La vicenda della malattia del mitico piantone di via Veratti mi ha fatto ricordare altre piante particolarmente care alla nostra comunità. Ne ho scritto di recente. Già era online il mio amarcord arboricolo quando dal lontano passato di cronista è emerso improvvisamente un altro piantone, non fronzuto e dalle salde radici e tantomeno accostabile a quello dello sterzo dell’auto, ma appartenente alla razza umana. E come tale credibile interprete del ruolo e del significato militari connessi all’accezione consueta del termine: infatti il piantone, eseguendo un ordine ricevuto, svolge compiti di vigilanza non armata di una persona, di un locale, di una piccola struttura. Lo garantisce il vocabolario.
Se ben ricordo si era all’inizio degli anni 80 quando i cronisti della Prealpina, con alcuni articoli richiamarono l’attenzione addirittura di personaggi della TV come lo scrittore e presentatore Romano Battaglia. Avevano scoperto la curiosa storia di un “piantone dell’amore” che oggi recupero per mettere a fuoco la portata della odierna degenerazione dei rapporti tra i protagonisti di vicende amorose.
Fu Giancarlo Angeleri, allora corrispondente da Luino, a segnalare a Maniglio Botti e Antonio Porro che, alla periferia della bella cittadina, un giovane meridionale, elegante e garbato, da giorni viveva in una potente Alfa Romeo sulla quale campeggiava la scritta “Ermengarda ti amo”. Botti si recò subito a Luino, bussò ai vetri dell’auto, dal giovane a bordo ricevette subito l’invito a salire. Fu così che avrebbe varcato i confini del Varesotto la storia del piantone dell’amore.
La pubblica dichiarazione d’amore, il tenace piantonamento già allora avrebbero potuto avere conseguenze perché la donna era sposa e mamma felice, invece ci fu buon senso a parte di tutti.
Il piantone aveva parcheggiato la sua auto a una certa distanza, potremmo definirla rispettosa, dal complesso edilizio dove viveva Ermengarda, inoltre egli si accontentava di guardarla da lontano, non la importunava mai. Era un fatto però che qualche condomino potesse collegare alla coinquilina la bizzarra, clamorosa presenza del “teleinnamorato”. Tutti nei giorni successivi scelsero di non mutare comportamento: il piantone ribadì il suo amore senza speranza anche quando venne intervistato da Romano Battaglia, la signora e la sua famiglia continuarono a snobbare una presenza certamente fastidiosa, ma che non poteva durare a lungo. Anche i cronisti mollarono l’osso, oggi non sappiamo più nulla del piantone dell’amore ed è inoltre possibile che la signora, alla quale abbiamo dato ovviamente un nome di fantasia, si stia godendo i nipotini.
Noi possiamo invece rilevare una volta di più l’abisso nel quale si trovano oggi la società e i rapporti tra uomo e donna. Non ci sono più mitezza, buon senso, cultura del rispetto in situazioni delicate, nei rapporti interpersonali, in particolare là dove si progetta un presente e un futuro in due. Amore a volte è solo una parola e tanta ipocrisia se al primo ostacolo diventa violenza, ferocia. E quasi sempre di questa violenza sono vittime le giovani donne, addirittura le ragazze, rese più fragili dal tramonto nella comunità di valori un tempo considerati fondamentali nella costruzione morale e culturale di ogni individuo.
Il piantone dell’amore era uno scocciatore di prima categoria, ancora oggi forse moderno sotto l’aspetto della comunicazione, ma probabilmente non più innocuo come allora.
Da globalizzato mi sento sconfitto. Mi dà serenità solo il momento in cui la sera io e la mia vecchia, mano nella mano, ci addormentiamo.
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