Quali tesori d’arte e curiosità storiche contiene il centro espositivo di monsignor Pasquale Macchi inaugurato in settembre ai piedi della Via Sacra? Che genere di quadri, sculture e quali artisti hanno contribuito con le loro opere all’originale allestimento e con che criteri è stata fatta la selezione? Lo chiediamo a Laura Marazzi, responsabile del Museo Baroffio e del Santuario che il giorno dell’inaugurazione ha avuto il privilegio di accompagnare in visita e illustrare i contenuti al cardinale Dionigi Tettamanzi con il prevosto di Varese e presidente della Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte monsignor Gilberto Donnini, i vicari episcopali Luigi Stucchi, Franco Agnesi e l’arciprete don Erminio Villa.
“Più che soffermarsi su opere di spicco – spiega la direttrice – conviene mettere a fuoco il significato della collezione Macchi nel suo complesso. L’ex segretario di papa Montini già in vita volle che quadri e sculture di sua proprietà, a lui donati dagli artisti, fossero ammirati in collezioni pubbliche. Osservando la provenienza delle circa settemila opere della Collezione Paolo VI, che pochi anni fa trovarono una nuova sede a Concesio, si nota che la maggior parte di esse deriva da lasciti disposti da Macchi o giunti tramite lui. Allo stesso modo, il sacerdote varesino istituì la sezione moderna del museo Baroffio con una sessantina di lavori del Novecento sul tema della Vergine come elemento qualificante e unificante. Oggi ci parlano di lui la collezione Paolo VI, la sala mariana del museo Baroffio e la collezione d’arte religiosa moderna ai Musei Vaticani, alla cui nascita monsignor Macchi contribuì per volontà di Montini”.
Il nuovo centro espositivo alla Prima Cappella è il luogo privilegiato per comunicare l’amicizia del fedele segretario di Paolo VI con molti artisti contemporanei, le sue azioni di mecenatismo e di sostegno allo sviluppo di quella “nuova alleanza” tra la Chiesa e l’arte che Giovanni Battista Montini chiese cinquant’anni fa incontrando gli artisti nella Cappella Sistina. “A muoverlo era la fede nel valore educativo dell’arte e la convinzione che l’esperienza della bellezza fosse necessaria e anzi indispensabile – spiega Laura Marazzi -. Nel ridotto nucleo di opere antiche della collezione Macchi spicca la tavola con la Madonna in trono con il Bambino, santi e angeli attribuita a Lorenzo di Niccolò, pittore fiorentino attivo tra la fine del Trecento e il primo decennio del Quattrocento”.
“Nel consistente gruppo di opere del Novecento sono invece presenti alcuni protagonisti come Arturo Martini (con il bronzo La Carità) e Mario Sironi (con un piccolo Cristo portacroce e un Ecce Homo appartenenti alla fase estrema della sua attività) e molti artisti tra i più noti nell’ambito dell’arte sacra. È di Pericle Fazzini il Crocifisso con Cristo dai lunghi capelli mossi da una folata di vento, quasi cifra stilistica per lo “scultore del vento”, come lo battezzò l’amico Ungaretti per la famosa Resurrezione dell’Aula Nervi in Vaticano, inaugurata da Paolo VI nel 1977. Lello Scorzelli, che per volontà di Montini aveva posto il suo studio in Vaticano, è lo scultore del celebre pastorale realizzato per le fasi conclusive del Concilio Vaticano II, quello con la sommità della croce ricurva e Cristo esile appeso, reso famoso nel mondo da Giovanni Paolo II e poi usato anche, sebbene non in modo esclusivo, da Benedetto XVI e Papa Francesco”.
“La collezione Macchi – prosegue la Marazzi – contiene un crocifisso di Scorzelli che richiama il pastorale citato e un dipinto di Paolo VI benedicente. Di Floriano Bodini si può citare il bozzetto bronzeo per il monumento a Paolo VI per il Duomo di Milano, realizzato nel 1987, un anno dopo l’inaugurazione della statua sopra il Mosè. Altri artisti hanno avuto legami diretti con monsignor Macchi e il Sacro Monte: Trento Longaretti, autore della vetrata nella chiesa dell’Annunciata accanto al monastero delle Romite (qui presente con uno studio preparatorio, Paolo VI inginocchiato davanti alla Madonna di fianco al duomo di Milano e alla basilica di S. Pietro); Renato Guttuso (sua è la Crocifissione di S. Pietro tratta dall’affresco di Michelangelo nella Cappella Paolina in Vaticano); Amedeo Brogli, che aiutò Guttuso al Sacro Monte, a cui si deve il busto di Macchi che accoglie i visitatori all’ingresso; Enrico Manfrini, autore dell’Annunciazione in santuario, con rilievi bronzei”.
“Ci sono ancora un grande Ecce Homo di Aldo Carpi, già presente come molti altri nella sezione moderna del museo Baroffio e attivo ad Arcumeggia; opere di Silvio Consadori e Luigi Filocamo, ai quali Paolo VI affidò la decorazione della sua cappella privata in Vaticano; Luciano Minguzzi, che vinse il concorso indetto dall’allora arcivescovo Montini per la quinta porta del Duomo di Milano e che, su interessamento di monsignor Macchi, riuscì a “dirottare” su S. Pietro a Roma la porta detta “del bene e del male”, rifiutata per la basilica di S. Petronio a Bologna. Si può infine ricordare l’Ultima Cena di Jean Guitton, filosofo e scrittore francese amico del papa bresciano (lo invitò come unico uditore laico al Concilio Vaticano II e gli concesse una rara intervista) che amò dedicarsi anche al disegno e alla pittura”.
L’architetto Gaetano Arricobene, direttore dei restauri alla cripta del santuario, nella nuova sede della Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte e all’ex Samaritana trasformata nel centro espositivo, ha effettuato la scelta delle opere da esporre e ne ha curato l’allestimento immaginando un percorso che inizia dal secondo piano, dove sono presenti anche oggetti appartenuti a papa Montini. Il patrimonio è suddiviso idealmente in tre periodi importanti dell’attività pastorale di monsignor Macchi (fase romana, fase sacromontina, fase lauretana) e il percorso si conclude con la visita del primo piano con un assaggio delle opere più rappresentative della collezione Macchi.
Il centro espositivo ha un collegamento naturale con il museo Baroffio, basti pensare ai tanti autori moderni che compaiono in entrambe le strutture. Le due sedi potrebbero lavorare in sinergia, a partire dal biglietto cumulativo che già consente di visitare i musei Baroffio e Pogliaghi. La nuova sede museale potrebbe fungere anche da Centro Visite del Sacro Monte, un luogo dove trovare oltre alle informazioni turistiche e agli strumenti per “leggere” la montagna sacra (brochure, guide, audio-guide da scaricare ecc.), anche un’offerta ufficiale di mediazione dei contenuti di storia, arte e fede. Occorrerà un po’ di tempo ancora perché tutto sia pronto anche se i presupposti “tecnici” ci sono: una sala per le proiezioni e altri spazi funzionali al piano d’ingresso. Se ne parlerà a primavera quando il nuovo Centro Visite sarà completo e operativo.
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