Un amico tedesco, Markus, mi ha dato recentemente da leggere la lettera che Klaus Bonhoffer scrisse dalla prigione a sua figlia Cornelia, due settimane prima di essere giustiziato dai nazisti. Klaus era fratello del più noto Dietrich Bonhoffer, grande teologo luterano e, come il fratello, vittima della repressione nazista.
Quello che colpisce di questa lettera è la inspiegabile gioia, segno di una indomabile libertà dello spirito, che nessun aguzzino ha potuto spegnere.
Così scrive Klaus a Cornelia: “io gioisco adesso qui persino nel guardare il muro della prigione. I mattoni in alto risplendono teneri al sole del mattino e alla sera appaiono come il primo avamposto di un mondo lontano. Una stella splende amica lassù. Così scompaiono come la nebbia che si dissolve tutti i pensieri tetri ed in questa pace fischietto tra me e me i miei lieti ricordi e la mia nostalgia, come un usignolo, per il desiderio del cuore e la gratitudine. Oh sì cara bambina mia, impara bene a suonare il violino! Potrai essere molto felice ed esprimere così quello che le parole non riescono a dire”.
Vengono in mente le parole di Gesù: “Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima”.
I fratelli Bonhoffer ce lo hanno testimoniato.
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