“Già, tu credi nei sondaggi”. Quando Conformi si presenta allusivo e sfuggente, mi metto in guardia.
“Quali sondaggi, Sebastiano? Le elezioni sono lontanissime, per fortuna”.
“E chi parla di elezioni? So bene che cerchi di sfuggire ad ogni discorso sulla politica, perché non tira il vento giusto per i tuoi amici. Guarda questi invece. Non devi voler ignorare a tutti i costi quel che pensa la gente, per difendere l’illusione, tua e di quel sognatore di Onirio, di saper pensare ‘verticale’. Guarda qui!”.
Una società molto seria ha posto agli italiani questa domanda: “Nella realtà quotidiana, secondo lei, quali dei seguenti poli di conflitto tra le persone sono ancora molto forti oggi?”. La scala va da 1 a 10.
“Vedi, ciò che la gente percepisce come molto conflittuale, e stacca di un bel pezzo tutti gli altri, è il conflitto onesti-furbi. Più di ricchi-poveri, più di immigrati-solo italiani, più di tasse-libertà, ecc.”. Sebastiano insiste.
“Vedo”. Fingo indifferenza, ma la stranezza del sondaggio mi incuriosisce. Scorro la newsletter dell’agenzia e trovo più avanti questo titolo: “L’infragilirsi delle reti dove vivono le persone”, un sondaggio da cui appare che una maggioranza, non grandissima, tuttavia, sostiene di aver la sensazione di aver meno relazioni sociali e amicali. “Se queste domande colgono nel segno – dico – significa che davvero la società sta diventando liquida, non solo le opinioni politiche e le scelte elettorali, Se poi guardiamo alla famiglia, più liquefatta di così… Ma, sputa l’osso, spara la tua tesi”.
“È sempre la stessa, che tu non vuoi capire. Tutte le vecchie relazioni, che tu chiami ‘naturali’, sono finite, residuali, sopravvivenze, da rottamare. Strano, ma vero: tutte quelle sovrastrutture che Marx aspettava di veder cadere dopo l’instaurazione del comunismo, quella cultura e quella morale borghese contro cui ha lottato invano Gramsci, sono state fatte fuori dal capitalismo stesso, proprio dopo la fine del comunismo! Così, noi cristiani evoluti, finalmente la finiremo con i vostri distinguo, il moralismo dalle mete irraggiungibili, per offrire perdono a buon mercato, il vostro coprire gli scandali, le riserve mentali, i promoveatur ut amoveatur, i vostri buoni consigli conditi da cattivi esempi; tutto quello che vi teneva la gente vicina, ma non convinta… è finito. Papa Francesco l’ha capito, guarda come ha preparato il Sinodo sulla famiglia, è già sbarcato dalla nave che affonda e dice: “salite tutti, ma proprio tutti, sulla mia zattera. È solo una zattera, ma io non ho altro e voi non avete nulla. Gesuitico, ma geniale. I suoi avversari interni, invece, sono ancora intenti a caricare macigni sulla navicella che affonda e ai naufraghi, che stanno per affogare, porgono macine da mulino dicendo “aggrappati a questo, alla sana dottrina”.
Sono stupefatto, anche un po’ colpito, non riesco a reagire, Sebastiano ne approfitta per continuare.
“Quindi vedi che è arrivato il momento in cui lo Stato diventi il garante generale del bene comune e delle libertà individuale, contemporaneamente; togliere di mezzo quel dannato pluralismo, frutto dell’idea che qualcuno abbia in tasca la verità, il tuo dannato verticale, l’infinito, l’oltre, la dottrina pietrificata. Lo Stato comunista era un’utopia, lo Stato Garante è una necessità. Solo lo Stato può stendere delle reti robuste, direi solide, così ti rubo il paradosso, a cui i naufraghi della società liquida possano aggrapparsi; si chiamino reddito di cittadinanza o nido gratuito o sanità pubblica o pensione sociale o lavoro garantito. Anzi la rete deve essere una sola, altrimenti, qui ti do ragione, le reti orizzontali diventano complicità, reti mafiose, confraternite di privilegiati, che finiranno per contrapporsi, per giocare a chi ha la dottrina più pura, la ragione più ragionevole, la forza più forte. Talebani, fondamentalisti”.
“Mi hai rifatto il comunismo utopistico, la società perfetta, niente di più vecchio”. Tento di riemergere dal diluvio.
“Niente affatto – replica prontamente Conformi – va lasciata tutta la libertà di galleggiare o di annegare, se proprio uno lo vuole. Ma la rete ci deve essere. So che adesso mi ritirerai fuori la leggenda del Grande Inquisitore (Ho solo tentato di prendere aria per parlare, accidenti, mi ha letto nel pensiero). Ebbene sì, ma io correggo la sua presunzione di ‘salvare’ tutti, tuttavia concordo su un punto, cerco di salvare il maggior numero possibile, con la mia rete che li tiene a galla in un oceano di ostilità, mentre voi, che offrite ai naufraghi la libertà come salvezza definitiva, offrite loro una corda scivolosa, su cui arrampicarsi faticosamente, verso un oltre sconosciuto, una salita di cui non si vede la fine (la tua famosa verticalità), e solo pochi, siete voi che lo dite, ce la fanno. Ma ce la fanno veramente, qualcuno ci ha mai dato un riscontro, una garanzia, una conferma?”.
“Mi hai quasi annegato! Ma io so benissimo di essere naufrago. E non provo affatto la dolcezza di Leopardi o l’allegria di Ungaretti, piuttosto l’angoscia dei discepoli o l’incredulità di Pietro. Tuttavia ho una certezza: il mio desiderio è di trovare una mano d’uomo che mi sorregga fino a tirarmi fuori da questo… nulla; il mare in cui affondo non sono le difficoltà della vita, è l’assenza di significato. La tua rete mi aiuta, non lo nego, a non disperarmi, a non avere cattivi pensieri, ma non restituisce significato al mio essere, qui e ora in questo mare di nulla, anzi m’impiglia, magari la terraferma è solo poco più in là. Non mi basta una rete di cose, meglio se c’è, ma una mano d’uomo, legata ad un’altra mano, di uomo o di donna (pari opportunità?) ad un’altra mano, ad un’altra mano… formano una rete ben diversa che ti porta verso un diverso significato. La libertà di cui parla il Grande Inquisitore, che egli non ha mai sperimentata, non è l’assenza metafisica di un destino predeterminato, ma la presenza concreta di un altro da te, che ti chiama, ti aiuta, ti guida. E, a proposito, sono convinto che dalle mani di papa Francesco e dal Sinodo non verrà fuori una famiglia liquida e, tanto mano, una Chiesa di naufraghi”.
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