Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

CRIPTA, SERVONO ALTRI SOLDI

SERGIO REDAELLI - 03/10/2014

 

Se non è l’epoca di Sant’Ambrogio poco ci manca. Gli scavi archeologici in corso nella cripta sotto l’altare del santuario di Santa Maria del Monte – nel corridoio limitrofo e nel locale termico – rivelano le tracce di una precedente chiesetta del V° secolo, appena posteriore all’epoca in cui l’Arcivescovo di Milano, secondo la leggenda, fece costruire un altare in questo luogo per celebrare la vittoria sugli ariani.

Dalla notte dei tempi emerge, dunque, un passato molto più remoto della pergamena dell’8 giugno 922 d.C., conservata nell’Archivio di Stato di Milano, che parlava per la prima volta della “chiesa di Santa Maria sopra Vellate”. C’è addirittura un balzo indietro di quattro secoli e gli studi sulla storia di Santa Maria del Monte d’ora in avanti dovranno tenerne conto.

Ma la campagna archeologica iniziata nel 2013 è andata oltre a questa già clamorosa novità. Scavando per dotare la cripta d’impianti termici ed elettrici adatti ad accogliere i visitatori dell’Expo 2015 e a proteggere i dipinti trecenteschi, l’archeologo Roberto Mella Pariani si è imbattuto in un antico muro con porta ad archivolto e graffiti liturgici quattrocenteschi che immetterebbero in una seconda, antica piccola chiesa o sacello a sud del santuario, d’età anteriore, di cui sino ad oggi s’ignorava l’esistenza. Dunque, saremmo in piena epoca ambrosiana, ai tempi del conflitto tra il bellicoso alto prelato milanese (vissuto tra il 340 e il 397 d.C.) e i seguaci di Ario.

Le sorprese non sono finite. L’indagine coordinata da Barbara Grassi della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Lombardia e diretta dall’architetto Gaetano Arricobene ha portato alla luce un loculo dipinto di rosso con i resti scheletrici di due individui adulti ora allo studio dell’istituto di medicina legale dell’Università dell’Insubria e frammenti di ceramica invetriata policroma riconducibili alla mensa ducale e all’araldica viscontea-sforzesca. Gli scavi hanno inoltre dissotterrato una stele funeraria in serizzo, d’età romana imperiale, con l’epigrafe consunta e alcune tegole per la costruzione di templi di culto pagano riutilizzate nella cripta. Tutto ciò sarà visibile per l’Expo grazie a vetrate aperte nel pavimento da cui si potranno ammirare i risultati degli scavi.

La campagna archeologica è costata, finora, ottocentomila euro finanziati dalla Cariplo (settanta per cento) e dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese (trenta per cento) con il contributo concesso dall’assessore alla cultura della Regione Lombardia, Cristina Cappellini, che monsignor Gilberto Donnini, prevosto di Varese e presidente della Fondazione Paolo VI, ha pubblicamente ringraziato. Tuttavia, serviranno altri soldi per proseguire i lavori alla luce dei nuovi ritrovamenti. “Viviamo tra memoria e profezia, fra la tradizione da conservare e la fede da custodire e difendere – osserva l’arciprete don Erminio Villa – questi scavi ci autorizzano a sognare ma le indagini hanno un costo e bisogna far quadrare i conti secondo le priorità”.

Don Erminio si riferisce al gravoso impegno economico che ha già comportato, come misura immediata, l’interruzione dei lavori al porticato del santuario e lo spostamento dei fondi del capitolo agli scavi nella cripta. Un impegno di fronte al quale anche gli enti pubblici sono chiamati a compiere uno sforzo a cominciare – suggerisce l’architetto Arricobene – dal Comune di Varese.

“Gli scavi stanno fornendo un importante contributo per chiarire l’antica origine di questo luogo avvolto nel mistero e nella leggenda – osserva Barbara Grassi della Soprintendenza archeologica – prima d’ora eravamo fermi al documento del 922. Ora si aprono nuove interessanti prospettive di studio”.

Per l’architetto Giuseppe Stolfi della Soprintendenza ai Beni Architettonici e al Paesaggio, la costruzione del santuario ha avuto tre fondamentali fasi, dalla chiesa d’età carolingia-ottoniana del IX-X secolo con abside a emiciclo orientata a Est, alla nuova chiesa d’età romanica, databile tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, ampliata a Ovest, eretta al di sopra della chiesa preesistente utilizzando il presbiterio come cripta con scala di discesa. “Infine – spiega – si arriva al radicale intervento del 1472-1476 eseguito dall’architetto ducale Bartolomeo da Cremona, detto Il Gladio, e da Benedetto Ferrini di Firenze che per volontà del duca di Milano Ludovico Maria Sforza ampliarono l’edificio romanico da una a tre navate e riedificarono il presbiterio”.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login