno diversamente che nella natura, le cose incominciano, crescono a poco a poco, solo dopo molte fatiche si possono raccogliere i frutti”, con l’opportunità di ricorrere a tutti gli apporti della scienza profana. “I nostri tempi hanno bisogno di nuove ricerche e di nuove indagini”. Devono intervenire equità e giustizia, la massima carità. “Tutto ciò che è nuovo, per questa sola ragione non deve essere combattuto o guardato con sospetto” (n.564).
La forma mentis si deve conciliare ai valori di comprensione, tolleranza, carità, che spirano dal Vangelo, ricordando anche l’osservazione di Agostino: in dubiis libertas. Un più largo respiro nell’attività culturale non pregiudica certo il bene della Chiesa, mentre le esigenze della cultura non si debbono certo obbligatoriamente conciliare con quelle della carriera. Per non dire dell’abominevole peste della menzogna e dell’ipocrisia assolutamente da evitare.
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